Home

Mi presento

Attualità

Alpeggi

Ruralismo

Osterie

Foto

Link

 

Ruralpini 

 

Inforegioni/Rettifiche sulla Bresaola 

 

  

 

 

 

Attualità

Eventi

Commenti

Forum

Index inforegioni 2009

Archivio inforegioni2008

 

Mandria di Zebù in Brasile

 

 

 

le rettifiche si riferiscono all'articolo:

ruralpini.it/Inforegioni08.01.10

 

Le rettifiche  richieste dal Consorzio ci danno la possibilità di distinguere tra  critica al sistema agroindustriale globale e atteggiamenti di critica pregiudiziale che sono caduti nello scandalismo (lo ammettiamo con serenità) appena si è profilata l'opportunità di 'dare addosso' alla Bresaola-industriale-fatta-con-carne-zebuina-congelata

 

C'è stato accanimento scandalistico contro la Bresaola Valtellina IGP. Viene però da chiedersi perché

 

Il Consorzio per la tutela del nome Bresaola della Valtellina a marchio IGP ha chiesto anche a Ruralpini di rettificare le notizie relative a due vicende: quella della 'Bresaola fatta con  carne avariata' (primavera 2009) e quella della 'Breasaola fatta dagli schiavi pakistani'  (gennaio 2010). Lo facciamo di buon grado anche a prescindere dal richiamo formale al dovere di reffifica ai sensi dell'art. 8 L.47/1948. L'occasione ci consente di tornare sul tema Bresaola  e di distinguere tra scandalismo e critica, che continuiamo a ritenere legittima, alle implicazioni ecosociali di un sistema agroalimentare globale. L'efficacia della seconda non può che essere inficiata dall'indulgenza allo scandalismo (in cui forse siamo caduti anche noi sull'onda delle notizie riportate dalla stampa nazionale e locale, lo riconosciamo con serenità).

Se, però, appena si intravede all'orizzonte uno scandalo che coinvolge la Bresaola la grande stampa nazionale ne da notizia con titoloni perentori, se - oltre alla cattiva stampa - la Bresaola Valtellina IGO gode anche di cattiva critica (da Raspelli a Marchi, per non citarne che alcuni giornalisti famosi che l'hanno stroncata) un motivo ci sarà.

L'atteggiamento a dir poco 'severo'  nei confronti di questo prodotto (che arriva a cadere nel pregiudizio e in un atteggiamento del tipo 'appena posso ti sistemo' è frutto, a nostro parere, di un (ri)sentimento 'gastropolitico'. Esso spinge gli addetti ai lavori (gli intellettuali del cibo) a controbilanciare lo status di tipicità di cui gode la Bresaola. Uno status legittimato da Bruxelles, ma contestato (nell'accezione sociologica e non giuridica del termine).  

La 'scoperta' che la Bresaola Valtellina IGP dagli anni '70 viene prodotta con carni sudamericane congelate, che queste carni, oltretutto, in larga misura non sono bovine (di Bos taurus europeus) ma zebuine (di Bos taurus indicus) è stata vissuta come un 'tradimento' dai gourmet. Aggiungiamo che la 'valtellinesità' della Bresaola è messa in dubbio anche dalla penetrazione dei capitali brasiliani in un'industria sempre più sudamericanizzata (dopo Montana - quella di Cremonini e del McItaly per intenderci e Rigamonti, leader del settore,  quali altre aziende diventeranno, con quote più o meno importanti, Carioca?).  Il contrasto tra la percezione e la rappresentazione del 'tipico' proprie non solo del consumatore sprovveduto, ma anche del gourmet, e lo status di  'tipicità legale', garantito dall'Unione europea, è vissuto con disagio. Di qui un atteggiamento ipercritico volto, forse inconsapevolmente, a 'pareggiare' le cose.

