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(29.05.12 - aggiornato 26.11.12)Gli orsi sono pericolosi per l'uomo?

In Trentino, specie dopo il primo attacco a delle persone, infuria la polemica sugli orsi e si chiede un "giro di vite" sugli orsi potenzialmente pericolosi, senza esitare ad abbatterli. Ma gli orsi rappresentano un reale pericolo per l'uomo?  leggi tutto

 

(23.11.12) A Poschiavo chi intorbida le acque sono gli animal-ambientalisti

In una lettera di ieri al Consigliere di stato Cavigelli Silva Samadeni leader di Pro Natura  intorbida le acque proprio alla viglia dell'incontro di informazione sui grandi predatori. Evoca il fantasma di una iniziativa pilotata dall'Italia dalla Lega Nord. Niente di più falso. Ma intanto la preoccupazione dei Poschiavini per la presenza e i danni dell'orso viene attribuita a sobillazione politica, per lo più da partiti stranieri e di "estrema destra". Una maldestra operazione politica che si ritorcerà contro i suoi autori. leggi tutto

 

(07.11.12) Lezioni dalla Val Poschiavo (Canton Grigioni)

Il 23 si terrà a Poschiavo un grande incontro pubblico di informazione sul problema della reintroduzione dei grandi carnivori sulle Alpi. Ci saranno trentini e piemontesi a testimoniare della "convivenza" con questi animali superprotetti. Che l'iniziativa parta da una piccola valle è emblematico dell'importanza dei non distrutti valori di indipendenza, identità e coesione di una comunità alpina   leggi tutto

 

(15.10.12) I poschiavini si ribellano alle bugie di stato (Canton Grigioni)

Il Consigliere di stato (ministro) Cavigelli è stato accolto a Poschiavo dai contadini con le carcasse degli animali uccisi dall'orso M13. Cavigelli ha sostenuto che i problemi derivano dal "non essere abituati alla presenza dell'orso". Bugie. In Trentino sono "abituati" e i problemi aumentano. È una bestia pericolosa che le pallottole di gomma non allontanano dai centri abitati. Ma l'Ufficio caccia cantonale (come si legge nel comunicato sul sito del comune di Poschiavo) diceva: "M13 è un orso tranquillo, che non ha creato problemi". Bugie di stato alle quali i Poschiavini intendono dire basta.

Per smascherarle meglio si prepara (organizzato da Amamont e Ruralpini) un incontro a Poschiavo con il Comitato anti orso del Trentino

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(20.08.12) Alp Week a Poschiavo (5-9 settembre)

Amamont,esclusa dalla Alp Week, scrive alla consigliera federale Leuthard (ministro dell'ambiente): La CIPRA ha operato una discriminazione politica contro una voce alpina scomoda, contraria alla linea della wilderness  leggi tutto

 

(13.08.12) Per gli allevatori piemontesi i danni e le beffe

A Limone Piemonte i turisti e il comune rinfacciano ad un allevatore di essere vittima dei lupi. Dopo aver perso delle manze gravide (proprio dove transita la corsa "La via dei lupi") a Tiziano Aiassa il comune ha contestato la violazione di un regolamento che impone la presenza di un pastore ogni 30 capi  leggi tutto

 

(11.08.12) A Poschiavo (GR-CH) le voci contro l'orso messe a tacere

Che l'introduzione degli orsi e dei lupi sia operazione contro la libertà dei montanari alpini e contro la democrazia è lampante. Una conferma preoccupante è arrivata giovedì sera da Poschiavo leggi tutto

 

(09.08.12) Valposchiavo (GR-CH)"Gli orsi non li vogliamo"

L'orso M13 che scorazza nelle Alpi retiche ha colpito anche gli allevatori della Val Poschiavo. Dopo la dura presa di posizione dell'assessore di Tirano Ciapponi Landi, che ha definito "una follia" la reintroduzione dell'orso in Valtellina, ne è arrivata un'altra altrettanto autorevole dall'altra parte del confine. L'avv. Plinio Pianta, esponente politico poschiavino e grigionese e presidente dell'associazione transfrontaliera Amici delgli alpeggi e della montagna (AMAMONT) ha scritto, a nome dell'associazione da lui presieduta una lettera aperta al Cantone.  leggi tutto

 

(31.07.12) Tirano (So). L'orso in città è un fatto normale?

