Ruralpini     Contributi/Ritorno alla terra

Seguimi su Twitter

Choose language

Tweet

 

Scorri i principali temi di Ruralpini e accedi agli indici degli articoli

 

Ti potrebbe interessare anche:

 

(18.05.13)Fieno, fede, famiglia

 Il fieno si fa perché ci sono animali. Ma oggi sono le motivazioni consapevoli, le risorse di una cultura e di una fede ancestrali che tengono insieme le risorse umane per coltivare la montagna. Una giornata a Coumboscuro leggi tutto

 

(01.04.13) Come garantire la sicurezza alimentare?

La produttività dell'agricoltura, dopo aver raggiunto un picco, sta declinando. L'ulteriore accanimento nell'intensificazine produttiva, nella selezione per l'aumento delle rese prepara guasti ancora più gravi mentre l'agricoltura deve confrontarsi con il clima e il degrado del suolo  leggi tutto

 

(19.07.13)La disfatta della monocoltura padana

Si susseguono annate disastrose per la monocoltura del mais. Il cielo si sta vendicando per le offese alla madre terra: produzione compromessa anche quest'anno per... troppa acqua. E le aflatossine saranno peggio dello scorso anno. Cosa metteranno il prossimo anno i biogassisti nei loro stramaledetti calderoni?leggi tutto

 

(21.03.13) Trazione animale in montagna

Un corso presso la Coop La Masca di Roccaverano sottolinea l'attualità dell'uso degli animali da lavoro per il recupero di terreni frammentati e declivi sfruttando la loro agilità e intelligenza. Un contributo alla rinascita della policoltura con la filiera corta erede dell'agricoltura contadina leggi tutto

 

(26.03.13) Rinasce la vitivinicoltura contadina nei Cèch

Sulle "Terrazze dei Cèch" rinasce la viticoltura contadina. All'autoproduzione per passione si affianca l'"economia della crisi" ma c'è anche una coop e crescono le etichette mentre si avviano nuove iniziative di turismo rurale. Insieme al Bitto storico, al grano saraceno di Teglio emerge "l'altra Valtellina" leggi tutto

 

(05.01.12) A Gandino (BG) rivive il mais (melgone) contadino.

Nel cuore dello storico distretto tessile della montagna bergamasca è arrivato al traguardo un serio progetto di filiera per il recupero e la valorizzazione del melgone "Spinato di Gandino". Dopo anni di lavoro con il coinvolgimento di parecchi attori e della comunità a sei contadini è stato assegnato il marchio. Un modello per altre realtà. leggi tutto

 

(07.06.12) Anche in montagna avanza  l'agricoltura urbana

Spesso è nelle aree più urbanizzate e industrializzate che si riscopre la voglia di tornare a coltivare il proprio cibo. Torniamo ad occuparci del caso di Gandino nella bergamasca, famoso per il suo mais Spinato  leggi tutto

 

(16.01.12)  Permacultura: vera sostenibilità in città come sulle montagne

Sempre più numerose anche in Italia le iniziative sulla Permacultura (basta guardare in questa pagina, prima colonna: Corsi). "Importata" in Italia sin dalle origini (inizio anni '80) grazie alla Scuola contadina di Ontignano e alla LEF, la Permacultura ha dovuto attendere parecchio a divenire "di tendenza". Ora è in fase di crescita e se ne capiscono bene le ragioni: la delusione del modello di sviluppo basato sulla crescita illimitata e lo spreco, la fuga dalle città e la voglia di agricoltura urbana al tempo stesso, il desideriodi rendersi autonomi e di tornare ad una dimensione di vita dove produzione e consumo non sono artificialmente separati. leggi tutto

 

(06.05.11) La rassa estalissa

Una espressione vivace in provenzale alpino (che ritroviamo sulle Alpi Orobiche) serve a Mariano Allocco per mettere a fuoco alcuni aspetti dell'attuale rapporto tra montagna e 'città'. La raza estalissa  che popola le aree urbanizzate è sempre più dipendente, debole, incapace di vivere e pensare autonomamente, sempre più incapace di capire i sistemi comlessi da cui dipende. E vive in una condizione di 'tutela' in una eterna minore età. Provocazioni? leggi tutto

 

(29.01.10) Resistere in quota. La forza della simbiosi tra uomo e animale

Bugliaga è una piccolissima frazione di 16 abitanti - meno in inverno - a 1.400 m del comune di Trasquera (Vco), spesso isolata per neve. In inverno resta abitata grazie ad un allevamento di capre. I ritmi dell'alpeggio, del 'mezzo alpeggio', del taglio dei prati e della legna segnano, come una volta, un legame profondo con la montagna. L'accudimento degli animali- che va ben al di là delle cure materiali - contribuisce a dare senso allo scorrere delle giornate e all'abitare un pezzo di mondo. leggi tutto

 

(01.05.09) Cison di Valmarino (TV)/ Roma/ Milano: "Ritorno alla terra?"

