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                            (11.08.11) La 
                            sempre partecipata festa di Sant Amàa (Plesio, 
                            Co) per il secondo anno si è associata alla 
                            benedizione dei frutti dei pascoli (i formaggi) 
                            e alla cerimonia del taglio della prima forma 
                              
                            Sui 
                            pascoli di Plesio si rinnovano cerimonie antiche 
                              
                            testo 
                            e foto di Michele Corti 
                            
                                A 
                                Sant' Amàa e alla vicina Alpe Nesdale 
                                si rinnovano riti antichi di celebrazione della 
                                fecondità del bestiame e dei pascoli. 
                                Qui si vede che il cibo è sacro, frutto 
                                dei doni del creato, della terra, dell'erba, 
                                degli animali, del lavoro dell'uomo. La dimensione 
                                profana e persino empia dell'eccesso e dello 
                                spreco alimentare, della natura stuprata e degli 
                                animali ridotti a cose, che valgono un tot al 
                                kg, è lontana. Venissero in tanti quassù 
                                  
                             
                         
 Il Signore fece salire il suo popolo sulle alture della terra e lo nutrì (Dt 32, 10c-14). 
                          
                        
                            
                                Sono 
                                passate quasi tre settimane dalla festa di Sant 
                                Amàa ma non voglio rinunciare a parlare 
                                di questo evento. Lo scorso anno (vedi il resoconto 
                                scritto qui su Ruralpini Una rinascita: Alpe Nesdale (Plesio)) 
                                alla tradizionale festa di Sant Amàa 
                                (Mamete) si era associato un evento presso il 
                                vicino alpe Nesdale che celebrava la riattivazione 
                                in grande stile di questo alpeggio dopo anni di abbandono. 
                                Caricato dalla famiglia Albini di Germasino 
                                l'alpeggio aveva ricominciato a produrre il 
                                pregiato formaggio grasso d'alpe misto capra del 
                                massiccio del Bregagno e delle valli di Dongo che l'autorevole Inchiesta sui pascoli alpini 
                                della provincia di Como del 1912 definiva "tipo 
                                Bitto". Per l'occasione si era 'inventata' 
                                (o forse reinventata) una cerimonia del 'taglio 
                                della prima forma' cui era stata associata la 
                                benedizione  dei fabbricati, 
                                del bestiame, delle persone e dei pascoli da parte del parroco. Una 
                                cerimonia dal sapore antico ma quanto mai attuale 
                                in un frangente di totale disorientamento valoriale 
                                e di ricerca di solidi riferimenti a partire 
                                dalla riflessione sul significato del cibo, 
                                dell'uso della  terra, del ruolo degli 
                                animali (domestici e selvatici). Quest'anno 
                                il tutto è stato ripetuto ed anzi sottolineato, 
                                enfatizzato. Premessa per la riattivazione di 
                                antiche tradizioni che vorrei venissero trasposte 
                                anche in altre realtà della nostra Lombardia, 
                                terra quanto mai ricca di alpeggi ma anche  
                                un po' (tanto) matrigna nei  loro confronti 
                                e della montagna 
                                in generale. Sottolineo matrigna perché 
                                la fertilità della pianura è legata 
                                sì al lavoro, all'intelligenza tecnica e 
                                ai capitali necessari a creare la rete irrigua 
                                ma anche allo stallatico delle mandrie, 
                                al lavoro, all'intelligenza dei mandriani che per secoli sono 
                                scesi dalle montagne per 
                                svernare alla Bassa con le loro mandrie e che vi 
                                risalivano regolarmente per 
                                l'alpeggio a ogni primavera.   
                             