Orsi a spasso nelle citta? In Valtellina l'orso ha passeggiato indisturbato in area ubana a Morbegno e a Tirano. L'assessore tiranese Bruno Ciapponi Landi non è convinto che sia un fatto così "normale" e, a fronte delle "rassicurazioni" della responsabile del servizio faunistico provinciale sul monitoraggio dell'animale (M13) dichiara pubblicamente di sentirsi ancora più preoccupato per la sicurezza dei cittadini. leggi tutto

 

(08.07.12) Poveri orsi

Esibiti come bestie da baraccone, sfruttati commercialmente, oggetto di voyeurismo, spiati, radiocollarati, attirati da incoscienti fotografi, disturbati da elicotteri, pallottole di gomma e petardi, narcotizzati, catturati in trappole-tubo, uccisi "dai loro amici", "stirati" dalle automobili, castrati e imprigionati. Gli orsi trentini sono le prime vittime della messa in scena della wilderness, sono vittime dell'ipocrisia dominante, che impone la caduta dei confini tra domestico e selvatico, la mitologia ribaltata dell' orso "vegetariano" e della "buona fiera", mescolando escatologia biblica, Disney e... business. Nel mondo ecologista si impone una riflessione. leggi tutto

 

(24.05.12) Strembo (Tn). Esplode la protesta per la strage degli asini. Nasce il Comitato anti-orsi

È stata una donna a dare finalmente il la alla protesta. Si è vista due suoi asini "Beppo" e "Cirillo" sbranati dall'orso e ha reagito. Non solo ha portato personalmente la carcassa di Beppo davanti alla sede del Parco (Adamello-Brenta) responsabile della reintroduzione degli orsi in Trentino, ma ha anche lanciato un Comitato anti-orso che ha subito avuto decine e decine di adesioni anche dalle provincie limitrofe. Per adesioni al Comitato spontaneo anti-orsi telefonare a Wanda Moser al 3483641940 leggi tutto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(25.11.12) Pieno successo della serata organizzata dal comitato spontaneo della Val Poschiavo per informare la popolazione sulle conseguenze del ritorno dei grandi predatori. Viste dal punto di vista della gente

 

 

A Poschiavo trentini e piemontesi

 

raccontano la "convivenza" con

 

i grandi carnivori

 

 

di Michele Corti

 

In una sala gremita, con la gente attentissima, si è svolta una serata intensa, senza polemiche (tranne qualche accenno). Proprio come volevano i promotori del gruppo spontaneo "per una informazione oggettiva sui grandi predatori"


Poschiavo.  Serata all'insegna di un grande senso di civismo e compostezza, quella di venerdì sera a Poschiavo. Alle 20 la sala dell'ex-cinema Rio era già gremita e l'incontro è iniziato alle 20 e 5 minuti (in Svizzera i ritardi "canonici" italiani di 15 o 30 minuti non sono concepibili).  A moderare la serata una figura "terza", una giovane redattrice del periodico locale "Il Grigione italiano" Lara Boninchi Lopes.  Nel preambolo è stato esposto chiaramente il senso della serata che mirava a fornire una informazione oggettiva, sia pure da un punto di vista dichiarato: quello degli abitanti delle zone di montagna e degli allevatori che da anni si confrontano con orsi elupi. E non a parlare di M13.

Di serate di informazione "ufficiale" da parte degli esperti governativi a Poschiavo ne erano state già organizzate due e il comitato spontaneo riteneva giusto sentire l'altra campana, non troppo convinto delle rassicurazioni ufficiali circa la possibilità di convivenza garantita da mezzi quali recinzioni elettriche.  Qualcuno si è lamentato, prima e durante la serata, che  "non ci sia stato contraddittorio, non sia stato invitato WWF".  La campana pro orso, però,  ha già avuto ampiamente possibilità di suonare anche in occasioni in cui il dissenso è stato zittito. Venerdì sera la gente di Poschiavo voleva sentire gente di montagna come loro. E così è stato. Par condicio.