 

La Bresaola fatta dagli schiavi: una bufala (tanto per restare in tema di bovidi)

 

Lo 'scandalo' era scoppiato in piene vacanze invernali. Il 2 gennaio il Corrierone esce con un titolo shock: 'Schiavizzati per produrre la bresaola Imprenditore pachistano affittava i connazionali ad aziende italiane'. Va precisato che l'articolista nel testo riferiva che le aziende del Tiranese, dove sarebbero stati impiegati gli 'schiavi', non potevano essere ritenute responsabili delle condizioni in cui versava la manodopera. Anche se gli organi di informazione e i blog hanno ripreso il tema degli 'schiavi per fare la Bresaola' nessuno, e nemmeno noi,  ha mai associato ai bresaolifici la responsabilità della 'riduzione in schiavitù' o di trattamenti deteriori. Era chiaro che l'eventuale responsabilità penale fosse in capo a Nawaz Muhammad, l'imprenditore sospettato della 'tratta'. Il dubbio sollevato dagli organi di informazione, da siti e blog (e ripreso da Ruralpini)  circa la possibilità dell'impiego degli 'schiavi' da parte delle aziende facenti capo al Consorzio è stato successivamente sciolto. Gli 'schiavi' semmai lavoravano per lo smaltimento degli scarti di lavorazione della Bresaola. Non è stata 'fatta Bresaola con gli schiavi'. Il Consorzio chiede, però,  di precisare che 'nessuna azienda consorziata ha mai ed in alcun modo riservato alle proprie maestranze un trattamento deteriore rispetto a quello previsto dalle rigorose norme in materia'

Se il riferimento è alla  vicenda degli 'schiavi' crediamo che questa precisazione sia dovuta.

Se, però, questa assoluta correttezza viene rivendicata per l'insieme delle aziende del Consorzio e dei rapporti di lavoro, ci permettiamo di obiettare che non noi ma le Rsu Rigamonti congiuntamente a Flai Cgil e Fai Cisl di Sondrio hanno stigmatizzato l'uso delle cooperative da parte di alcune aziende. Lo hanno fatto  in un comunicato stampa del 7 gennaio in cui si denunciava il clima scandalistico sollevato intorno alla vicenda degli 'schiavi' ('I fatti denunciati sono vergognosi ed auspichiamo la giustizia faccia il suo corso punendo tutti i responsabili') ma in cui si aggiungeva anche che: 'se è vero che alcune aziende utilizzano impropriamente personale di cooperative e sulle stesse si intende aprire un contenzioso, è altrettanto vero che vi sono importanti aziende come la Rigamonti, da sempre rispettosa dei contratti nazionali'.

 

Cos'è un prodotto 'buono, pulito e giusto'?

 

Il Consorzio in merito ai nostri commenti sull'utilizzo della manodopera 'schiavizzata' e sull'uso delle cooperative ritiene che essi siano 'ideonei a ingenerare nel pubblico il sospetto, se non lerrato convincimento che il prodotto Bresaola della Valtellina a marchio non sia come incautamente affermato né, buono, né pulito, né giusto'. Ci si chiede forse di affermare che la Bresaola della Valtellina a marchio IGP è 'buona,  pulita e giusta'?

Su questo punto è facile dimostrare come, nel contesto dell'articolo e, più in generale, del sito Ruralpini la formula 'buono, pulito e giusto' riferita a un prodotto agroalimentare sia chiaramente riconducibile all'utilizzo che per primo ne ha fatto Carlin Petrini fondatore di Slow Food. In questa accezione, la valutazione della 'bontà', 'pulizia', 'equità' non attiene al rispetto di requisiti di legge, ma a libere valutazioni del cittadino-consumatore. Le ipotesi di violazione di legge da parte dei produttori aderenti al Consorzio avanzate dagli organi di informazione (e riprese da Ruralpini) si sono rivelate infondate, sia in merito alla vicenda degli  'schiavi' che in quella della 'carne avariata'; di questo diamo atto al Consorzio senza riserve. Il giudizio sul 'buono, pulito e giusto' nell'accezione petriniana attiene, però, ad altra sfera quella del diritto di esprimere liberamente valutazioni circa la qualità organolettica di un prodotto e/o  il rispetto di principi di etica sociale ed ambientale (principi cui ciascuno è libero di aderire o meno stabilendo inoltre quale sia il livello auspicabile - di fronte alla propria coscienza di consumatore e di cittadino - di eticità delle produzioni alimentari). Si tratta quindi di 'manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione' come sancito dall'Art. 21 della Costituzione della R.I.. Nel contesto dell'articolo e in altri articoli del sito Ruralpini si esprime chiaramente il concetto che, nel caso della Bresaola, si ha a che fare con un prodotto 'globale' ottenuto da carne sudamericana. In Sudamerica i pascoli sono tutt'oggi ricavati  riducendo savane e foreste sub-tropicali. La soia scaccia i pascoli, i pascoli scacciano le formazioni forestali naturali. In un contesto di contadini sloggiati dalle terre e di impiego di manodopera schiavizzata. Non c'è un legame diretto, una responsabilità diretta (forse sì, però, ora che i capitali carioca sono entrati nelle aziende del Consorzio?). Ma, dal punto di una 'qualità etica' del prodotto, la questione, almeno a nostro parere, si pone. E resta.