A giugno il G8 all'Aquila porrà il tema della sicurezza alimentare al cuore dell'agenda mondiale.  Intanto la 'nuova centralità' dell'agricoltura e dello sviluppo rurale, proclamati a Cison, fanno parlare i politici di 'ritorno alla terra' e Milano si proclama ... 'città contadina'  leggi tutto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(10.10.13) Staccato da ritmi che lo ricollegavano a quelli della terra l'uomo della realtà contemporanea manifesta sempre più frequentemente patologie organiche ma anche atrofia spirituale e morale. Salvare la terra non è solo per il cibo

 

Ritorno alla terra: non solo cibo

 

Il distacco dalla terra non si esprime solo nell'indifferenza per l'origine del cibo che mangiamo, è anche privazione di stimoli conoscitivi, emotici, psichici. Ma, nel mentre ci si rende conto del rischio che corre un umanità sempre più estranea alla madre terra e se ne riscopra il valore, una folle corsa alla distruzione dei suoli agricoli e alla industrializzazione agricola procede per forza di inerzia e di meccanismi economici e tecnologici fuori controllo

 

di Fausto Gusmeroli

 

Larivoluzione industriale segna, in occidente, la fine di quella civiltà rurale nata nel Neolitico e che ha caratterizzato gli ultimi diecimila anni di storia dell’umanità. L’industrializzazione è resa possibile dall’utilizzazione di una nuova e immensa fonte energetica, i combustibili fossili, che attraverso i motori e le macchine potenziano a dismisura la capacità di lavoro dell’uomo. Questa, nella civiltà rurale, era assai più modesta, potendo contare solo sull’energia fornita dagli agroecosistemi e su una forza lavoro di tipo biologico (animali e uomo).

L’uomo viene “strappato” alla terra, fisicamente e metafisicamente. Le industrie richiamano braccia dalle campagne, che si spopolano. L’economia agricola e il mondo contadino, con tutto il corredo di credenze, valori e tradizioni, divengono marginali, sovrastati da modelli produttivi, sociali e culturali totalmente altri. Il legame ancestrale con la terra si spezza e con l’era dell’informatica s’impone addirittura l’idea di una realtà virtuale, immateriale, affrancata dalla natura stessa. La potenza dell’energia fossile consente in effetti all’uomo di manipolare ogni ambiente di vita, di “crearsi” un mondo del tutto artificiale.

Un grande rischio, tuttavia, perché l’uomo rimane entità biologica, oltretutto geneticamente non diversa da quei primi uomini selezionatisi entro gli ecosistemi naturali attraverso processi coevolutivi di rete. Porsi completamente al di fuori delle reti ecosistemiche, senza relazioni con le altre specie, svincolati dai ritmi e cicli naturali, non può non comportare effetti negativi per la nostra specie. Vi è, ad esempio, chi intravvede nella genesi di certe malattie degenerative una sorta di disadattamento genetico, una difficoltà del nostro organismo a vivere in ambienti troppo alterati, troppo diversi da quelli naturali. Ancor più nei disturbi del comportamento e nelle patologie neuro-psichiatriche si riconosce una matrice ambientale e ai pazienti si suggerisce, in molti casi, una qualche forma di ritorno alla natura e all’attività fisica. Le stesse terapie farmacologiche spesso non fanno altro che cercare (invero non sempre con buon esito) di ricostruire equilibri che una vita più naturale garantirebbe di per sé. Assistere al sorgere del sole, per citare un esempio, sembra stimolare la produzione organica di serotonina, un neurostrasmettitore in grado di agire sull’umore, mentre l’osservare il tramonto favorirebbe la produzione di melatonina, un ormone che regola il sonno.

Un ritorno alla terra, dunque, avrebbe un significato che va oltre la semplice produzione di cibo, coinvolgendo direttamente il benessere delle persone. Aiuterebbe a comprendere il senso della vita, il divenire, le sue fasi e i suoi momenti, la nascita e la morte, il limite e la provvisorietà quali condizioni imprescindibili dell’esistenza. Aiuterebbe a restituire significato all’attesa, alla pazienza, al rispetto delle regole, alla solidarietà e ad altre esperienze e valori che una società parossisticamente in corsa, competitiva e individualista sembra avere smarrito. La terra che accoglie e custodisce la vita, la terra madre delle antiche culture, riassume davvero in sé un simbolismo spirituale ed etico ricco e profondo, che rimanda ad una sacralità.

Come, allora, giudicare il nostro paese che, nonostante sia ben lontano dall’autosufficienza alimentare e possieda un paesaggio agrario di straordinaria varietà e bellezza, non difende con determinazione l’agricoltura e non pone un freno al consumo di suolo? Nella sola Regione Lombardia, uno dei territori più ricchi e densamente abitati d’Europa, il consumo giornaliero è di 13 ettari, una superficie pari a 17 campi di calcio inghiottita quotidianamente da una cementificazione oggi priva di qualsiasi ragione! Viene in proposito alla mente un noto aforisma attribuito al capo pellerossa Setting Bull: Quando sarà avvelenato l'ultimo fiume, abbattuto l'ultimo albero, ucciso l'ultimo bisonte, pescato l'ultimo pesce, solo allora capirete che il denaro non si mangia! Forse noi, uomini tecnologicamente molto più avanzati, pensiamo davvero di poterci nutrire col denaro, o con i bit.

Tornare alla terra, dunque, ma come? O meglio: con quale tipo di agricoltura? Si, perché oggi ci sono tanti modi per coltivare la terra, con differenti impatti sul suolo, la sua fertilità e la sua vitalità biologica. Si tratta, evidentemente, di un’altra storia, molto lunga e complessa, da raccontare in altro momento. Qui ci si accontenta di rimarcare come non basti un generico ritorno alla terra. Occorre accompagnarlo con un atteggiamento di massimo rispetto, il rispetto dovuto al bene pubblico più importante, con l’acqua e l’aria, per il mantenimento della vita stessa sul pianeta. Sembra proprio di poter dire che questo rispetto non appartiene a quell’agricoltura intensiva e industrializzata affermatasi negli ultimi decenni. Ma, appunto, questa è un’altra storia.

 


 

Commenti

 

 

***

 

 

           commenti, informazioni? segnalazioni? scrivi

pagine visitate dal 21.11.08

counter customizable
View My Stats

 Creazione/Webmaster Michele Corti