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(31.08.09)  

 

Cesiomaggiore (Belluno) tra i contestatori dei 'piantatori trentini' che vogliono importare la monocoltura chimica alla Melinda in Veneto c'è chi è passato ai fatti e ha reciso 1200 piante

 

Comprensibile la rabbia contro l'arrogante colonialismo dei melicoltori trentino-altoatesini ma la violenza (anche sulle cose) è estranea al movimento ruralista

 

Di Cesiomaggiore (Belluno) abbiamo già parlato più volte su Ruralpini. Abbiamo detto di come i comitati locali (Chimica free e Prà gras) abbiano denunciato il vero e proprio colonialismodei produttori di mele trentini e altoatesini (nel feltrino sono sbarcati 3 nonesi e un altoatesino) . Questi ultimi, lanciati verso la conquista dei mercati della 'immensa Russia' attraverso il superconsorzio From (e contestati in casa, specie in Val di Non, per via dei pesticidi che entrano sin nelle case), dopo aver trasformato le loro terre in una monocoltura chimica hanno ben pensato di 'sbarcare' in Veneto esportando il suo modello non sostenibile di agricoltura.

L'irritazione della gente di Cesiomaggiore e dei produttori di mele bio che operano in quel territorio è ben comprensibile: i produttori nonesi acquistando terreni nel bellunese hanno fatto lievitare il mercato fondiario, hanno spianato intere colline (dimostrando lo stesso rispetto e la stessa sensibilità dei 'piantatori' europei nelle colonie d'oltremare), non si sono fatti scrupolo di piantare i loro meleti chimici a fianco di quelli bio.  

Ovviamente non sono estranei al risentimento locale i risvolti politici. Questi 'piantatori colonialisti' (con in testa il presidente della Coldiretti trentina, Calliari) hanno potuto venire a fare i gradassi in Veneto grazie ai profitti accumulati grazie al sostegno accordato da Mamma Provincia Autonoma alla crescita e al rafforzamento del Consorzio Melinda.

Nel Lombardo-Veneto nessuno ignora che i privilegi dell'autonomia li finanziano anche i tartassati contribuenti lombardo-veneti. Normale che lo sbarco dei nonesi e degli altoatesini dia doppiamente fastidio, specie in un contesto in cui il Trentino-Alto Adige contende ferocemente a Belluno le Dolomiti-bene-dell'Unesco e in cui i territori bellunesi, vicentini e bresciani confinanti a Trento e Bolzano vogliono fare la 'secessione' per godere dei privilegi feudali finanziati dai 'pantaloni' cui vogliono voltare il culo.

Detto tutto questo, e chiarito che di motivi per spiegare il gesto di rappresaglia ce ne sono a iosa, va anche detto - senza se e senza ma - che l'’azione diretta' di tipo vandalico, da chiunque sia stata condotta (e Calliari non ha alcun diritto di accusare gli 'ambientalisti'), non può essere giustificata.

In passato la lotta contadina era fatta di animali sgarrettati, di furti campestri, di piante recise (per l'appunto), ma c'era di mezzo la sopravvivenza fisica. La jaquerie collettive piuttosto che la violenza individuale contro cose e persone, era l'unico sfogo possibile a situazioni di violenza  e oppressione intollerabili e, oggi, inimmaginabili. Oggi non ci sono giustificazioni etiche alla violenza nell'ambito del movimento per la terra, per il cibo pulito.

Si dirà che José Bové per diventare il simbolo della resistenza contadina ha dovuto smontare il Mac Donald di Millau e che, per dare visibilità alla lotta agli OGM, ha dovuto organizzare i 'falciatori volontari' che vanno a 'segare' i campi di coltivazioni GM. Sì, ma è roba del passato. Pur con tutti i suoi meriti Bové all'anima genuinamente paysanne associa l'anima gauchiste.

Noi crediamo che nell'epoca del consumatore riflessivo, della politicizzazione dei temi della produzione e del consumo alimentare, della bag shop democracy non sia giustificato ricorrere alla violenza, nemmeno sulle cose. Ci sono altri modi per richiamare l'attenzione sulla causa del diritto al cibo sano e al territorio pulito.

Intendiamoci la violenza c'è. Dall'altra parte c'è la volontà di non abbandonare la chimica, di continuare con la violenza strisciante dell'avvelenamento delle acque, della terra, delle catene alimentari e dei corpi degli umani, C'è la violenza sui bambini che in numero crescente si ammalano di cancro. C'è stata la violenza delle colline spianate. Ma contrapporre violenza a violenza è sbagliato e non serve. Il movimento per la terra, per il cibo buono pulito e giusto è intrinsecamente un movimento pacifico (l'ideologia pacifista non c'entra, però), un movimento non violento e ghandiano. La chimica, la monocoltura, la selezione genetica e la manipolazione biogenetica sono espressioni della guerra contro la natura e la terra, della volontà di dominio e sottomissione. Noi vogliamo operare in sintonia con la natura e la terra. Come si fa a operare in modo violento?

Invece che entrare nei meleti di notte e tagliare le piante per opporci alla monocoltura alla Melinda ci sono mezzi più efficaci. Bisogna informare il consumatore. Di quello che è stato fatto a Cesiomaggiore, di quello che succede in Val di Non dove stanno trasformando in meleti chimici gli ultimi scampoli di prato, dove la gente - quando 'trattano’ - deve stare tappata in casa come con il coprifuoco con le finestre chiuse e i residui dei pesticidi si trovano anche nei campi giochi dei bimbi. Bisogna informare che dietro le mele belle, grosse, luccicanti ci sono trattamenti chimici che fanno sì che in Trentino c'è il maggior consumo di pesticidi per ha di tutta Italia, bisogna informare che Melinda ha messo fuori mercato le produzioni locali di diverse regioni. Altro che km zero!

E' vero che un atto clamoroso viene riportato dalla stampa nazionale mentre cento riunioni e meeting pacifici passano inosservati ma Ghandi ha messo in crisi l'Impero con una manciata di sale (atto illegale ma pacifico!).

 

 

 

 

 

 

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

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