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Inforegioni/ La rivincita dello stracchino storico?

 

  

 

 

 

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Sabato 20 marzo, dalle 9 alle 15 Giardini Largo Marinai d’Italia, Palazzina Liberty – Milano. Nell'ambito del Mercato della Terra, la Condotta Slow Food delle 'Valli Orobiche' racconterà il suo territorio attraverso la presentazione dello 'stracchino all’antica' prossimo Presidio Slow Food.

 

Mercoledì 24 marzo  a Cernusco sul Naviglio (tangenziale Est) (MI) nell'ambito di 'Formaggi di montagna: incontro con gli autori' alle ore 20,30 presso la Biblioteca comunale, via Cavour 51 (Parco Villa Greppi) (entrata Via Fatebenefratelli)

serata su 'La civiltà degli stracchini: la matrice alpina del caseificio lombardo'  

con Marco Faustinoni (produttore artigianale della Val Brembana), Lorenzo Berledis (fiduciario condotta Slow Food Valli Orobiche), Oliviero Manzoni (micro-affinatore) che presentano: Stacchino all'antica (prossimo Presidio Slow Food), Stachitunt, Salva.

Con proiezione audiovisivi e degustazione guidata da Marco Imperiali, maestro assaggiatore Onaf . Introduce:  Michele Corti, ruralista ed esperto di sistemi zoocaseari alpini (ingresso libero)

Organizzata da Rievoca - prodotti di montagma, P.zza Gavazzi 2, Cernusco s/N in collaborazione con SLOW FOOD VALLI OROBICHE e AMAMONT

gradita prenotazione al 3478360718

 

 

(18.03.10)  La 'civiltà' degli stracchini è  espressione di una tradizione lombarda profondamente radicata.  Sta tornando alla luce dope decenni di industrializzazione casearia

Due appuntamenti con lo stracchino storico

(e un presidio Slow Food 'orobico' in vista)

 

di Michele Corti

 

A Milano e a Cernusco s/N due appuntamenti sul tema dello stracchino quadro e, più in generale, della 'civiltà degli stracchini' che unisce la pianura e la montagna lombarda. Va spiegato al consumatore che prima del 'Certosino' e dello 'Stracchino di nonno Nanni' c'è stata una lunga storia di stracchini e che vi sono artigiani, piccoli produttori che continuano - con difficoltà - a perpetuarla.

 

Sono maturi i tempi per la riscoperta dei formaggi storici? I segnali non mancano. In Sicilia le attività del Corfilac (Consorzio Ricerca Filiera Lattiero-Casearia di Ragusa) dedicate ai formaggi storici siciliani hanno parecchio contribuito a far maturale la consapevolezza della natura di bene storico-culturale dei formaggi. In Lombardia ci pensano i 'ribelli del Bitto' a ricordare che un formaggio storico come il Bitto non può essere confuso e subordinato a una DOP standardizzata e 'modernizzata'. In Lombardia, però, c'è un altro formaggio, meglio un altra 'famiglia' di formaggi che rappresentano la colonna del caseificio regionale: gli stracchini. Un tempo in Lombardia non si diceva che gli stracchini sono un tipo di formaggi; erano tanto importanti che si diceva che con il latte si ottiene il formaggio, il burro e ... gli stracchini.  (In appendice all'articolo trovate un approfondimento storico, STORIA)

Il Taleggio nasce tardi

Per secoli gli stracchini, formaggi di fabbricazione relativamente semplice hanno rappresentato un cavallo di battaglia della produzione casearia della montagna lombarda (specie della fascia prealpina) ma la loro produzione era diffusa anche in pianura dove, durante l'inverno scendevano moltissimi allevatori-casari dalle montagne per alimentare le loro vacche con le abbondanti scorte di fieno accumulate delle cascine.

Per secoli si è parlato solo di stracchini quadri (antenati di Taleggio, Crescenza e Quartirolo) e di stracchini tondi detti già da secoli 'stracchini ad uso di Gorgonzola' e, in tempi recenti 'Gorgonzola'.