 

Ditte valtellinesi fanno bresaola con carne avariata: la ditta 'pizzicata' era, in realtà di Milano (ma è emerso dopo il primo scoppio dello scandalo)

 

Lo scandalo era scoppiato a maggio 2009. Anche in questo caso lo scoop è del Corrierone che, il giorno 29, sparava un titolone: 'Bresaola Igp della Valtellina fatta con carne guasta dall'Uruguay Sequestrata una partita di 4,6 tonnellate rimandata indietro da Sondrio perché avariata e poi rigirata a una seconda ditta che l'aveva messa in lavorazione'. In questo caso il contenuto del pezzo rincarava la dose rispetto al titolo. Scriveva Luigi Ferrarella:

 

'Nel corso delle verifiche, sono stati individuati circa 2,5 tonnellate di carne bovina decongelata, importata dall'Uruguay, che è risultata in «evoluto stato di alterazione, con colore e odore anomali», per un valore commerciale di circa 14 mila euro. Dopo il sequestro sono partiti nuovi accertamenti e si è appurato che la partita era stata spedita a uno stabilimento di Sondrio per produrre bresaola. La carne è stata scongelata il primo maggio ma poi, visto la pessima qualità del prodotto, è stata riconfezionata con l'indicazione della scadenza 8 maggio, e rispedita alla ditta milanese di provenienza.'

 

l'articolista proseguiva così :

 

'La ditta ha poi rigirato 2,1 tonnellate della carne - guasta e ricongelata - ad un altro stabilimento della Valtellina, che incredibilmente l'ha messa in lavorazione il 9 maggio per la produzione di bresaola Igp (Indicazione geografica protetta), cioè di alta qualità. Naturalmente anche a questo lotto sono stati messi i sigilli. Ora il pm Nicola Balice sta effettuando le indagini (se ne occupa anche la procura di Sondrio) anche per capire se è una vicenda isolata o fisiologica'.

 

Va osservato che Ferrarella non ha mai usato condizionali, ha picchiato duro come uno che ha in mano fonti inossidabili e dettagliate. Di fronte ha una notizia fornita con tanta sicurezza il nostro commento è stato redatto in perfetta buona fede. Avremmo comunque dovuto, su un tema così delicato, informarci degli esiti della vicenda prima di riprenderla nel pezzo sui presunti 'schiavi'. Nel frattempo, infatti, era emerso che, come ci chiede di rettificare il Consorzio: 'la partita di carne avariata è stata posta sotto sequestro presso una azienda di Milano'. E Milano non è in Valtellina. Il Ministro Zaia si è anche complimentato per il Consorzio per aver scartato la carne avariata.

Su questo però lasciamo il commento ai lettori. E' un merito non utilizzare carne avariata? E' come dire che chiunque di noi ha meriti per non aver mai ammazzato qualcuno. Forse un merito ci sarebbe stato se la carne fosse stata subito bloccata. Ma se questo chiarirà le cose l'inchiesta. Di certo, come tiene giustamente a sottolineare il Consorzio, nell'ambito di questa incresciosa vicenda 'non è stata immessa sul mercato alcuna Bresaola della Valtellina a marchio IGP'.

 

 

 

 

 

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

counter customizable

View My Stats
commenti, informazioni? segnalazioni scrivi

Registra il tuo sito nei motori di ricerca

 Creazione/Webmaster Michele Corti