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Cucinare = atto agricolo e sociale
(12.11.16) Il 2017 vede la Lombardia orientale proclamata regione europea della gastronomia. Un'occasione da non sprecare. Magari ripensandoanche in chiave critica EXPO. Il focus qui comunque non è il mondo ma una regione con le sue differenze. Occasione per pensare la gastronomia come fatto sociale, cultura, politico. Non solo turistico, commerciale, settoriale. La cucina è oggi condizione di vitalità dei sistemi agricoli che il mondialismo condanna al ruolo di trasformatori di input globali per la produzione di output globali di valore standard ed infimo.

Brescia. Un circuito brevissimo tra pascoli e ristorazione                                    (26.03.11) In nome del MadeinBrescia convergono progetti di miglioramento ambientale e di valorizzazione delle aree collinare e montane del comune di Brescia anche ai fini di una produzione agroalimentare di qualità a km 0 (sul serio). Continua a Brescia il dialogo diretto avviato a Bergamo tra pastori e ristoratori 'consapevoli'. Elecubrazioni? Andate ad assaggiare il LAMBURGER di vero castrato bergamasco/bresciano e altre specialità da LoScultore in centro storico di Brescia.

Alla  Madia di Brione (Bs) in scena il castrato, ma anche i pastori                         (11.04.11) La carne di castrato tradizionale bergamasco-camuno è stata protagonista o degna comprimaria di sei portate ideate dallo chef-patron Michele Valotti (nella foto a fine cena con alcuni partecipanti). Un'occasione che, come poche, ha concretamente legato il cibo alle storie che lo hanno prodotto ma anche ai problemi degli uomini e della terra che lo produce.

Carne? Poca ma buona. meglio se matura, ottenuta al pascolo                       (23.03.11) Due articoli (uno mio uno dell'amico Enzo Lo Scalzo)per spiegare il senso della campagna di rilancio del castrato tradizionale bergamasco. Carni di alta qualità, mature ma proprio per questo di ottima tessitura e gusto. Interpretate in tanti modi dagli chef-ristoratori lombardi che stanno aderendo all'iniziativa di Associazione Pastori Lombardi e Ruralpini. Oltre al resoconto della prima entusiasmante serata al 'Collina' di Almenno (Bg) parliamo del significato produttivo, ecologico e storico dell'operazione. In attesa di riferire delle ulteriori iniziative in cantiere (stasera sono a Brescia ...). Iniziative che saranno presto anche pubbliche



Il castrato nella cucina storica    Chi pensasse che il castrato fosse carne 'volgare' deve ricredersi. La vitellomania (e bovinomania in generale) è malattia recente. In passato alle corti più sontuose il castrato era di casa. Basta constatare che spazio ha nell'opra di Bartolomeo Scappi, il cuoco rinascimentale alla corte di Pio V (ne era il 'cuoco segreto') che scrisse la più significativa opera di cucina dell'epoca. In essa tutte le parti del castrato sono prese in considerazione ed oggetto di ricette. Non mi credere? Consultate l'opera originale del XVI secolo in full text in google libri (sotto il link)

Opera di Bartolomeo Scappi M. dell'arte del cucinare,

 

 




 





Cibo territoriale


L'Oglio: via di transumanza millenaria (da scoprire anche a tavola)

Nel 2017 la Lombardia orientale sarà regione europea dell'anno della gastronomia. La transumanza ovina bergamasca da (almeno) 1500 anni mette in relazione le quattro provincie della regione. E la carne ovina bergamasca è "la chianina delle pecore", un'eccellenza riconosciuta anche in Francia. Ma che richiede di essere fatta conoscere come prodromo di una valorizzazione quale risorsa a km zero.

(13.11.16) La transumanza lungo il fiume Oglio mette in relazione le rive del Po con gli alti pascoli alpini del Tonale, che ha rappresentato un elemento di relazione, scambio, circolazione tra quattro provincie: Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova. Le notizie certe più antiche ce le fornisce il Polittico di Santa Giulia, una sorta di libro dei conti di una “multinazionale “ dell'alto medioevo, una grande azienda monastica con proprietà in diverse regioni e una fitte rete di curtes nel bacino dell'Oglio. Questa rete, tra VIII e X sec. consentiva di praticare una transumanza a lungo raggio tra gli alpeggi camuni e i pascoli del Po. Tappe intermedie “corti”  dislocate su entrambe le sponde del fiume sia a Bergamo che a Brescia che a Cremona e a Mantova (immagine sotto).

da G. Archetti «Fecerunt malgas in casina». Allevamento transumante e alpeggi nella Lombardia medievale in: La pastorizia mediterranea Storia e diritto (secoli XI-XX) a cura di Antonello Mattone e Pinuccia F. Simbula, Carrocci, Roma, 2011 pp. 486-509.