 Il nome 'Taleggio' si afferma lentamente. Nei primi decenni del '900 si iniza a parlare di 'stracchino di Taleggio' come di un prodotto di pregio. Sino ad allora per 'nobilitare' un prodotto apprezzato ma per certi versi 'umile' lo si chiamava Stracchino di Milano. Ma è stato solo parallelamente con il lento affermarsi della produzione industriale (il primo stabilimento della Galbani a Melzo è del 1900) che si è affermato il nome 'Taleggio' consacrato dalla Dop. Prima c'era l'esigenza di sfruttare il prestigio della città. Poi quando gli stracchini sono divenuti industriali si è affermata l'esigenza di rifarsi all'immagine della montagna (il Taleggio che sa di montagna ... è lo slogan di una nota azienda, anch'essa oggi del gruppo francese Lactalis). Per la verità una parte della produzione è tutt'oggi stagionata in Valsassina e Val Taleggio. E, una parte della parte, in grotte naturali. Che sappia o meno di montagna per chi ha ricordi di transumanza, e per i piccoli allevatori che operano nelle valli, il 'Taleggio' non esiste, vi sono sempre e solo strachin/strachì quader e tunt.

 

... e oggi rinasce (a fatica) lo stracchino 'all'antica'

 

Quella dello stracchino quadro tradizionale in realtà è una rinascita difficile. Pur con non poche contraddizioni è andata meglio allo Strachitunt e al Salva (un 'quadro' maxi). Ma concentriamoci sul quadro 'all'antica', vero capostipite della famiglia.

Nell'elenco dei PAT (prodotti agroalimentari tradizionali) della Regione Lombardia troviamo due stracchini 'tradizionali' riferiti a delle aree limitate rispettivamente delle provincie di Bergamo e Lecco e poi due altri stracchini 'tradizionali' riferiti (secondo il solito vizio di estendere a tutto un territorio 'politico' i prodotti pseudotradizionali) a queste intere provicie. Ecco l'elenco: Stracchino Bronzone (Comuni limitrofi al Monte Bronzone, BG), Stracchino della Valsassina (Valsassina - LC), Stracchino orobico (Bergamo e provincia), Stracchino tipico (Provincia di Lecco). L'unico prodotto decollato è lo Stracchino del Monte Bronzone. Gli altri a causa dell'areale troppo vasto e disperso rimangono nomi sulla carta. Inoltre si confonde prodotto artigianale con quello di piccoli e medi caseifici che operano con modalità necessariamente diverse.

Oltre a questi quattro si sono avanzate proposte di 'lancio' dello Strachin quader della Valsassina (cui è stato anche dedicato un articolo sulla rivista di Slow Food) e dello Stracchino della Valtaleggio (bocciata dal Consorzio Taleggio). Ora la condotta Slow Food della Valli Orobiche ha preso la menemerita iniziativa di avviare un Presidio dello Stracchino all'antica (o tradizionale) delle valli Orobiche.

Speriamo che sia la volta buona.

E' bene precisare che, a parte il ginepraio delle denominazioni, i tentativi sinora effettuati al fine di rendere visibile e valorizzare la produzione degli autentici stracchini artigianali si sono scontrati contro una produzione molto limitata e dispersa, divisa tra produzioni d'alpeggio e 'di casa', tra ptoduzioni la cui stagionatura viene gestita dai piccoli produttori e produzioni cedute a stagionatori (sia pure piccoli e medi).

 

Come si fa in Valsassina

 

La descrizione della tecnologia di seguito riportata si basa su nostre indagini effettuate negli scorsi anni in Valsassina.

Il latte si utilizza è appena munto e non non viene mai riscaldato. Oviamente si tratta di latte crudo e non vengono aggiunti fermenti selezionati. Il caglio utilizzato è sempre liquido, titolo 1:10.000 ed utilizzato in quantità piuttosto variabili, da 20 ml ai 40 ml ogni 50 litri di latte. La fase della rottura della cagliata è quella che più differenzia i singoli produttori. Mentre nei caseifici, sia pure piccoli, si opera molto rapidamente (3 minuti) usando il solo spino e si riduce la cagliata a piccole dimensioni, di circa mezza nocciola, i produttori che lavorano il latte delle proprie mucche utilizzano inizialmente una lama, con la quale compiono una decina di tagli verticali a raggiera, per poi utilizzare la spanaröla o basla (un  piattino  di rame senza manico, vedi le foto sotto), con la quale proseguono ad una lenta e delicata rottura prima rivoltando delicatamente le fette, poi rompendo gradualmente a dimensioni più piccole sino dimensione di una nocciola e anche più. Differenze che contano.

