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Cibo territoriale

Esino e Perledo. Territori del cibo crescono


di Sergio De La Pierre

Il 26 novembre a Esino si è svolto l’evento “Esino e Perledo incontrano I territori del cibo. Uniamo le nostre esperienze di rinascita locale attraverso la conoscenza reciproca”.


(02.11.16) A Esino la delegazione di sei esponenti dei Territori del cibo è stata accolta con grande interesse e senso dell’ospitalità. Dopo una visita pomeridiana al paese e ad alcune opere monumentali specie di carattere religioso (la Via crucis opera di Michele Vedani e la chiesa di S. Vittore Martire), è iniziata un’assemblea pubblica molto partecipata – una quarantina di persone – per avviare il percorso di ingresso di queste due “comunità” nella rete de I territori del cibo.


Per illustrare l’esperienza di Esino Lario (Comune di 745 abitanti a 910 m. slm, che sta diventando famoso per la patata “biancona” la cui produzione è ripresa recentemente, nel 2009) interviene Emiliano Invernizzi, presidente del “Consorzio della Patata Bianca di Esino”, il cui progetto è sostenuto dal Parco Regionale della Grigna Settentrionale gestito dalla Comunità montana Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera. Dopo aver raccontato delle tappe storiche di diffusione della patata a Esino, a partire dall’Ottocento, Invernizzi si diffonde sulla su
recente rinascita, supportata anche da una sperimentazione scientifica avanzata e favorita dalla buona qualità dei terreni, non solo a Esino ma anche a Perledo. Parla con orgoglio della tradizione delle “pattole col pieno”, i ravioli con pasta sfoglia di farina di patata (pressoché unici in Italia), e del recente “sbarco” della biancona in TV, dove lo chef dell’Hotel Royal Victoria di Varenna l’ha cucinata a “La prova del cuoco” insieme al pesce del Lario.


Sull’olio di Perledo (1.000 abitanti circa, situato in area collinare ma con grossi dislivelli di terreno, ai piedi di Esino a pochi chilometri da Varenna) interviene il vicesindaco Marino Maglia, che dice però “sono qui come olivicoltore”; dimostra grande competenza nel dare una piccola lezione sull’“assaggio” dell’olio di questa produzione certo di nicchia ma di ottima qualità. La coltivazione di questo olivo “lariano” (in quattro cultivar) risale all’antichità – testimonianze certe vi sono di epoca romana; ma dopo la seconda guerra mondiale la produzione di olio era pressoché scomparsa sino a quando, negli anni Settanta, vengono piantati 10-12.000 olivi. Oggi a Perledo si produce il 60% dell’olio del Lario, “certificato” con un marchio collettivo rilasciato nel 2015 dal Ministero dello sviluppo economico; sempre nel 2015 la produzione olearia di Fabio Festorazzi ha ottenuto un premio di qualità in un’esposizione a Los Angeles in California.


Per I territori del cibo interviene quindi Sergio De La Pierre del Gruppo di coordinamento, il quale dopo aver illustrato i concetti fondamentali del “Manifesto fondativo”, sottolinea l’importanza del diffondersi di queste esperienze di rinascita locale complessa, che nel prodotto agroalimentare di alta qualità non vedono un elemento esclusivo di nuovo sviluppo, bensì un volano per la crescita di tutte le dimensioni di una “comunità”: storica, culturale, economica, di partecipazione democratica eccetera. Di particolare importanza è che la partecipazione a questi processi nuovi e orgogliosi di sé sia la più ampia possibile, che coinvolga tutte le tipologie di soggetti in campo nella singola situazione. In conclusione, De La Pierre pone agli astanti due domande: ritenete che questo criterio di “crescita multidimensionale” corrisponda alla vostra realtà? E poi, che cosa vi aspettate da una vostra adesione a I territori del cibo?


Seguono una decina di interventi, segnati da molto interesse e anche entusiasmo per il progetto di “unificazione”. “Il conoscerci porta a rafforzarci a vicenda” sembra il filo conduttore di molti interventi: dal sindaco di Perledo Fernando De Gianbattista che parla di uno sviluppo a 360 gradi del suo paese, e dell’importanza di coinvolgere e lavorare insieme tra diverse comunità; a Valerio Ricciardelli - lo studioso della storia locale di Esino che ci aveva accompagnato nel giro “turistico” -, che parla di una nuova “globalizzazione dal basso” che può contrapporsi a quella dominante (che lui vede operare anche nel contesto dell’UNESCO dove lavora); dall’ex sindaco di Esino Giovanni Grosso, che sottolinea l’importanza di imparare da casi positivi, come quei paesi del Cilento che sono rifioriti grazie alla promozione della dieta mediterranea, all’attuale consigliere comunale Piercarlo Barindelli, che parla del festival della patata bianca di Esino, che nel 2016 è giunto alla sesta edizione (infatti il “Consorzio” è nato nel 2010); da Giandanilo Invernizzi del presidio Slow Food, che mette in guardia contro il pericolo della trasformazione delle produzioni di eccellenza in produzioni “massive e industrializzate”, a un esponente dell’associazione castanicoltori del Lario orientale, che pone il problema (interessante anche per I territori del cibo) sulla possibile adesione alla rete anche di produzioni (“luoghi-prodotti” li avevamo chiamati) che necessariamente hanno una presenza ampiamente sovra-comunale.


Ancora, la testimonianza fortemente “etica”di Ernesto Ponziani, che si presenta come “poeta contadino” e sostiene la necessità di sganciare le produzioni ecologiche dalla “preoccupazione di vendere”, anche perché – grazie ai GAS e all’intervento nelle scuole – è necessario fare un’opera di “rieducazione al gusto” degli ortaggi e frutti di stagione; e, poi, Giacomo Camozzini, agronomo e già direttore del Parco, che racconta della collana di libri da lui curata “Itinerari delle mani della mente del cuore” e auspica che in queste iniziative si dia avvio alla riscoperta e alla valorizzazione della dimensione umana e sociale del lavoro in agricoltura e non solo della dimensione economica e lucrativa; fino a Claudio Carrara che parla del Centro Studi Valle Imagna (che partecipa ai Territori del cibo), che anch’esso produce libri, ma incentrati sul motto “conoscere cooperare amare”.


Un incontro vien da dire basato su spontaneità e anche leggerezza, una tensione autentica a ri/conoscersi e ad autorappresentare le proprie esperienze. Un ottimo viatico – si sono detti a cena i “delegati” dei Territori – per procedere a questo nuovo ampliamento della nostra giovane Rete.




 

 

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