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Le vostre lettere a commento di pezzi su Ruralpini o sugli argomenti ruralpini, segnalazioni ecc. saranno pubblicate in tempo (quasi) reale. Mandate se volete anche foto dei vostri animali, dei vostri alpeggi, baite, cascine, della vostra famiglia, del vostro paese.

 

 


Pubblichiamo integralmente la replica del vice-sindaco di Consiglio di Rumo all'articolo "Divieto di transumanza" pubblicato il 29.11.2010. Prendiamo atto che il divieto riguarda solo alcune strade e che, secondo l'amministrazione, vi sarebbe un agevole percorso alternativo. Su questo ci pare giusto dare al pastore diritto di controreplicare. Per ora osserviamo solo che di 'tratturi sanniti' nell'Italia settentrionale non ve ne sono da nessuna parte e che la transumanza è possibile solo percorrendo strade comunali. Aggiungiamo che il pastore in questione non è un nostro 'protetto'  ma è difeso in quanto appartenente alla categoria (tra l'altro non è nemmeno associato alla Associazione Pastori Lombardi alla quale questo sito è legata). Come tutti i suoi colleghi che dal Piemonte al Friuli sono spesso destinatari di ordinanze sindacali che vietano di passare, ponti, strade, centri abitati.

Se, sentite le controdeduzioni del pastore e verificata la realtà della viabilità locale sulle mappe risultasse che il pastore avrebbe effettivamente la possibilità di seguire percorsi alternativi non avremo difficoltà a riconoscere le buone ragioni dell'amministrazione.

 

NON E’ AFFATTO VERO CHE “QUESTA TRANSUMANZA NON S’HA DA FARE”

Risposta all’articolo apparso su Ruralpini di Inforegioni a firma Michele Corti in data 29/12/2010. di Eugenio Dotti – Vicesindaco di Consiglio di Rumo

Egregio Sig. Corti,

avendo io sottoscritto e firmato la famigerata Ordinanza citata nel suo articolo, mi sento in dovere, sentito il parere del Sindaco, di rispondere personalmente, al fine di chiarire punto per punto la questione.Premetto che sono nato e vivo da sessantasei anni a Consiglio di Rumo, un paese che si estende dal lago fino al confine svizzero, di cui conosco benissimo il territorio con le sue problematiche, nonché l’importanza degli alpeggi e dei pascoli in quota, ma conosco anche molto bene, essendo amministratore, i problemi, i doveri ed i diritti dei miei concittadini.

Dato che sono cresciuto in una famiglia dove l’educazione ed il rispetto per il prossimo sono sempre stati considerati molto seriamente, non starò a dirLe cosa dovrebbe mangiare Lei, al posto delle cotolette di agnello; ma veniamo al punto: innanzitutto devo informarLa (forse le è sfuggito) che la sanzione oggetto della Sua indignazione, è stata annullata per un cavillo burocratico (non per il refuso da Lei citato) esattamente quindici giorni prima che Lei scrivesse il suo articolo, d’altra parte noi qui, non abbiamo ancora raggiunto l’infallibilità, ma ci stiamo lavorando.

In data 18/02/2010, ho avuto un incontro con un rappresentante della C.I.A., che devo ringraziare per la sua disponibilità, dove abbiamo trovato una soluzione alternativa al fine di by passare quel chilometro e mezzo o poco più di strada oggetto della discussione, soluzione che è poi stata sottoposta all’attenzione del suo protetto, tramite una mappa con indicato il percorso che poi si riallacciava alla nostra strada comunale a monte dell’abitato; è quindi errato da parte Sua, sostenere che è stato vietato percorrere le strade comunali del territorio.

Devo farLe notare che il tratto di strada in questione, non è un tratturo sannita, bensì l’unica strada che attraversa il centro abitato, e che collega le frazioni della zona alta, per poi proseguire verso i monti, e che al passaggio del gregge, senza per altro nessun preavviso, viene totalmente bloccata, impedendo non solo la libera circolazione, ma creando una situazione critica in caso di emergenza, per non parlare di “quelle poche bagoline” risultanti dal passaggio di più di mille capi ovini e una ventina di equini al seguito, che l’esperto pastore non riesce a controllare in modo che non invadano le proprietà private, con buona pace delle regole sulla transumanza.

Se ci fossero dei dubbi sulle mie asserzioni, venga pure a farci visita, io sono disponibile, e le farò conoscere un po’ di persone arrabbiatissime a causa del passaggio di questo gregge, ed in quell’occasione potrei mostrarLe anche i nostri marciapiedi liberi da qualsivoglia deiezione.

Un’altra cosa che, forse Le è sfuggita, è che il pastore porta i suoi animali su un alpeggio privato, che oltretutto si trova sul territorio di un altro comune, collegato alla statale attraverso un tronco di strada provinciale, quindi forse più agevole che non la nostra, ma per questo io al momento non so fornirLe nessuna spiegazione.

Per quanto riguarda la disposizione “ad personam” essendo il destinatario l’unico da anni a transitare nel nostro comune, ci riesce difficile trovarne altri, mentre per gli affitti fantasma da Lei citati, non mi sento parte in causa, dal momento che in questa realtà non si è mai verificata una simile situazione.

Su una cosa finalmente devo darLe ragione: ci riproveremo e torneremo ad insistere. Ora, io non credo che Lei sia così sprovveduto da essersi lasciato sfuggire tutti i particolari di cui sopra, ma temo invece che abbia tralasciato una delle regole fondamentali per una corretta informazione, che prevede, prima di scrivere un articolo, di sentire tutte le parti in causa. Ecco, questo si, credo proprio che Le sia sfuggito, caro Professore.