Per l'intera operazione di rottura si impiegano circa 10 minuti. Successivamente la cagliata viene lasciata in caldaia per pochi minuti e subito estratta e riposta all'interno di panni di tela (che impediscono bruschi raffreddamenti), in numero pari alle forme che si vogliono ottenere. Questi teli, contenenti la cagliata, vengono riposti in secchi e da questi nuovamente in caldaia, spurgando progressivamente il siero ad ogni passaggio ed eseguendo una sosta nel siero per una durata complessiva di circa 10-15 minuti. Un procedimento laborioso che non può essere applicato su una scala di produzione poco più che minimale (i caseifici - compresi quelli 'artigianali' - dopo pochi minuti di sosta, estraggono la cagliata dalla caldaia e la collocano direttamente negli stampi senza fare uso dei teli).

A questo punto la cagliata viene posta anche nella lavorazione tradizionale negli stampi forati (ancora avvolta dai teli) e la forma verrà rigirata dopo 2 -3 ore a seconda della consistenza. Gli stampi sono quadrati, di acciaio, plastica o legno.

In definitiva la lavorazione artigianale viene eseguita con maggior cura e maggior impiego di tempo, seguendo lo schema tradizionale, tramandato di padre in figlio e rimasto probabilmente immutato.

I formaggi così posti nello stampo vi restano per 10 ore circa per poi passare alla fase della stufatura (permanenza in un locale a temperatura di 18°C). Durante la stufatura lo stracchino continua lo spurgo per un tempo variabile dalle 24 alle 48 ore. Al termine della fase di spurgo, quando lo stracchino ha prodotto una leggera patina biancastra riconoscibile al tatto, si procede alla salatura a secco, effettuata una volta a settimana per quattro settimane, su entrambi i lati e sullo scalzo. Le salature sono intervallate da spugnature con acqua e sale con il fine di limitare l'insorgenza di muffe.  Non si tratta, però di interventi finalizzati ad ottenere la 'crosta lavata' (patina color salmone), trattamento che oltre a inibire lo sviluppo di muffe indesiderate 'forza' una particolare maturazione arricchendo di gusto un formaggio che ne sarebbe altrimenti povero.  Al contrario lo stracchino tradizionale stagionato si presenta coome un formaggio con un crosta piuttosto spessa e coperta di muffe naturali (in prevalenza grigie).

 

 

Le differenze

 

Dal punto di vista esteriore lo stracchino tradizionale presenta uno scalzo mediamente più basso del Taleggio (4-5 cm contro 5-6). Molto diversa la pasta che nello stracchino tradizionale è molto diversa tra centro e sottocrosta. A centro è tendente ad una consistenza gessata mentre il sottocrosta è fondente. La crosta è più spessa, più irregolare e presenta uno sviluppo di muffe Le differenze più sostanziali sono però quelle legate alla composizione della microflora casearia. Ottenuto da latte crudo e lavorato a bassa temperatura lo stracchino artigianale presenta un contenuto molto elevato di batteri lattici (più cocchi che bacilli) e forte presenza di microflora enterococcica ed eterofermentante (responsabile di svariate attività fermentative con produzione di aromi differenziati). Questa differenza si manifesta all'esame sensoriale. I risultati di un test del consumatore condotto su quasi 150 intervistati ha messo in evidenza come il Taleggio industriale si caratterizza per dolcezza e tenerezza, caratteristiche piacevoli ma 'banali' ma è anche percepito come tendenzialmente gommoso. Lo stracchino artigianale si contraddistingue per l'aromaticità. E' poi giudicato un po' più gessato e salato. La piacevolezza complessiva deriva dal criterio soggettivo di valutazione di queste caratteristiche. Di certo il palato in grado di apprezzare l'intensitàe le sfumature di aroma propenderà per il prodotto tradizionale.

