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Punti vendita CASEIFICIO F.lli BEZZI

Nei mesi estivi a Case di Viso  in inverno a Ponte di Legno, vicino alle Scuole in centro paese.

Ponte di Legno  - vicolo Plaz dell'Orto, 15 25056 (BS)

Andrea: 0364 92446 335 6921753 andbezzi@libero.it

Fabio: 347 3140173

 

(22.06.11) L'alpeggio Case di Viso in alta val Camonica rappresenta una nota attrazione turistica. Gran parte della sua attrattiva, però, è legata al fatto che i pascoli vengono ancora utilizzati e che si continua a produrre un ottimo formaggio

 

Alpeggio Case di Viso: bello perché vivo (e buono)

testo e foto di Michele Corti

Visita ad uno degli alpeggi più turistici delle Alpi che giace in una valle ridente di verdi pascoli. Viene da chiedersi, però, fino a che punto lo stesso Parco dello Stelvio si renda conto che senza un malghese - meso nelle condizioni di eseguire al meglio il suo lavoro - tutto questo non si consrverebbe tale

 

Le Case di Viso sono molto note in val Camonica (e anche al di là di essa). Sono un esempio di un villaggio in quota che ha saputo conservare le caratteristiche architettoniche tradizionali. Una conservazione in parte  legata ai vincoli imposti dal Parco ma, in larga misura, all'affetto di molti proprietari per le baite lasciate dai vecchi e la conseguente cura puntigliosa nella loro conservazione. A tutt'oggi sono pochi i fabbricati venduti a bresciani o milanesi e, ancor meno, quelli che hanno subito la trasforazione in forme simil-villa. Una sola copertuna in lamiera e una solo rivestimento con intonaco bianco testimoniano della volontà collettiva di conservare alla Case di Viso un aspetto omogeneo. Non si vedono cancellate, perline, mansarde, balconi in cemento armato con ringhiere in ferro ma balconate in legno, porte di legno massiccio.

 

 

Negli ultimi anni l'attenzione alla qualità architettonica dei fabbricati è persino aumentata, tanto che in alcuni esempi di ristrutturazione si ritorna al sistema tradizionale di rivestimento con malta naturale a 'raso pietra' (foto sotto). La tecnica di finitura era stata abbandonata dopo la disastrosa valanga del 1986 che aveva raso al suolo parecchi fabbricati ricostruiti poi con pietra a vista (spesso, però solo come rivestimento di murature in mattoni di cemento).

 

Va precisato che se un tempo questo era l'alpeggio di Pezzo, il paese più alto della val camonica a quasi 1.600 m di altitudine. Un paese un tempo diviso tra contadini-piccoli allevatori e pastori ransumanti con grosse greggi. Le famiglie di Pezzo con bestiame utilizzavano per l'alpeggio i pascoli della valle di Viso a monte del paese. La proprietà del pascolo è rimasta sino ad oggi comunale mentre nel tempo l'attuale insediamento di Case di Viso divenne di proprietà privata delle singole famiglie che oltre al terreno ove sorgono le baite diponevano di strette parcelle di prato falciabile nell'immediate vicinanze dell'agglomerato. Alla sera le poche vacche venivano ricoverate nelle stallette poste al livello inferiore dei fabbricati e il prezioso letame serviva ad ingrassare i prati.

 

 

Alle Case di Viso i gruppi di famiglie di una contrada del villaggio mantenevano una loro aggregazione e l'insegiamento era diviso in mini-quartieri ciascunod ei quali faceva riferimento a un piccolo caseificio utilzizato a turno dalle 4-5 famiglie che vi facevano capo. Questi piccoli 'caselli' sopravvivono ancora oggi, trasformati in piccole baite di abitazione (la richiesta è forte, esseno ritenute le Case di Viso un posto chic). Si distinguono per la copertura ad una falda inclinata verso l'Arcanello, il torrente (ramo dell'Oglio) che scorre impetuoso a fianco dell'abitato. I caselli sorgevano in fregio al fiume per un motivo molto pratico: con al sua energia le acque facevano girare le pale in legno di piccoli mulini che, a loro volta, facevano funzionare le zangole per la burrificazione.