                         
                          
                          
                          
                        La 
                        Festa di Sant'Amaa (Mamete di Cesarea) si celebra tradizionalmente 
                        presso l'oratorio alpestre, risalente al XVI secolo, 
                        dedicato a questo santo. La figura del martire (nato 
                        e morto a Cesarea di Cappadocia nel III secolo) ha assunto 
                        contorni leggendari. Le genti del Lario lo hanno identificato 
                        con uno dei mitici sette santi eremiti che da punti 
                        strategici in prossimità delle vette si scambiavano 
                        segnali, una leggenda che trae origine - confondendo 
                        un po' le cose - dalla rete altomedioevale di torri 
                        di segnalazione. Certo è che mentre in oriente 
                        Mamete è un santo molto venerato e conosciuto 
                        in occidente il suo culto è 'specializzato', 
                        legato ad ambienti pastorali. Mamete (Amàa nella 
                        parlata locale) era nell'agiografia un pastore, fuggito 
                        nella 'wilderness' per evitare le persecuzioni. Le cerve 
                        e altre bestie selvatiche si lasciavano mungere da lui 
                        e ad esse il santo predicava il vangelo. In questa predicazione 
                        agli animali c'è qualcosa di molto etrodosso 
                        rispetto ad una visione teologica cattolica ed è 
                        evidente che Mamete assume molti contorni di una divinità 
                        precristiana. Mamete, vista la sua potenza lattogena, 
                        divenne patrono delle balie ma era invocato 
                        anche dai pastori per propiziare abbondanti lattazioni. 
                         Un santo così non poteva che cascare a 
                        fagiolo in un sito al centro di un grande e importante 
                        comprensorio pastorale, un sito sicuramente sacralizzato 
                        da epoche remote anche per il suo trovarsi in una posizione 
                        particolare, ai piedi della Grona e del Bregagno (due 
                        montagne che sovrastano il Lario), tra la val Menaggio 
                        e la val Senagra, nei pressi di un bosco (Varöö) 
                        che non è mai stato disboscato (sacro?). È 
                        difficile non ritenere che qui i culti pastorali si 
                        svolgessero da epoche molto antiche e che la dedicazione 
                        a Mamete abbia rappresentato solo un anello di una lunga 
                        catena di trasposizioni di divinità pastorali 
                        nel passaggio delle culture e delle epoche. Del resto 
                        a Plesio quello che è l'attuale Santuario della 
                        Madonna di Breglia (Signora del Cielo) sul Gordola (una 
                        emergenza ben visibile dal Lario) era un osservatorio 
                        astronomico celtico. Qui i riti dell'antica religione 
                        hanno continuato ad essere celebrati sino nel medioevo, 
                        fin quando sono arrivati i Domenicani del convento di 
                        S.Maria (giù sul lago) a sistemare le cose. 
                          
                          
                        
                            
                                  
                                Durante 
                                la messa a Sant Amàa affiora qualche 
                                elemento della commistione tra elementi cristiani 
                                e 'pagani' o, per meglio dire, della nostra 
                                antica religione europea. Il che offre la sensazione 
                                rasserenante di una continuità che va 
                                oltre le espressioni formali della religione, 
                                della sopravvivenza di radici profondissime, 
                                difficili da sradicare del tutto. 
                             
                         
                         Il cervo (maschio 
                        a differenza delle cerve di Mamete) è presente come emblema 
                                dei cacciatori che hanno organizzato la festa 
                                costituendo il 'nerbo' delle forze della Pro 
                                Plesio, una nuova aggregazione che comprende 
                        le varie realtà associative della comunità. Appeso sulla facciata dell'oratorio 
                                campeggia un bel palco. Un richiamo a S. Uberto, 
                                patrono dei cacciatori, ma che rimanda anche 
                                a tanti altri significati. 
                          
                          
                          
                        Se 
                        il palco del cervo è 'giustificabile' con S.Uberto 
                        con quale santo lo è la presenza 
                        di un bel salame a fianco della croce murata sulla 
                        facciata dell'oratorio a ricordare i quattrocento anni della dedicazione  (a.d. 1592)? La risposta, un po' banale, 
                        rimanderebbe a Sant'Antonio abate (nella cui storia 
                        ed iconografia  peraltro il ruolo del porcello 
                        era quello di trasfigurazione del demonio tentatore). 
                        Sant'Antonio a parte quel collocare una icona del cibo 
                        'ricco' come il salame in uno spazio sacralizzato, potrebbe 
                        apparire un po' blasfemo a chi  nutre una distorta considerazione 
                        dei profondi valori della religiosità popolare 
                        (compresi tanti criptoprotestanti nei ranghi ecclesiali). 
                        A me, invece, pare bellissimo. 
                        Una risacralizzazione del cibo. In questo contesto di 
                        pascoli e montagne a 1600 m di quota al cospetto di 
                        un panorama tra i più belli al mondo è 
                        un invito a ripurificare il cibo e noi stessi.  
                          