Il quale oltretutto è il risultato di sistemi zootecnici ad alta sostenibilità con impiego prevalente di foraggi aziendali a volte ottenuti ancora falciando a mano o con la motofalciatrice prati in forte pendenza. Nelle aziende dello stracchino tradizionale le vacche non sono 'spinte', vanno spesso in alpeggio

 

 

Lo schema tecnologico dello stracchino tradizionale artigianale della Valsassina

 

LATTE INTERO CRUDO

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TRASFERIMENTO IN CALDAIA

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AGGIUNTA DI CAGLIO LIQUIDO (20-40 ml per 100 l di latte) (titolo 1:10.000)

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COAGULAZIONE (30-40 minuti)

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ROTTURA DELLA CAGLIATA  ( 3-10 minuti dimensione di nocciola)

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SOSTA IN CALDAIA (2-5 minuti)

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ESTRAZIONE CAGLIATA E DEPOSIZIONE IN SECCHI (con telie)

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SOSTA DELLA CAGLIATA MISTA A SIERO (nei secchi, avvolta da teli, 10--15 minuti)

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ESTRAZIONE DELLA CAGLIATA DAI SECCHI

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ELIMINAZIONE DEL SIERO

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FORMATURA (stampi quadrati, 20 x 20 x 15 cm)

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RIVOLTATURA DELLA FORMA (dopo 2-3 ore)

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ELIMINAZIONE DELLE TELE DALLA FORMA

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STUFATURA (a 18 °C, per 24-48 ore)

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SALATURA (dopo 2-3 giorni)

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STAGIONATURA  (a 6-10°C da 30 a 60 giorni)

I risultati di un test del consumatore (110 questionari completi e validi). Lo strachin quader artigianale risulta molto  aromatico, leggermente gessoso e  salato, il Taleggio DOP industriale come molto tenero, molto dolce, e un po' gommoso

da Davide Frigeri. Lo Strachin quader della Valsassina: caratterizzazione ed analisi del contesto alpicolturale e zootecnico Tesi di laurea aa. 2002/2003 Università di MIlano rel. Prof. M. Corti

 

 


APPROFONDIMENTO

LA STORIA: I frutti del latte: formaggio, burro e ... stracchini

Una prova dell'importanza degli stracchini nella tradizione casearia lombarda? L'astronomo francese Jérôme Lalande oltre ai meriti accumulati nella sua disciplina è famoso per aver redatto nel XVIII secolo una guida turistica enciclopedica dell'Italia (9 Vol.). L'opera fu dal medesimo intrapresa a seguito del viaggio efefttuato nel 1765-66. Lalande reputò che l'argomento dei formaggi meritava un capitolo a sè. Titolato Des fromages d'Italie tratta in realtà dei soli formaggi lombardi conosciuti dal Lalande a Pavia, Lodi, Piacenza, Brescia e Bergamo. Era talmente importante la produzione degli stracchini che Lalande dopo aver ricordato che:

'Con la denominazione di nome cacio [in it. nell'originale] si indicano tutti i tipi di formaggio, ottenuti da latte vaccino, bufalino o ovino, mediante coaugulazione, spurgo e pressatura, quest'ultima solo in alcuni casi. Il più utilizzato è quello vaccino; esso si distingue in due categorie: formaggio [in it. nell'originale] e stracchino [in it. nell'originale]' [...] Lo [...] stracchino [in it. nell'originale], è ottenuto da latte non scremato e non subisce alcuna pressatura; è grasso, delicato e più bianco del formaggio [...].