 

 

Prima di dare la parola agli ospiti hanno parlato tre esponenti del comitato: l'avv. Plinio Pianta (presidente dell'ass. transfrontaliera Amamont: amici degli alpeggi e della montagna), l'ex-veterinario Hans Russi (presidente dell'associazione ambientalista locale Pro Bernina) e l'allevatore e alpeggiatore Otmaro Beti.

Le loro sono state introduzioni molto precise e concise, senza alcuna enfasi (tanto è vero che sono state accolte in silenzio, senza applausi). Pianta ha richiamato come a suo tempo la Svizzera abbia aderito alla Convenzione di Berna - la fonte giuridica maggiormente cogente in materia di protezione dei grandi predatori - senza richiedere delle riserve come quelle chieste ed accordate a quei paesi dove la forte presenza di questi animali ne consente la caccia. La Convenzione è del 1979 ed è entrata in vigone nel 1982. All'epoca orsi, lupi e linci in Svizzera non esistevamo. Ora la Svizzera vuole introdurre il diritto da parte dei paesi firmatari di introdurre delle riserve anche successivamente alla firma in relazione a palesi modifiche della situazione. L'Unione Europea è però decisa a bocciare la proposta Svizzera che sarà presentata proprio nei prossimi giorni durante la 32a sessione del Comitato permanente della Convenzione. Una opposizione motivata come al solito da "insufficienza di dati scientifici" e che esprime semplicemente la forza della lobby conservazionista che intende avallare l'idea di una protezione assoluta delle specie in questione indipendentemente dalla dimensione delle loro popolazioni, dai danni che essere arrecano. Come ha ricordato Pianta, però, le Convenzioni non possono annullare la sovranità degli stati firmatari e la Svizzera, di fronte alla bocciatura delle proprie proposte potrebbe anche ritirarsi dalla Convenzione.



Russi ha ricordato i suoi trent'anni di attività come veterinario e la sua conoscenza di ogni aspetto della gestione pastorale in Val Poschiavo. Ha ricordato come metà della popolazione ovina locale (2 mila capi) sia alpeggiata sul versante orografico sinistro su piccoli alpeggi, in ragione della conformazione morfologica. Qui non esiste la possibilità di gestire grossi greggi raggruppandoli di notte. I piccoli greggi, inoltre, consentono di evitare forti concentrazioni di carico di pascolo in alcune zone consentendo un utilizzo più uniforme delle risorse pascolive e una migliore gestione della biodiversità. Ha quindi ricordato le conseguenze negative di una gestione basata su greggi confinati di notte in spazi ristretti e costretti a percorrere lunghi tratti per raggiungere i pascoli.

Beti, che gestisce un grande alpeggio oltre il passo del Bernina - caricato con vacche da latte ma anche con vacche nutrici che partoriscono in alpeggio- ha sottolineato la sua fortissima preoccupazione per la diffusione del lupo oltre che dell'orso. Mentre gli animal-ambientalisti di città hanno festeggiato la prima cucciolata lupina svizzera sul Calanda (presso la capitale Coira) gli allevatori grigionesi non nascondono la loro inquietudine. Così come il veterinario Russi ha messo in discussione l'applicabilità (almeno in molte realtà pratiche), delle protezioni proposte dalle autorità (cani maremmani e recinti elettrici in soldoni), Beti ha contestato la facile soluzione del servizio agricolo cantonale che propone agli allevatori di... evitare i parti in estate. Una soluzione che rimette in discussione la gestione delle mandrie e dei pascoli riducendone di molto la produttività.

 

I predatori sono sempre più abbondanti. Ma sono poi veramente indispensabili?