 

 

Le Case di Viso rappresentano una meta ideale per gli escursionisti, sia quelli che si accontentano di raggiungere il laghetto appena a monte dell'alpeggio sia per quelli che proseguono lungo i numerosi e interessanti itinerari che portano al Rifugio Bozzi (2.487 m) e di qui ai vari passi che portano in Trentino (a Pejo). La cresta tra la valle di Viso e Pejo coincideva con la prima linea della Grande Guerra e qui fu combatuta intensamente la 'guerra bianca'. Il Museo della 'guerra bianca' (sede a Temù) cura la visita a diverse postazioni militari. Lo stesso rifugio Bozzi sorgeva dove era stata eretta una casermetta distrutta durante il conflitto. Le stesse vie di acesso a Case di Viso fanno parte della rete di strade militari che assicuravano i collegamenti tra le prime linee e le retrovie. Grazie a queste pere l'accesso all'alpeggio è possibile sia in auto mediante strada (asfaltata) da Pezzo (con grande parcheggio) che in MTB direttamente da Pontedilegno attraverso uno sterrato.

A sottolineare la 'vocazione turistica' di questo alpeggio va citato anche il collegamento con mini-bus da Pontedilegno che consente di arrivare senza fatica ma anche senza 'caricare' di auto la strada e il parcheggio.

 

C'è persino una particolare forma di 'mobilità sostenibile': l' 'asinovia' organizzata una volta la settimana da Adamello ski (agenzia di promozione turistica) per la gioia dei ragazzi che vogliono provare l'esperienza di cavalcare un asino. Nella foto sotto (scattata dall'interno del caseificio Bezzi) vediamo il passaggio della comitiva 'asinomontata'.

 

 

In tutto ciò qual'è il ruolo dell'attività dei nostri amici malghesi e pastori? Facile a dirsi: la valle non sarebeb la stessa. Non sarebbe aperte e ridente, inondata di luce. La vista non potrebbe spaziare. La trasformazione in bosco e arbusteto sarebbe rapida se non ci fosse la mandria bovina di Andrea Bezzi e del fratello e le pecore del cugino Moreno. Dividendosi il lavoro in modo oculato le pecore pascolano le sponde più ripide e incespugliate mentre le vacche da latte il fondovalle e la base dei versanti. Il paesaggio si presenta ridente e ordinato perché un sistema di pascolo razionale previene il degrado e 'cura' le conseguenze dell'abbandono o di un pascolo disordinato del passato.

 

  

 

Oltre al pascolo i fratelli  Bezzi praticano anche lo sfalcio. Per loro significa una piccola ma preziosa scorta di 'balloni' per l'inverno, per chi abita le 'Case' un servizio. Ai tanti proprietari particellari l'azienda Bezzi riconosce anche un pezzo di formaggio ben stagionato, un modo per mantenere buoni rapporti e fare partecipi della gestione dell'alpeggio anche gli occupanti delle case di vacanza.

La qualità dell'erba, garzie alla buona tenuta dei prati, è facilmente verificabile sulla base della densità e 'finezza' del manto erboso e della presenza di buone essenze foraggere. A questa qualità pabulare corrisponde anche una buona qualità estetica.

Le sponde più ripide e inarbustite sono utilizzate dal gregge di Moreno Bezzi. Grazie a loro il grado di incespugliamento sta regredendo a vista d'occhio da qualche anno in qua .

Più difficile da recuperare i segni del degrado del pascolo rappresentati dal romiceto. Nella foto sopra vediamo - in secondo piano, oltre il fiume che non si può vedere - una delle aree quasi totalmente coperte da Rumex alpinus (poligonacea). È riconoscibile per la colorazione ruggine degli scapi fiorali (alti siono a un metro) da cui si svilupperanno numerossissimi semi. Quasta infestante dei pascoli alpini, poco o nulla appetita dal bestiame e di scarsissima qualità nutritiva, una volta insediata regredisce solo nell'arco di decenni. Il meccanismo è relativamente semplice: si diffonde grazie alla sua grande tolleranza per un'eccessiva presenza di nitrati nel terreno, poi compete efficacemente con le piante erbacee di limitata altezza togliendo loro la luce con le sue larghe foglie. Pianta molto longeva il romice alpino è anche molto resistente agli effetti del calpestamento e all'estirpazione. Il lungo e robustissimo fittone è difficilmente estirpabile e, rimasto nel terreno, consente alla pianta di ricacciare. Ppi dissemina moltissimo. Il risultato è che quando si insedia poi sono necessari i decenni per eliminarla (a meno di rpetuti sfalci prima della disseminazione ed asportando il materiale vegetale tagliato). la presenza dei romiceti intorno alla Case di Viso è legata al sistema di pascolo praticato dal precedente malghese che, essendo anziano, spostava poco la mandria e la lasciava sostare quasi sempre i tre aree nei pressi delle baite (per comodità di mungitura). In quelle aree, dopo vent'anni, ci sono ancora i romici. Nelle aree più lontane il sottopascolamento aveva portato ad un degrado opposto. In assenza di utilizzo, calpestamento, apporto di fertilità con le deiezioni (feci ed urine) il pascolo non più frequentato era stato invaso dall' isiga (Nardus stricta, poacea) . Riportando la mandria afrequentare le aree 'smagrite' la buona condizioe del pascolo era stata recuperata nel giro di pochi anni. Nel caso del romiceto, invece, i tempi sono lunghi. Nonostante Andrea faccia solo calpestare i romici (poco belli anche esteticamente) dalla sua mandria eitandone la sosta la regressione dell'infestante è lenta. Un monito per chi sottovaluta l'importanza di piani di pascolamento razionali che evitino la sosta troppo prolungata del bestiame nelle aree più 'comode'. Ma passiamo alla parte più interessante: la lavorazione del latte.