Dopo quasi un secolo lo storico Cesare Cantù nella sua Grande Illustrazione del Lombardo Veneto (. Corona e Caimi, Milano, 1859, Vol. V, p. 655) riferisce che 'La Camera di Commercio di Lodi dava nel 1857 il seguente riassunto dei prodotti di formaggio, burro e ... stracchino'. Ciò che ci interesse che era invalsa questa ripartizione dei latticini con il mantenimento della distinzione tra formaggi e stracchini. A fronte di 36.000 q.li di formaggio  la produzione di stracchioni era di soli 4.500 q.li. Ma il lodigiano, specie i distretti di Codogno e Casalpusterlengo era la patria del Lodigiano/Parmigiano. Le produzioni non erano fornite per distretto ma la statistica citata ci consente di capire in quale parte della provincia lodigiana venivano prodotti gli stracchini. Tra i gestori dei 178 'casoni' (casifici) nel distetto di Lodi troviamo 86 'bergamini di ventura' e 48 lattaj (gli altri dai fittavoli, i conduttori capitalisti delle aziende zootrecniche).  Nel distretto di Pandino (più a Nord risalendo il corso del fiume Adda) su 25 casoni 20 erano condotti da bergamini di ventura, 2 da lattaj. I 'bergamini di ventura' (termine pittoresco che richiama i 'capitani di ventura' erano mandriani transumanti (detti anche malghesi, ovvero proprietari di  'malga' = mandria lattifera) che scendevano dalli valli orobiche (tutte le bergamasche più la Valsassina). I bergamini si sistemavano presso le cascine, compravano il fieno e utilizzavano stalle e caseificio. La presenza dei bergamini/malghesi era molto forte non solo nella valle dell'Adda (cremasco e Martesdana milanese , ma anche in quella del Ticino (Abbiategrasso, Magenta e una serie di comuni minori del milanese, ma anche sulla sponda novarese nella Lomellina, allora piemontese e nel pavese). Dalle valli orobiche, però i bergamini orobici scendevano anche verso la bassa bresciana dove si mescolvano con quelli della Valcamonica (allora bergamasca), Val Trompia e alta Val Caffaro (Bagolino). Quanto ai lattaj erano nella stragrande maggioranza dei casi ex-bergamini che avevano scisso l'attività di allevamento da quella di caseificio mantenendo la cultura casearia bergamina e relazioni parentali con i transumanti. In I lattaj erano imprenditori che acquistavano il latte, vendevano i latticini e pagavano un affitto al conduttore della cascina; spesso lavoravano il latte di bergamini. A volte rientravano nel ciclo della transumanza. Mentre i lattaj col tempo impararono a fare il grana i bergamini fino alla seconda metà del XX secolo non si sono staccati dalla lavorazione degli stracchini.  Prevaleva il 'quadro' ma, in funzione del mercato, potevano anche produrre il 'tondo' (strachin tunt, in milanese, strachitunt, in bergamasco). Il 'tondo' era sempre del tipo a 'due paste' (la cagliata appena ottenuta della mattina mescolata con la cagliata della sera precedente

La montagna scendeva al piano... per fare stracchini

La discesa dei bergamini ha rappresentato un fenomeno imponente sino alla prima guerra mondiale. Cesare Cantù nel medesimo volume sopra citato riferisce che nel 1839 erano usciti dalla bergamasca (che allora comprendeva anche la Valcamonica) 55.000 bovini e 45.000 ovini. Le statistiche citate da Cantù indicavano in 45.000 vacche il patrimonio della provincia bergamasca nel 1820. E' certo che o è sovrastimato il primo dato o è sottostimato il secondo. Resta il fatto, però, che la montagna si svuotava di bestiame bovino; in alcuni casi si svuotavano anche i paesi perché costituiti tutti da allevatori. Così i paesi ad altitudini più elevate dell'alta Valbrembana. Cantù osserva che 'I mandriani svernando quasi tutti fuori, fanno cacio nella provincia bergamasca solo pei quattro mesi estivi e lo vendono generalmente nel settembre alle fiere e ai mercati della provincia'. Già Maironi Da Ponte nelle sue 'Osservazioni sul dipartimento del Serio [nome napoleonico della Provincia di Bergamo] del 1803 lamentava che la provincia di Bergamo ricca di bestiame dovesse importare il formaggio. E la causa era che per 8-9 mesi gli allevatori-caseari bergamaschi erano altrove: nel Milanese, Novarese, Pavese, Lodigiano, Cremasco, Bresciana.