 

Al termine delle tre note degli esponenti locali è toccato a me raccordare l'introduzione con la parte clou della serata, quella dedicata alle testimonianze di chi ha vissuto e vive sulla propria pelle le delizie della "convinevza" con i grandi predatori. Ho cercato di inquadrare il problema da due punti di vista: il primo relativo al grande cambiamento in atto dello status di queste specie. L'areale del lupo in Europa non solo si sta espandendo ma sta saldandosi in un unica grande area comunicante con l'enorme popolazione russa. L'avanzata dei lupi nelle Alpi ha fatto si che, proprio nei Grigioni, la popolazione appenninica ha cominciato a incrociarsi con quella balcanica. Ma i lupi avanzano anche in Francia dove hanno raggiunto le regioni centrali e tra pochi anni lupi iberici e lupi appenninici si incontreranno. L'avanzata del lupo avviene anche in Germania e attraverso un nuovo corridoio più a nord di quello alpino la popolazione francese potrebbe unirsi a quella dell'Est. In questo contesto parlare di "pericolo" di estinzione del lupo in Europa è ridicolo e la super-protezione garantita dalla Convenzione di Berna e dalla Direttiva Habitat ha solo il senso di favorire un'ulteriore e massiccia diffusione del lupo in nuovi regioni e paesi. In nome di quale necessità? In forza di quale scelta consapevole e democratica con il coinvolgimento delle genti alpine?

Ho illustrato come il Piano d'azione per il lupo in Italia (ma vale lo stesso per le altre specie e altri stati) è espressione dell'autoreferenzialità degli ambienti conservazionisti e delle stesse organizzazioni ambientaliste politicizzate attraverso una catena che comprende il Piano d'azione europeo del lupo (redatto dalla Large carnivore initiative Europe, creata dal WWF), il Manifesto del lupo (redatto dall'Unione internazionale delle organizzazioni ambientaliste), nonché le "esigenze" (è scritto proprio così nelle premesse del Piano) delle organizzazioni ambientaliste italiane istituzionali.



Ho fatto presente che la decisione di diffondere il lupo su tutte le Alpi, contenuta nel Piano, e l'orientamento espresso dal piano stesso volto ad impedire qualsiasi controllo legale del lupo (in Italia non è stato sinora possibile abbattere un solo lupo legalmente) sono decisioni politiche di grave portata per le attività antropiche tradizionali e per la vivibilità della mantagna alpina che è ancora intensamente antropizzata nonostante fenomeni locali di abbandono. L'aver lasciato questa decisione eminentemente politica a un pool di scienziati internazionali è espressione di una cultura tecnocratica, di un autoritarismo e di una presunzione senza limiti.

La parte conservazionista ha potuto sinora operare in questo modo perché gli interessi contrari sono deboli e frammentati e privi di risorse finanziarie, relazionali, mediatiche. La stessa direttiva Habitat, per non parlare delle Convenzioni europee del paesaggio, della Convenzione internazionale sulla biodiversità, della Convenzione europea del patrimonio culturale, impongono che non si possono annullare o destrutturare interi sistemi di gestione pastorale mettendo a rischio razze autoctone, forme culturali, formazioni vegetali (quali alcuni tipi di pascoli alpini) dichiarate di interesse prioritario per l'Unione europea. Se nessuno lo fa presente, però, la potente lobby ambiental-ambientalista sostenuta dai media e dal conformismo culturale delle classi medie urbane va avanti per la sua strada.

Sta alle popolazioni alpine farsi sentire. A Poschiavo hanno iniziato a farlo.

 

In Trentino per l'orso c'è gente che ha cambiato le proprie abitudini che si vede limitata la propria libertà

 

Gli interventi degli ospiti sono iniziati con quello di Wanda Moser di Strembo (Val Rendena). Vanda questa primavera ha ritenuto che la misura fosse colma. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l'uccisione degli asini Rasa e Bepo che Vanda allevava quali animali d'affezione. Presa da una collera incontenibile si è fatta aiutare a caricare il povero Bepo agonizzante su un carro agricolo e lo ha portato davanti alla sede del Parco per protestare contro il ritorno dell'orso. Ma la protesta non è stata un fuoco di paglia. Wanda ha ricevuto centinaia di telefonate di gente preoccupata per i propri figli che giocano in giardino e nei campi gioco, che non va più a raccogliere i funghi, che esce di casa al mattino guardandosi intorno, che ha vissuto attimi di terrore in incontri ravvicinati con i plantigradi subendo quelli che gli "esperti" definiscono "finti attacchi". Saranno finti ma essere inseguiti da bestioni di 2 q.li e passa agilissimi che corrono a velocità di 60 km/h = 17 m/s da confrontare con il record del mondo dei 100 m piani che è di 10 m/s. L'orso insomma riesce ad acchiappare anche il miglior sprinter giamaicano. Gli Yoghi poi si arrampicano sugli alberi come gatti e l'unico modo per sfuggire è gettarsi a terra sperando che l'orso non attacchi in quella posizione inerme.