La transumanza dal medioevo ad oggi è cambata me segue le stesse direttrici

Dal XII secolo la transumanza si fece “laica”. Importanti personaggi delle alte valli presero in mano la gestione di questa importante attività economica che forniva lana (allora materia prima strategica”, ma anche formaggi (allora prevalevano quelli pecorini), pelli, grasso, concime. La transumanza era gestita da montanari che erano indotti a spingersi sino sulle rive del Po a causa del precoce sviluppo agricolo della fascia pedemontana e di alta pianura dove esercitavano consolidati diritti di pascolo le comunità locali. Quest'ultime esercitavano una transumanza a breve raggio che si spingeva a sud verso la grande campanea di Orzinuovi che, per le transumanza monastiche e poi laiche a più lungo raggio non rappresentava un punto di arrivo ma intermedio dell'itinerario verso il Po seguendo il basso corso del fiume. Se nel medioevo la transumanza rappresentava un business importante (tanto che anche importanti famiglie cremonesi ne furono coinvolte (però più come “protettori” delle greggi – su investitura nientemeno che dell'imperatore – che come imprenditori) è anche vero che ancora in età moderna sono personaggi importanti a gestirla, accreditati presso il potere politico tanto da ottenere salvacondotti ed esenzioni dai divieti di pascolo e attraversamento che le comunità sempre più frequentemente imponevano in relazione all'intensificazione colturale, all'estensione del “paesaggio padano” delle piantate, dei campi di cereali e di lino delimitati da filari di vite maritata. I piccoli proprietari terrieri della pianura, ancora in epoca contemporanea, vedevano però con gran favore l'arrivo dei “pecorai” perché significava preziose “grasse” (lo sterco con elevato potere concimante) e agnelli, offerti ai piccoli agricoltori in cambio del diritto di pascolo. Con i secoli la riduzione delle aree incolte, le bonifiche di quelle troppo umide o ghiaiose per la coltivazione, restrinse gli spazi del pascolo vagante invernale. Da febbraio, infatti, i campi coltivati non potevano più essere utilizzati dal pastore. L'abolizione del maggese (i campi lasciati a riposo periodico) a favore di rotazioni che lo escludevano restrinse ulteriormente gli spazi del pastoralismo che, però, sempre osteggiato dai grossi agricoltori, ha potuto sopravvivere a tutte le vicende delle trasformazioni agrarie. 

Da millenni la transumanza ritrova la sua sostenibilità (mentre i sistemi agricoli declinano, muoiono, rinasscono)

In tempi recenti (da poco oltre la metà del secolo scorso) la transumanza bergamasco-camuna ha dovuto adattarsi anche alla drastica caduta di valore della lana valorizzando al meglio la vocazione alla produzione carnea della “razza gigante bergamasca”.
Per poter garantire la sostenibilità economica oggi, però, il pastoralismo bergamasco-camuno (gestito da pastori che spesso hanno la propria residenza in provincia di Cremona, tutt'oggi uno dei principali terminale invernali della transumanza) ha dovuto incrementare molto la numerosità del gregge, oggi tipicamente di 1000-1500 capi contro le poche centinaia di qualche decennio fa. Valorizzare meglio la carne consentirebbe al pastore di mantenere un gregge meno numeroso risparmiando sui costi degli autotrasporti (i trasferimenti a piedi non sono sempre possibili) e facilitandone la movimentazione. Poter disporre di greggi più piccoli consentirebbe al pastore anche di puntare di più sui “servizi di manutenzione ambientale”. Più facili da offrire con greggi di dimensioni più ridotte. Questi servizi, possono essere utili non solo nelle aree pedemontane a forte urbanizzazione dove la cura del territorio da parte di aziende agricole e forestali è quasi venuta meno, ma anche nelle aste fluviali dove una gestione pianificata del pascolamento può aiutare gli enti di gestione delle aree dei parchi fluviali ad affrontare con uno strumento in più le problematiche della vegetazione invasiva esotica o, più semplicemente, quelle dell'eccessivo sviluppo di rovi ed altre infestanti causa di perdita di qualità estetica ma anche di funzioni ecologiche e ricreative e di biodiversità degli ambienti fluviali.



L'Oglio: un fiume, una storia, un distretto gastronomico che può essere arricchito