 

 

Il caseificio F.lli Bezzi è ricavato da uno dei vecchi piccoli caseifici già esistenti. Il piccolo problema è che allora avrano lavorato a dir tanto un quinale di latte. Adesso, a inizio alpeggio con le vacche 'fresche' Andrea munge e lavora dieci quintali di latte.

 

 

Gli studenti del mio corso di zootecnia montana sono solo una quindicina, ma sono sufficienti a riempire il caseificio. Durante l'estate la gente che viene qui non solo per acquistare il formaggio ma anche per ascoltare le spiegazioni di Andrea è numerosa. Verrebbe logico pensare ad una struttura maggiormente funzionale a queste esigenze. Esistono in alpeggi molto meno frequentati di questo, possibile che nessuno ci pensi? In realtà Andrea da tempo chiede al Parco di poter ampliare il suo laboratorio. Ma sinora alla sede del Parco, a Bormio non ci sentono. È incredibile che la severità urbanistica, le norme paesistiche vengano applicate con rigore per impedire un ampliamento di pochi metri quadri che, oltretutto, è indispensabile per poter lavorare secondo quelle regole di buona organizzazione dello spazio che le autorità sanitarie pretendono.

 

 

È veramente un miracolo che Andrea riesca a produrre burro, ricotta, formaggella e due formaggi importanti: il Silter e il 'Case di Viso'. Il Silter (foto sopra con i 'pitoti' camuni impressi sullo scalzo) è il formaggio 'di punta' del caseificio camuno, parente del Bagoss e del Nostrano di Valtrompia, ma da quasi un ventennio al perenne inseguimento di una Dop che non arriva mai (mah, queste Dop ...). Il 'Case di Viso', prodotto da quasi vent'anni da Andrea Bezziè, invece,  il prodotto 'di punta' dell'azienda, quello di cui Andrea va giustamente orgoglioso e in cui investe immagine e prestigio personali e professionali. È un formaggio a latte intero, un 'tipo Bitto' per intenderci.

 

 

Sotto Andrea mentre illustra come si imprime sullo scalzo della forma di formaggio il 'Bollo Ce'. Il piccolo locale è ingombro. In un angolo il 'minicaseificio polivalente'. In altre visite (più frettolose) fatte a Case di Viso la presenza del 'minicaseificio' mi aveva un po' disturbato. Un 'artigiano del latte' come Andrea perché usa una 'diavoleria industriale'?. Vedendo come lavora, quanto latte deve trasformare e quante lavorazioni riesce a fare si capisce bene che una caldaia tradizionale, sia pure con un sistena efficiente di allontanamento dei fumi e senza la fiamma 'libera' qui non ci può stare. Nel minicaseificio entrambe le vasche sono piene di latte e due lavorazioni vanno avanti in parallelo. Impensabile con le attrezzature tradizionali.

In compenso ai miei studenti spiega che lui rifugge dalle 'bustine' (i fermenti liofilizzati selezionati prodotti dall'industria). Usa sia lattoinensto che sieroinnesto in funzione delle stagione e del tipo di lavorazione. Spiega anche molto bene come il malghese-casaro che conosce molto bene la qualità dell'erba mangiata dalle bovine aggiusta i vari parametri di lavorazione (temperature, quantità di caglio, rottura, soste) in funzione dell'erba. "Per il Case di Viso la temperatura di cottura può variare da un massimo di 50°C a un minimo di 40°C in funzione dell'erba che varia molto dall'inizio alla fine della stagione ma anche da pascolo a pascolo.