Sono paure reali, sono episodi reali, danni biologici e psicologici.I sostenitori della reintroduzione degli orsi costi quel che costi se la ridono di queste miserie umane, compatiscono i "pregiudizi" di chi crede alle favole degli orsi pericolosi e le "paure irrazionali" alimentate dai sobillatori. Un atteggiamento da signorotti feudali nei confronti dei "villici". Wanda e tanti altri ne hanno piene le tasche e hanno creato un comitato spontaneo del tutto apartitico.

 


 

Tra i trentini venuti a Poschiavo ha parlato anche Marco Bosetti di Pelugo, gestore del Rifugio Carè Alto nel gruppo dell'Adamello Brenta.

Bosetti ha anch'egli subito a maggio la perdita della sua asina Rasa. Come Wanda non si è limitato a inveire ma ha preso carta e penna e ha scritto una bella lettera al quotidiano l'Adige (articolo sull'Adige). Nella lettera Bosetti non si limitava a spiegare cosa si prova a vedere martoriata un'asina di 12 anni, crescita insieme ai propri figli, utilizzata per gli indispensabili trasporti in malga ma al tempo oggetto d'affetto. Né si limitava a chiedere ai signori del Parco, agli "espertoni", per quale regione il "loro" orso fosse più importante della sua Rasa ma contestava le modalità del progetto Life Ursus (si è costruito a partire dal tetto e non dalle fondamenta) e, in generale, quella tendenza a espropriare la montagna per imporre un modello di gestione del territorio di matrice urbana che, mentre in montagna impone vincoli in nome dell'integrità, "nei centri abitati di fondovalle determina il proliferare di costruzioni, centri commerciali, che nulla hanno a che fare con una gestione oculata dell'ambiente, e all'adozione di modelli economici a lungo andare deleteri. Risultato: distruzione del paesaggio su entrambi i fronti". Già, su entranbi i fronti: qui abbandono, là cementificazione. Il business è massimo. Il territorio spappolato.

Una riflessione politica (e morale) quella di Bosetti nella sua lettera al quotidiano di trento che ha ripreso l'altra sera a Poschiavo insistendo sul valore ambientale e culturale dei pascoli e dei sistemi tradizionali di gestione della montagna basati su saperi frutto di un lungo e sapiente adattamento ecologico. Una rivendicazione di vero ecologismo contro l'ecologismo finto dei verdi.

 

 

Giorgio Sandri, dell'alta Val di Non (al confine con la Val d'Ultimo) ha portato il punto di vista dell'allevamento a scopo di reddito. Ha citato le gravi perdite di ovini subite e ha ripreso quanto anticipato da Russi circa la parziale efficacia dei mezzi di protezione passiva. "Dicono che basta una rete elettrica e te la danno, se la cavano con 100€ e poi dicono che non dovresti avere più danni ma che se non fai comne dicono loro i danni non te li risarciscono più". Parole indignate, ma pacate seguite in assoluto silenzio dai presenti che non facevano fatica a immedesimarsi nei racconti dei trentini. In soli pochi mesi a Poschiavo i danni sono stati notevoli e hanno già potuto constatare l'approccio al problema della "protezione" delle autorità che, a Poschiavo, sono arrivate a intimare di tenere chiusi in stalla gli animali all'inizio di ottobre con il ricaccio dei pascoli bassi da mangiare.