                          
                          
                        Durante 
                        l'omelia il parroco, Don Daniele Crosta,  riserva parole molto belle e appropriate 
                        ai pascoli, agli alpeggi, al lavoro degli alpigiani 
                        e al suo significato. Non è facile trovare 
                        pastori sensibili ai temi della ruralità, della 
                        montagna rurale. Ve ne sono, per fortuna, ma non abbastanza 
                        per allontanare l'idea di una chiesa sempre più 
                        allineatasi, in epoca post-conciliare, con la cultura 
                        urbanocentrica, con l'intellettualità progressista. 
                        Poco hanno potuto  figure come Maggiolini, 
                        il compianto 
                        vescovo di Como che,  isolato e controcorrente, 
                        ha cercato di richiamare il valore della tradizione 
                        non esitando a indicare come i peggiori nemici della 
                        chiesa si trovano al suo interno. 
                         
                          
                          
                          
                        Dopo 
                        la messa il pranzo campestre. Mangiano tutti seduti 
                        sull'erba, cucinano i cacciatori. La carne è 
                        ben cotta, come la polenta, ma perché non tentare 
                        di cambiare registro, di valorizzare di più i 
                        prodotti dell'alpe? Ne discuto con gli chef. Mi fanno 
                        presente che cucinare la carne alla piastra non richiede 
                        attrezzature di cucina ed è più agevole 
                        'al campo'. Sarà, ma resto delll'idea che sarebbe 
                        ora di promuovere un modello di festa un po' meno 
                        carnivora e che si possa cucinare anche altro oltre 
                        a polenta, salamelle e costine.  
                          
                          
                          
                        In 
                        ogni caso l'impegno dei volontari è notevole. 
                        Non solo questi cacciatori sono quelli che puliscono 
                        i sentieri e accorrono a spegnere gli incendi boschivi 
                        ma ora sono qui a cucinare per gli altri. Con passione. 
                        I verdi da salotto non mancano anche da queste parti. 
                        Si sono fatti sentire per lapidare (metaforicamente) 
                        il sindaco Fabio Conti che ha fermamente voluto realizzare 
                        la strada che sale quassù. Ma senza la strada 
                        l'alpe Nesdale (dove ci trasferimemo dopo il pranzo) 
                        e l'alpe Rescascìa (che si incontra salendo a 
                        Sant'Amaa e che resta in comune di S. Siro) sarebbero 
                        abbandonate. Lo scorso anno Rescascìa era ancora 
                        deserta. Quest'anno anche lì ci sono mucche da 
                        latte (purtroppo non c'era tempo di scattare foto).  
                          
                          
                          
                         Prima 
                        di spostarci da Sant Amàa diamo uno sguardo al 
                        panorama. Anche se non è certo la prima volta 
                        che salgo quassù ne vale sempre la pena. Anche 
                        perché la giornata è limpida. Siamo alla 
                        fine di luglio ma l'aria è frizzante, primaverile. 
                        Oltre ad una vista su buona parte del Lario (sopra) 
                        voltandosi verso ovest si vede, più in lontananza, 
                        il Ceresio (sotto). 
                          
                          
                          
                        Gradualmente 
                        i partecipanti si spostano verso l'alpe Nesdale che 
                        dista 1,5 km a quota leggermente inferiore di Sant Amaa. 
                          
                          
                          
                        I 
                        fabbricati dell'alpe si distinguono bene in lontananza 
                        circondati dalla distesa dei pascoli che si fanno più 
                        verdeggianti (come si vede anche nella foto sopra) nella 
                        piana sotto i fabbricati stessi. 
                          
                          
                          
                         Arrivati 
                        all'alpe ci dirigiamo quasi subito nella cantina. Qui 
                        Marco Imperiali (tecnico caseario e maestro assaggiatore 
                        Onaf con il quale ho collaborato già ad altre 
                        iniziative) si incarica di scegliere la forma per la 
                        cerimonia del taglio. Dopo aver accuratamente tamburellato 
                        sul piatto di alcune forme viene prescelta quella 
                        che 'suona' come la  migliore. 
                          