 

Tradizionale cassettera in legno (Foto Cristina Bianchi)

Le zone più 'vocate'

Non bisogna concludere che i bergamini sapessero fare solo stracchini. In estate, in alpeggio, disponendo di grandi quantità di latte (più bergamini si associavano per affittare gli alpeggi e lavoravano il latte a turno) facevano anche il Bitto (in alta Valbrembana) o il Bagoss (a Bagolino). Altrove (Val Seriana) prevalevano le formaggelle. Vi erano però delle zone dove, anche in alpeggio, i bergamini continuavano a produrre stracchini. Perché? Lo stracchino è un prodotto apparentemente 'facile' perché non richiede attrezzature per scremare il latte (locali freschi, bacinelle di affioramento) , non richiede riscaldamento perché si caglia il latte ancora tiepido di mungitura (32°C)  (quindi niente focolare, niente provvista di legna). Lo stracchino si può fare durante la transumanza. Al mattino si lavorava il latte e una volta collocata la pasta negli stampi di legno (una cassetta di legno suddivisa in scomparti quadrati da apposite assicelle) si partiva. La cassetera (gli stampi) veniva sistemata sotto il carretto (nella zimbarda, il 'sottopacchi' che aveva la funzione dei 'portapacchi' delle automobili e dove i carrettieri tenevano il fieno per il cavallo). Il siero colava lungo le strade sterrate. Notare che la transumanza durava a volte diversi giorni e che, specie in autunno, ci si fermava anche qualche giorno qua e là a 'mangiare' i prati impiegando anche 15 giorni (un vero e proprio semi-nomadismo simile a quello che i pastori ovini praticano quasi tutto l'anno). Questa facilità di confezionamento degli stracchini consentiva di produrli anche negli spostamenti da una cascina di monte all'altra (i bergamini erano spesso proprietari al paese di più piccole stalle-fienili che utilizzavano prima e dopo l'alpeggio). Si trattava di piccoli fabbricati senza una casera. Lo stracchino si poteva fare lo stesso, anche con poco latte, anche senza fiamma. Aggiungiamo che in tempi lontani, quando non esistevano i 'pacchetti igiene' il problema di tenere al caldo gli stracchini quando in tarda primavera la temperatura esterna era ancora bassina era risolto col... calore animale. Oggi non ci può essere neppure un'apertura che metta in comunicazione locali di lavorazione e stagionatura e la stalla. In antico il formaggio poteva anche stare per un po' nella stalla.  Ma torniamo al punto. In Val Taleggio e  Valsassina i bergamini continuavano a produrre 'quadri' (soprattutto) e 'tondi' anche in alpeggio, perché?  Se paragoniamo i prezzi attuali di Bitto e Bagoss ma anche di altri formaggi con quelli qttuali degli stracchini dovremmo concludere che erano matti. Invece erano avveduti. Nell' '800 il prezzo al kg degli stracchini  era di 1,25 L., quello dei formaggi grassi 1,6; le formaggelle potevano essere pagate meno degli stracchini della Val Taleggio e Valsassina. I motivi erano due.  I formaggi dell'alta Valbrembana venivano venduti a Branzi a fine alpeggio e poi stagionati a Bergamo, quelli della Val di Scalve e Valcamonica venduti a Bienno e Castione finivano a Rovato (Bs).  In Valsassina e Valtaleggio erano venduti sul posto in quanto finivano nelle grotte di stagionatura della Valsassina. Nella foto sotto vediamo due bergamini della Valsassina (anni '50 del '900) che trasportano a valle i 'quadri'. La forma quadrata facilitava molto anche il trasporto che era affidato o a mulattieri (i camionisti del passato) o era eseguito direttamente dai bergamini che disponevano di cavalli (necessari per la transumanza) e potevano gestire quindi anche la consegna. I bergamini che frequentavano gli alpeggi taleggini e valsassinesi producendo sempre stracchini erano certo più specializzati e forse raggiungevano anche una qualità superiore. Sta di fatto che zone di 'svernamento' tipiche dei bergamini valsassinesi sono diventate anche zone 'tipiche' di produzione di stracchini in pianura. Vedi la zona di Abbiategrasso e in genere Ovest milanese che è diventata la culla del 'moderno' quartirolo (uno dei 'discendenti' degli stracchini di una volta). A Magenta e Melzo sorsero i primi depositi di quelle che diventarono le grandi aziende casearie. Gli stracchini prodotti dai bergamini taleggini e valsassinesi venivano acquistati, raccolti e spediti nelle grotte della Valsassina. Un grande via vai tra montagna e pianura, vacche che salgono e scendono ma anche formaggi che 'transumano'.

 

 

 

 

 

 

 

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