 

 

L'incredibile sequenza di predazioni subite da Tiziano Aiassa

 

Quello che, però, a Poschiavo gli allevatori non conoscono ancora è l'impatto del lupo. Gli allevatori bovini, Otmaro Beti in prima linea, hanno fortemente voluto che l'allevatore piemontese più colpito dai lupi (in modo particolarmente drammatico quest'anno e due anni fa) venisse a Poschiavo. Tiziano Aiassa si è sobbarcato il viaggio e con un amico disponibile ad accompagnarlo e a darsi il cambio alla guida è arrivato. Il suo racconto, con l'escalation di danni di anno in anno, con l'impossibilità di far partorire le vacche in alpeggio, con le immagini di capi bovini adulti sbranati (le immagini più crude sono state evitate per non dare adito a strumentalizzazioni) hanno profondamente colpito l'auditorio. Colpiva il contrasto tra le immagini di serenità del pascolo (come quella delle vacche all'abbeverata che si vede alle spalle di Tiziano nella foto sotto) con la durezza dell'impatto della predazione, con il racconto dei danni economici ma anche delle traversie per ottenere la rimozione delle carcasse, le diatribe con l'amministrazione comunale ecc.

Tiziano ha spiegato, rivolgendosi in primo luogo ai colleghi, che il danno immediato è solo la punta dell'iceberg: lui ha avuto danni e costi per aborti, aninali feriti, animali che devono restare in pianura con costi alimentarielevati. Per non parlare delle tante giornate di lavoro perse tra carte, timbri, telefonate, accertamenti con i veterinari. Forse in Svizzera la "crudeltà burocratica" non arriva a certi parossismi ma un certo dirigismo tecnocratico (che in Svizzera alligna) potrebbe imporre dall'alto misure molto dannose per gli allevatori. Come quella di non alpeggiare le vacche a termine pena la mancata liquidazione dei danni. La preoccupazione era palpabile nell'attento uditorio di Poschiavo. In vallele aziende zootecniche sono una cinquantina (su 5mila abitanti) ma molto radicate nel tessuto sociale e la gente di quello che ha detto Tiziano ne terrà conto.

 

Fatture alla provincia di Trento

 

Di fatto a Poschiavo sono ben consapevoli del fatto che sono i danni indiretti, quelli non riconosciuti e non rimborsati nè in Italia nè in Svizzera quelli più gravi. A Poaschiavo hanno già inviato numerose fatture a Coira (sede del governo cantonale) relative a tutte le spese, i costi supplementari, il lavoro aggiuntivo causato dall'orso. Se a Coira le repingeranno le spediranno a Trento perché è da lì che vengono gli orsi, non orsi naturalmente presenti ma orsi importati in modo improvvido.

 


 

Finite le relazioni sì è sviluppata una discussione vivace ma mai eccitata e tumultuosa. Un accenno di polemica c'è stato quando Antonia Marsetti, giornalista valtellinese della RSI (Radio Svizzera Italiana) ha obiettato che, nelle sette interviste da lei realizzate a Poschiavo, non ha colto quei sentimenti di paura evocati insistentemente nella serata. Pronto ha replicato uno degli intervistati: quel forestale che ha avuto l'incontro più ravvicinato e più pauroso con l'orso (che lo ha inseguito a venti m di distanza). L'intervistato ha accusato la radio di aver manipolato la sua intervista tagliando le affermazioni cruciali. Sarà forse un modo in buona fede (speriamo) per non  "diffondere allarmismi" e per tenere contenuto l'allarme sociale. Ma quanto compatibile con una informazione obiettiva? A parte questa schermaglia (accompagnata, sempre da parte della Marsetti, con la solita messa in discussione delle fonti degli episodi di aggressioni mortali all'orso) la serata è stata improntata a grande compostezza.

 

La convivenza non si può imporre

 

Con grande chiarezza è emerso che alla "convivenza" non ci si abitua. Alla chiara domanda rivolta dai poschiavini ai trentini: "Le cose migliorano con il tempo come ci vogliono far credere le nostre autorità o tendono a peggiorare?" i trentini hanno risposto senza esitazione che va sempre peggio, che gli orsi aumentano e si fanno vedere sempre più frequentemente nei paesi, che i danni e gli episodi "da cagarsi sotto" aumentano, che l'esasperazione cresce. Il tutto però è stato detto, vale la pena ribadirlo ancora una volta, senza isterie, con grande pacatezza.