                          
                          
                        In 
                        cantina Ivan Albini (il giovane caricatore) è 
                        in compagnia di un nipotino. Le nuove leve dell'alpeggio 
                        sono già pronte. Almeno qui. 
                          
                          
                          
                        Intanto, 
                        nella corte,  il parroco, pronto per le benedizioni guida 
                        i cori di montagna dei parrocchiani. Non si può 
                        non ammirare questo pastore che, costretto a lasciare 
                        il suo gregge per gravi motivi di salute continua a 
                        comunicare ai suoi serenità e fede.  
                         Sotto un gazebo sono stati 
                        predisposti i formaggi. Prima per la benedizione e poi 
                        per la degustazione. 
                          
                          
                          
                        Oltre 
                        alla forma di formaggio grasso misto scelta da Marco 
                        vi sono, di corteggio, della semüda (formaggio 
                        magro primaverile prodotto sempre dagli Albini), una 
                        masc-carpa fresca e un zingherlin (masc-carpa 
                        stagionata cosparsa di pepe). 
                          
                          
                          
                        La 
                        benedizione riguarda non solo i formaggi, frutti del 
                        pascolo così come il vino è il frutto 
                        della vigna e il pane quello del campo, ma anche i pascoli 
                        stessi, le persone che lavorano in alpeggio e le bestie.  Pare 
                        scontato parlare dei frutti dei pascoli  ma oggi 
                        una subdola propaganda ha instillato nella gente di 
                        città (e non solo) l'idea che la montagna non 
                        sia qualcosa che - come da millenni - produce cibo, 
                        indumenti, calore ma un grande Parco, inteso a volte 
                        come Luna Park altre (ma sono due facce della stessa 
                        medaglia) come Santuario della natura (questo sì 
                        'pagano' nell'accezione idolatra,  materialista, 
                        nichilista). Gli animali domestici provocano un 'disturbo', 
                        gli alpigiani sono quasi lì abusivamente, guai 
                        poi se chiedono strade e fabbricati un minimo confortevoli. 
                        Se insistono a restare in montagna che vivessero nelle 
                        spelonche.  
                        
                          
                        È 
                        bello vedere benedire i pascoli 
                          
                        Un tempo queste benedizioni erano eseguite in tutti 
                        gli alpeggi e rivestivano un ruolo importante. Oggi 
                        il significato non è più legato come un 
                        tempo alla fiducia nella  potenza magica del 
                        prete e negli amuleti benedetti ma all'invocazione della 
                        protezione e della benevolenza divina. Una protezione quanto 
                        mai necessaria considerato che solo qualche giorno prima 
                        Ivan e il padre sono usciti indenni da quello che poteva 
                        diventare  un incidente tragico. Un fulmine è caduto 
                        sul fabbricato distruggendo l'impianto elettrico (compresi 
                        tutti gli accumulatori dei pannelli fotovoltaici), lasciando 
                        un gran puzzo e scaraventando 
                        a terra i nostri alpeggiatori appoggiati alla struttura 
                        metallica del carro di mungitura. Anche tra il bestiame fortunatamente non ci 
                        sono state serie conseguenze. Ora si pensa a lavori 
                        di messa in sicurezza (con la realizzazione di una gabbia 
                        di Faraday) dei fabbricati che il parafulmine non ha 
                        protetto più di tanto. 
                          
                          
                          
                        Dopo 
                        la benedizione del parroco tocca al sindaco proseguire 
                        nel rituale del taglio della prima forma. Marco ha scelto 
                        bene: la forma è bella con un'occhiatura relativamente 
                        rada, abbastanza ben distribuita, di dimensioni contenute . Si rivelerà 
                        anche buona.  
                          