 

 

il Su un tavolino alcune forme aperte pronte per la vendita: "Vendo pochissime forme intere, oggi bisogna adattarsi alle richieste del consumatore e si vende quasi tutto porzionato" dice Andrea. In mostra un formaggio importante: un Case di Viso del 2008. L'aspetto ma anche l'odore, il gusto, l'aroma sono molto simili al Bitto. Considerando la grande forbice che c'è tra Bitto e Bitto questo formaggio che: "ho provato a stagionare sino a sei anni" si colloca in una fascia alta. Però Andrea non puà certo venderlo ai prezzi del Bitto d pari annata. Questione di royalties. E pur non volendo, almeno per un giorno pensare al Bitto, sono costretto a rimuginare sul fatto che a pochi km da qui in linea d'aria (al Passo del Gavia) possono produrre Bitto e marchiarlo solo perché la burocrazia del gusto dice che "il Bitto si fa in tutta la provincia di Sondrio".  In ogni caso la qualità dei formaggi di Andrea Bezzi si sta imponendo e, tra qualche anno, il Case di Viso sarà molto più apperzzato di un Bitto generalista.

 

 

Dimenticando il chiodo fisso del Bitto prima di lasciare il locale osservo che la bilancia elettronica è appoggiata sul davanzale della piccola finestra mentre la zangola (un'apparecchiatura in movimento che comporta delle precauzioni) sta girando dietro la porta di ingresso che la 'scherma' alla meno peggio dai visitatori. Veramente una condizione di mancanza di spazio. Ma Andrea non si lamenta (fa però capire che il Parco potrebbe capire che chiede qualcosa di assolutamente ragionevole). Non solo non si lamenta ma, udite, udite proclama che "Questo mestiere è il più bello del mondo". Ad Andrea piace lavorare il latte, piace anche affinare il formaggio nella sua cantinetta giù a Ponte di Legno dove (l'ho visitata in un'altra occasione) le vecche forma di Case di Viso sono mantenute in scansie verticali come nel case dei Bitti d'annata (Andrea non lo sapeva nemmeno, c'è arrivato da solo a 'inventarsi' una tradizione).

 

 

Andrea è sofddisfatto del suo lavoro per due motivi: 1) controlla tutta la filiera (da quando 'da l'erba' alle bovine a quando va alle fiere e fa 'pubbliche relazioni' o partecipa a degustazioni Onaf o eventi con enogastronomi); 2) ha dimostrato il sucesso di uno stile produttivo (per dirla con J.D. Van der Ploeg) 'costruito intorno a sè' (per dirla parafrasando la comunicazione di un noto istituto bancario). In inverno le vacche di Andrea e del fratello Fabio (che preferisce fare il fieno e manovrare le macchine piuttosto che stare in caseificio e in cantina d'affinamento) producono meno che in estate. Andrea è un imprenditore che ragiona con la propria testa e non con quella dei 'tecnici' interessati a 'piazzare' fiale di super-tori, medicinali, integratori, mangimi, macchine, soft-ware. A lui conviene produrre di più in alpeggio dove l'alimentazione gli costa poco ma dove il prezzo di trasformazione del latte è buono. Riguardo ai colleghi 'ortodossi' che: "mi davano del matto" Andrea è tranchant. "Tengono 100 vacche tutto l'anno in stalla; in inverno l'alimentazione gli costa sette euro a vacca con i mangimi e le materie prime che stanno aumentando vertiginosamente". Il tutto per avere 40 cent a kg di latte. Latte che scende sino a Capo di ponte in media valle al grande caseificio cooperativo Cissva (oggi risanato ma in passato un buco nero di debiti e sovevbnzioni pubbliche a fondo perso). "Ma se hanno difficoltà le stalel con 500 capi della Bassa, cosa vogliamo fare qui in montagna?". In inverno Andrea ha più tempo per curare i propri formaggi e per dedicarsi ad altre attività. Da bravo montanaro che sa fare molto bene il casaro e l'allevatore ma che può e vuole fare anche altro, Andrea fa l'istruttore nazionale di sci da fondo e l'istruttore di sleddog. Attività che gli hanno consentito di sviluppare una forte capacità comunicativa e didattica. Il suo 'seminario' è stato più che efficace: ha toccato i problemi della egstione del pascolo, dell'integrazione con il turismo, della lavorazioene del latte, dei prodotti tipici. Dopo un assaggio dei prodotti (ricotta freschissima e formaggi stagionati) ci trasferiamo alla cantinetta sopra). È ancora vuota in attesa delle prime forme che usciranno dalla 'salina' (salamoia).  Alla fine ci rechiamo (a pochi centinaia di m di distanza) sul pascolo dove staziona la mandria. E dove Andrea ci mostra il suo modello di 'apparato semovente di mungitura meccanica'. Nello stile di 'farming economically' (il riferimento è sempre al sociologo di Wageningen, Van der Ploeg, Andrea se l'è costruito da solo assemblando componenti stra-ammortizzate. Agli studenti Andrea spiega che i carri pesanti utilizzati da diversi colleghi richiedono l'impiego della trattrice agricola per il traiono. Così per non immobilizzare la rattrice per tutto l'alpeggio gli spostamenti si riducono a due-tre in tutta la stagione, con conseguenze esiziali per il pascolo. Da parte mia faccio osservare come abbiamo tutti i piedi nelle 'boascie' (sterco vaccino). Se questo succede in un giorno immaginatevi voi cosa succede mungendo la mandria sempre nello stesso sito per settimane, faccio osservare ai ragazzi. Già: acqua, sole, poi ancora acqua. Una bella crosta di fango e sterco con le radici delle foraggere che muoiono. Poi verrà il Rumex.