Ecologia, tradizione e offerta gastronomica possono trovare un momento di sintesi nella promozione delle carni di eccellenza dell'allevamento ovino transumante bergamasco-camuno.  L'Oglio è un fiume già affermato sul piano gastronomico. Non solo per la presenza di ristoratori ai vertici del panorama nazionale ma anche per le tante iniziative che valorizzano la ricchezza gastronomica dell'ambiente fluviale (da quanto le risorse ittiche ancora offrono ai loertis – i germogli del luppolo selvatico, oggetto a primavera di interessanti iniziative gastronomiche). Forse l'Oglio non sa di avere una storia più che millenaria (probabilmente plurimillenaria) che lo leva alla transumanza, alla pecora. Oggi non più sfruttata per il latte (anche se la sua gemella, la biellese, almeno nelle valli torinesi è sempre munta) la pecora bergamasca è caratterizzata da carni di grandissima qualità. Razza tardiva, di grande mole può essere considerata la “Chianina delle pecore” . Le carni dei castrati sono particolarmente prelibati. Soggetti macellati un tempo a 18 mesi (oggi a 13-14) producono carni che sfidano la convenzionale percezione della carne ovina, Consentono di utilizzare i tagli (sezionati in modo più simile a quello utilizzato per le carcasse bovine che non per quelle ovine) per preparazioni che normalmente sono possibili con le carni bovine, ma con tutta la specificità di una carne ovina matura e strutturata. Lo sapevano bene i cuochi del rinascimento che con la carne di castrato preparavano specialità che finivano sulla mensa dei papi, ma anche innumerevoli generazioni di cuochi di osteria che sino all'inizio del XIX sec. hanno proposto la carne di castrato bergamasco. Non solo loro, anche alcuni dei migliori ristoranti di Parigi, fino agli inizi del XX secolo (poi dispute doganali e divieti di importazione per motivi sanitari interruppero quello sbocco prestigioso). Carne ovina bergamasca significa anche agnelloni e pecore, che possono essere cucinati in vari modi lontani dai cliché della carne ovina.



La Lombardia orientale ha un grandioso "prodotto tipico" ma non lo sa

La valorizzazione della carne ovina bergamasca ha già conosciuto negli anni alcuni tentativi. Sono state in iniziative sperimentali non supportate da progetti organici. Pare incredibile ma la valorizzazione di una risorsa gastronomica che non fa fatica a dimostrare il suo legame territoriale, la sua qualità, stenta a decollare. Solo perché mancano quegli anelli che consentono alla ristorazione di disporre del prodotto nelle modalità che oggi sono richieste ai sistemi di distribuzione delle materie prime destinate alla ristorazione. L'ostacolo economico (per quanto da non sottovalutare) appare meno cruciale, Certo la carne di ovino bergamasco ha un costo superiore di quelle carni ovine che passano dal mercato all'ingrosso di Milano provenienti dalla Nuova Zelanda o da altre origini. Come per altri prodotto a km zero non è il costo il freno principale ma l'assenza di una distribuzione e di un servizio in grado di mettere a disposizione del ristoratore un prodotto semi-lavorato nelle quantità e nei tempi adeguati alle sue esigenze.
Per uscire da queste strozzature pare utile sviluppare una forte iniziativa di informazione verso il consumatore oltre che verso il settore della ristorazione. Le due devono agire di conserva. La ristorazione non svilupperà mai una domanda tale da stimolare i pastori e i macellatori (fortunatamente diversi pastori hanno creato dei macelli aziendali) a offrire non solo il prodotto ma il necessario servizio connesso (prima lavorazione, allestimento di tagli pronti per la cucina, distribuzione) se il prodotto non è conosciuto dal consumatore che sviluppa una domanda per le cotolettine scottadito o gli arrosticini ma non ha neppure la più vaga cognizione dell'esistenza di una pecora bergamasca, tantomento del fatto che essa produce carni al top della gamma delle carni ovine.


ERG: non si può sprecare l'occasione

Cogliendo l'occasione di ERG (la Lombardia orientale, quindi le quattro provincie dell'Oglio citate all'inizio nel 2007 è regione europea della gastronomia) è il momento di lanciare alcuni progetti. Uno legato alla transumanza e ai suoi percorsi che legano la Valcamonica e la valli bergamasche, attraverso le aste del Serio e dell'Oglio alle provincie padane. Solo trasmettendo con forza le idee del legame tra pecora bergamasca e transumanza è infatti possibile veicolare l'idea della sua specificità e della sua elevata qualità (grande taglia, animale camminatore, quindi adatto alla transumanza ma anche caratterizzato da carni mature e di pregio). Questo progetto: “L'Oglio una transumanza millenaria da conoscere anche a tavola” prende spunto dal fatto che il fiume è già un “fiume gastronomico”. Si tratta di arricchire l'immagine di qualità dell'offerta gastronomica delle attività di ristorazione (ristoranti stellati piuttosto che osterie) con una componente “naturale” ma sin qui quasi sconosciuta (per il semplice fatto che le strutture dell'allevamento pastorale mal si incontrano con quelle della domanda della ristorazione. L'occasione può essere quella di una rassegna gastromica a tema o nell'inserimento – con adeguata visibilità – nelle rassegne che non mancano in questo “distretto gastronomico” della Lombardia orientale.



La sagra della pecora bergamasca

L'altro progetto che punta direttamente a favorire la diffusione della conoscenza della carne ovina bergamasca e delle sue potenzialità è rappresentato dal lancio della prima sagra della pecora bergamasca. Grazie ad ERG questa sagra può essere organizzata, sempre sulla base “filologica” della natura transumante dell'allevamento della razza, in località di tutte e quattro le province della Lombardia orientale articolando tra stagione primaverile e autunnale delle sagre la proposta. In qualunque modo la si voglia considerare ERG per la pecora bergamasca è un'occasione che non si po' perdere.











 



 

 

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