Un dato che anche coloro tra i presenti che parteggiano per l'orso non potranno non aver registrato. Si spera che essi (e coloro che la pensano come loro) traggano dalla serata alcune serie conclusioni: che la paura non è né inventata, né suscitata ad arte da loschi sobillatori (magari i babau di "estrema destra" o quella Lega Nord che in Lombardia tifa per l'orso), che i grandi predatori destabilizzano l'economia agrosilvopastorale con l'abbandono dei pascoli e della montagna, creano un grave allarme sociale e una fortissima conflittualità. Gli scienziati conservazionisti hanno sempre ripetuto (almeno sulla carta delle pubblicazioni scientifiche) che ogni programma di reintroduzione (specie se "artificiale") non ha alcuna possibilità di succeso senza il consenso e la partecipazione.

Molti ambientalisti, però, pensano di piegare la resistenza degli ignoranti arretrati montanari con mezzi subdoli, con la disinformazione, o semplicemente con l'imperio dello stato e dei suoi apparati di controllo (i verdi sono pur sempre i discendenti dei giacobini). Le persone di buon senso dovrebbero comprendere che le proteste dei montanari e dei pastori non sono frutto di pregiudizio e ignoranza e che, al contrario, rispecchiano una saggezza ecologica molto più profonda delle astrazioni ecologiste urbane. Luigi Boitani qualche settimana fa a Trento ha detto che il conflitto sociale sul tema dei predatori non può superare una certa soglia e che per prevenirla è necessario applicare il controllo delle popolazioni lupine, anche con la caccia.

Chissà se i piccoli funzionari e i piccoli ecologisti da salotto l'hanno capita? Chissà se capiranno che la reintroduzione dei grandi predatori non può essere resa "indisponibile" al meccanismo decisionale democratico, che hanno troppo gonfiato la costruzione sociale "ritorno dei grandi predatori vindici della natura incontaminata". Se scendono dal piedistallo e accettano di capire che in democrazia ci sono interessi e valori che concorrono e che non si possono calpestare sentimenti, leggi fondamentali, interessi legittimi in nome di un nuovo "vitello d'oro" al quale ogni altro valore deve prostrarsi forse si potrà discutere insieme.

 


Appendice. Una piccola "internazionale" pan-alpina per la difesa dai grandi predatori

 

In coda segnaliamo come all'incontro di Poschiavo abbiano aderito anche gli amici francesi dell'associazione Le loup et les Indignés de l'Ubaye di cui su Ruralpini abbiamo già parlato in più occasioni (vedi l'articolo sull'incontro pastoralista sul lupo di Barcellonette del giugno 2012) e quello dedicato alla nascita dell'associazione nell'ottobre 2011 (vai all'articolo). Ecco di seguito la lettera che mi ha inviato Pierre Martin Charpenel, il presidente degli Indignés. È veramente interessante constatare come in Francia, in Piemonte, in Lombardia, in Trentino in Svizzera (ci sono anche amici vallesani e ticinesi mobilitati sul tema) si sia arrivati in modo indipendente alle stesse valutazioni non solo sull'inaccettabilità dei danni inferti ma anche sul significato sociale e ambientale del "ritorno dei grandi predatori")

 

Mesdames, Messieurs,

Je regrette sincèrement de ne pas avoir pu venir parmi vous ce soir, et aussi de ne pas pouvoir découvrir votre vallée.

Pendant des dizaines d'années trop de personnes (dans tous les pays) n'ont pas porté attention à l'environnement, avec de nombreuses pollutions qui auraient pu être évitées, avec beaucoup de négligences envers la nature. Ce ne sont pas les ruraux, les gens des campagnes les premiers responsables, mais hélas, c'est nous tous qui subissons les conséquences d'une prise de conscience écologique qui va désormais beaucoup trop loin.

En effet, maintenant, certains extrémistes en sont arrivés à nier le rôle fondamental de l'homme dans la nature.