Ancora un po' di dettagli e domande sulla mungitura. Andrea spiega che munge prima le vacche copn le cellule somatiche basse e alla fine quelle con le 'cellule' alte (probilmente affette da qualche forma potenzialmente infettiva di infezione mammaria). Spiega anche che nel lago di fango e sterco che si crea dove si muge sempre nello stesso sito anche l'igiene della mungitura e quindi la qualità del latte e la sua attitudine alla trasformazione acsearia non ci guadagnano. Un buon formaggio parte da un buon latte e da un buon pascolo. A volte sono le realtà più lapalissiane che si tende a scordare!

Alla fine, dulcis in fundo, una bella esercitazione sul campo di etnologia zootecnica. Ogni mandria d'alpeggio è oggi un campionario di razze variopinte (tranne in valle d'Aosta). Un po' in disparte noto un soggetto con un mantello dalle strane tonalità rossiccvie. Prima che potessi avere il tempo di sparare il nome di qualche razza francese Andrea mi ha 'salvato' dicendo che la vacca che stavamo addocchiando è una Varzese. Che scoop, una razza appenninica, ridotta al lumicino qui in questo pascolo dell'alta valle Camonica. La vacca ci guarda con aria dolce ma un po' persa. É in disparte rispetto alel colleghe (perché viene da una stalla diversa). Mi fa tenerezza. Una cicciona dolce (le forme sono irriconoscibili tanto è imbottita di grasso). Speriamo che si adatti. Di certo chi la tiene in stalla in inverno non solo non la fa muovere (e pensare che - come ho raccontato giusto un giorno prima ai miei studenti - la Varzese era aggiogata agli aratri sui terreni argillosi dell'Appennino). Sfoggiando le mie competenze racconto che non si chiama più 'Varzese' ma 'Biunda' per ecumenico accordo di allevatori genovesi, pavesi, piacentini e tortonesi che i passato chiamavano la 'Biunda' ognuno con la sua demominazione campanilistica.

Dopo la Varsese/Biunda osserviamo e riconosciamo le Pessate rosse, le Brown Swiss, i 'preti' (incroci tra Frisona e Brown). C'è anche una mezza Jersey e una Rossa Svedese . Le vacche provendono da diversi allevamenti oltre che da qeullo dei Bezzi. L'alpeggio è stato caricato da poche settimane e la mabndria non si è ancora amalgamata. Notazione interessante una sotto-mandria (ma tutte della stessa stalla) è salita diritta su per il fianco della montagna (pendenza superiore al 60%) attratta dall'erba tenera e succulenta che c'è più in alto (golosità perché in basso c'è ancora erba buona). Una prova del fatto che gli animali non sono macchine e che ogni gruppo (gli animali allevati nella stessa stalla) si comporta in modo diverso. Con buona pace di certi agronomi che classificano 'non pascolabili' pendii così ripidi.

Che pascolino o che se ne stiano a riposare e a ruminare in santa pace (come la Grigia alpina un po' slavata della foto sopra questi animali ci appaioni felici. Lo dicono gli sguardi con i quali ci parlano. Quelli costretti a camminare sempre sul cemento e a fare una breve vita tra alimentatiore, cuccetta sala di mungitura hanno spesso lo sguardo triste, ci lanciano un appello "facciamo una vita da carcerate condannate alla super-alimentazione e alla super produzione di latte".  Sta a noi ascoltarle.

 

 

 

           

 

pagine visitate dal 21.11.08

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