                          
                          
                        Il 
                        sindaco va giustamente fiero di questo alpeggio che 
                        ha visto concentrarsi gli interventi dell'amministrazione 
                        comunale. Questa estate i lavori di potenziamento dell'alpeggio 
                        proseguono. Dopo aver migliorato gli spazi per l'attività 
                        degli alpigiani si stanno realizzando diciotto posti 
                        letto tra un camerone e due stanze. Saranno a diposizione 
                        di cacciatori ed escursionisti. Il sito è 
                        di grande importanza come snodo di itinerari: la via 
                        dei monti lariani, il sentiero delle 4 valli. Il sindaco, 
                        che è anche assessore all'agricoltura della comunità 
                        montana vorrebbe ragionare in termini di comprensorio. 
                        Avrebbe voluto prolungare la strada verso la val Cavargna 
                        (alpe Rozzo di Cusino) e verso la costiera del Bregagno 
                        (alpe Sumero). Ma tra disinteresse degli altri sindaci 
                        e le opposizioni dei verdi da salotto la cosa è 
                        sfumata. Alla cerimonia non ci sono politici o altri 
                        sindaci. È però presente la Regione Lombardia 
                        nella persona del Dr. Alberto Lugoboni (foto sotto) 
                        dirigente della struttura sviluppo della montagna che 
                        rappresenta anche l'assessore De Capitani. Oltre al 
                        parroco e al sindaco gli unici interventi sono il mio 
                        e quello di Lugoboni. Il rappresentante della regione 
                        assicura l'interesse strategico della regione per gli 
                        alpeggi da inquadrarsi anche nelle nuove linee della 
                        Pac che punterà finalmente sulla montagna e l'agricoltura 
                        sostenibile ridimensionando il sostegno all'agribusiness. 
                        Speremm.  
                          
                          
                          
                        Marco 
                        Imperiali (sotto) dopo i riti e i discorsi illustra i formaggi 
                        che saranno oggetto di degustazione. La gente è 
                        molta e non si trattiene dal mettere i campioni di formaggio 
                        sotto i denti. Così mentre si stanno tagliando 
                        ancora delle porzioni i primi hanno già terminato 
                        l'assaggio. Pazienza. La tempistica era difficile da 
                        rispettare e la 'degustazione guidata' salta.  
                          
                          
                          
                          
                        Però 
                        la gente che ha partecipato pare soddisfatta. L'idea 
                        che l'alpe rappresenti un patrimonio materiale e immateriale 
                        della comunità locale si è rafforzata 
                        nei presenti.  
                        I discorsi sono stati concreti e non d'occasione, 
                        la bontà dei formaggi e il paesaggio dei pascoli 
                        rappresentano  prove convincenti del significato 
                        del mantenimento degli alpeggi. 
                        Si è parlato di realizzazioni, di impegni 
                        della regione con fior di soldoni per il settore ma 
                        non 'a pioggia' bensì mirati a sostenere realtà 
                        come questa, dove un'azienda con diversi famigliari 
                        impegnati, con dei giovani punta le sue carte principali 
                        e il suo futuro. Il tutto in sostanziale sintonia - tranne qualche 
                        incomprensione - con l'amministarzione comunale.  
                          
                        Segni 
                        visibili di una presenza operosa e feconda 
                          
                        Qui 
                        turismo, gastronomia, valori sociali,  culturali , morali, 
                        appaiono 
                        suscettibili di fondersi in modo armonico facendo fruttare 
                        gli investimenti e il tanto impegno profuso. La giornata 
                        è stata vissuta intensamente dai partecipanti 
                        ed ora alla spicciolata si mincamminano per tornare 
                        a valle. In chiusura ci tengo a mostrare un particolare 
                        che mette in evidenza un alpeggio 'vivo', che assolve 
                        in pieno ai suoi ruoli 'sostenibili'.  
                        Le cataste di 
                        legna accumulate a fianco del fabbricato denunciano 
                        una efficace opera di 'rinettamento' del pascolo dai 
                        cespugli ma danno anche l'idea di quanta legna serva 
                        per i fabbisogni della lavorazione del latte, specie 
                        qui dove si cuoce la cagliata a 50°C e si fa molta 
                        masc-carpa (con il siero scaldato a 90°C 
                        o quasi). Tutte bombole di gas risparmiate, tutto pascolo 
                        recuperato.  
                          
                          
                          
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                         
                        
                        
                                                 
                        
                          
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