Ici, dans les Grisons, certains idéalisent l'ours et veulent vous l'imposer. Dans ma vallée à Barcelonnette, dans les Alpes du Sud, le loup sévit depuis près de 20 ans, il fait des dégâts énormes dans les troupeaux d'ovins et l'activité traditionnelle du pastoralisme est menacée de disparition.

Il ne faut pas que seuls éleveurs touchés par ces prédations réagissent. C'est toute la population de nos vallées qui doit agir et faire comprendre aux pouvoirs publics, aux responsables politiques, aux populations des villes que cette situation est totalement injuste et dangereuse pour notre avenir en montagne

En effet, chacun de vous doit faire savoir, expliquer que :

- La nature "sauvage" (dite "sauvage") a disparu de nos Alpes depuis des millénaires. Cette nature est une utopie dans l'Europe actuelle.

- En montagne, le paysan, le pasteur sont des acteurs indispensables pour maintenir la richesse de la biodiversité (comme preuve : le 1er Inventaire Européen de la Biodiversité se déroule dans le Parc Alpi Maritime et le Parc du Mercantour, où l'on sait que des bergers sont présents depuis l'époque néolithique !).

- Cette biodiversité est un objet culturel collectivement construit entre nature et actions de l'homme [Laurent Garde].

- Les paysages de nos Alpes sont le résultat du travail de l'homme depuis des millénaires. Il faut donc encourager le pastoralisme en légitimant son statut d'acteur majeur du développement durable de nos montagnes

- Si les Alpes sont le "terrain de jeux" de tous les citadins d'Europe, si nous avons une fréquentation touristique importante c'est par la qualité des paysages façonnés par l'homme, c'est parce que la montagne a un visage humain, et qu'elle est entretenue. Une montagne dite "sauvage" serait infiniment moins attirante.

- L'homme des montagnes appartient à la nature, il la respecte comme l'ont fait ses aïeux. En autorisant la présence de grands prédateurs, on risque de faire partir l'homme. Si cela arrivait la nature et la biodiversité se dégraderaient, ce serait une perte considérable.

- Les grands prédateurs viennent donc créer un déséquilibre, alors que certains affirment qu'ils sont indispensables Ceux-là voudraient voir l'homme disparaître des montagnes au nom d'une nature utopique.

- En résumé il faut faire reconnaître le rôle fondamental de l'agro-pastoralisme dans l'équilibre socio-économique de nos vallées, rappeler sans cesse sa dimension patrimoniale et son rôle fondamental pour la préservation de la biodiversité de nos territoires.

Notre petite association, avec peu de moyens, en répétant ces arguments, est parvenue à sensibiliser la presse locale, la presse nationale et de nombreux médias. Notre objectif était en effet de convaincre le grand public, le public des villes, qu'il n'est pas possible de laisser ces grands prédateurs "démolir" nos montagnes, sachant qu'en outre leur gestion coûte très cher (le loup coûte plus de 20 millions d'euros à la France).

Nous avons travaillé en parallèle avec le pastoralisme et les organisations agricoles. Les journalistes ont été surpris de voir que des personnes étrangères au monde paysan s'occupaient de cette question. Nous leur avons expliqué que notre action était simplement une volonté de justice mais aussi de préservation de la qualité paysagère de nos montagnes, notre premier patrimoine.

Nous avons accueilli pendant plus d'un mois un écrivain pour le sensibiliser à l'utopie qu'on nous impose avec les grands prédateurs. Depuis, il travaille sur le sujet et doit publier un livre - destiné au grand public - sur le retour du loup en France. Lors de sa parution il viendra confondre les intégristes de la "nature sauvage", il fera "pencher la balance" du bon côté, alors que trop d'écologistes, depuis trop longtemps ont répandu des mensonges au nom d'une idéologie qui nie le rôle fondamental de l'homme dans nos Alpes.

Courage à tous les habitants du Val de Poschiavo !

Regroupons-nous à travers les Alpes, mais aussi avec les Pyrénées où on a introduit l'ours !

Nous gagnerons parce que nous plaidons une cause juste, celle des travailleurs et des habitants de la montagne !


 

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