Consiglio di Rumo, lì 11 gennaio 2011

 

(30.11.10) Un'esperienza di co-farming o CSA (community supported agriculture) sta nascendo a Calci (PI). 'Tradotta' in italiano diventa 'CAP comunità agricola di produzione'

Buongiorno, vorrei approfittare di questa mailing-list per divulgare una nuova esperienza in campo agricolo che sta per nascere qui a Pisa, il CAP (Comunità agricola di produzione). Il progetto è stato elaborato inizialmente da alcuni membri del GAS di Calci (PI) e intende riunire circa 70-100 famiglie che con un contributo mensile di 50 Euro forniranno le risorse finanziare per pagare uno stipendio mensile (con tanto di contributi INPS) ad un agricoltore, che avrà il compito di coltivare circa 2 ettari di terreno. Naturalmente i frutti del lavoro saranno distribuiti tra tutti gli associati.  Fin qui nulla di strano, in quanto si tratterebbe di una semplice esperienza di co-farming, già presenti in Giappone e negli Stati Uniti in forme simili. Ma oltre a questo abbiamo deciso che tutti i partecipanti al progetto dovranno dedicare alcune giornate lavorative all'anno, secondo le proprie capacità individuali.
Il senso del progetto

Uscire dalla logica di pagare la verdura a peso, intervenire direttamente ed in maniera partecipata nell’attività di produzione  per sensibilizzare  le persone alla cultura della terra. L'obiettivo è quello di rendere sostenibile l'attività agricola, garantendo:

dignità lavorativa a chi produce (tutele e salario dignitoso);

una coltivazione nel rispetto della terra (biologica/biodinamica);

filiera corta;

partecipazione attiva ai vari processi decisionali e produttivi.

Per fare questo abbiamo pensato di dover uscire dalla logica di acquistare la verdura a peso per passare ad un'idea di comunità agricola. Al coltivatore viene garantito uno stipendio di base e le famiglie ricevono la verdura a seconda di quanto la terra offre. Il rischio di un'annata di bassa produzione a causa, ad esempio, del maltempo, non ricade su chi coltiva, ma sull'intera comunità. La comunità stessa in alcuni momenti dell'anno sostiene chi lavora la terra nell'attività, offrendo parte del suo tempo. La comunità diventa parte integrante del progetto produttivo , il contadino è parte integrante della comunità. Si crea così una sinergia di scambio dove le parti in causa reciprocamente si influenzano creando una comunità virtuosa.

Ciascuna famiglia o singolo si impegna a rimanere nel progetto per almeno tre anni o a trovare un sostituto nel momento in cui decidesse di abbandonare.

Da questo deriva un'entrata annuale che servirà a garantire:

·        un salario in regola al coltivatore;

·        eventuale forza lavoro da affiancare nei momenti di picco del lavoro;

·        sostenere i costi di produzione (sementi, canoni di locazione, ...);

·        investimenti (attrezzature, serre, macchinari ...).

Il contadino si impegna a programmare la produzione al fine di garantire un fornitura settimanale di ortaggi.

L'eventuale extra-produzione può essere  venduta attraverso altri canali (mercato contadino, rete produttori, altri gas) e il ricavato è della comunità che lo reinveste nel progetto, oppure può essere trasformata  per poi essere utilizzata nella comunità  (progetto da definire).

Questo progetto è un processo rispetto al quale sono definite le linee guida al fine di renderlo operativo. L'assemblea formata dalla comunità  avrà il compito di affinarlo e migliorarlo sotto vari punti di vista: aspetti tecnici, processi decisionali, forma organizzativa ecc.

Appena  verranno raccolte le adesioni definitive sarà necessario costituire e dare vita a tutte le attività che renderanno operativo il progetto:

- la costituzione dell’assemblea comunitaria

- la definizione dei programmi operativi di produzione

- la forma organizzativa

- la redazione di uno “statuto comunitario”

- la predisposizione di un “bilancio sociale” preventivo e consuntivo

- lo studio di forme di partecipazione per ore lavoro o utilizzando forme come la banca del tempo.

Per quanto ci è dato sapere in Italia esistono già altri progetti simili a Pordenone (che il nostro contadino a visitato per raccogliere informazioni), a Venezia e a Torino, ma tutte queste hanno un carattere meno complesso.
Questo progetto è nato all'interno del Distretto di Economia Solidale di Pisa (https://respisa.org/) e speriamo ardentemente che possa presto diffondersi in tutta Italia. Contiamo di iniziare all'inizio del nuovo anno, ma essendo ancora in fase di evoluzione non siamo in grado di fornire ulteriori dettagli sulla forma giuridica che dovremo assumere (comitato, associazione, cooperativa....). Resto a disposizione per eventuali domande e richieste di informazioni.   Ranieri ( ranieri03@yahoo.it )

(21.11.10) Alpe Aglio in Valle del Basso (S. Maria Maggiore, VCO) (vedi il fotoracconto)

Buon giorno, ho visto  il suo commento al piccolo casolare,  mi ricordo che i nonni ai suoi tempi portavano il latte appena munto, e poi al mattino, raccoglievano la panna per il burro e il latte restante  veniva portato nella baita di fronte per farne il formaggio.

Un cordiale saluto e complimenti Cortella Claudio  Masera claudio.cortella@transbrig.ch

18.11.2010) A proposito di deroghe per i caseifici d'alpeggio: "Mandrie sempre più piccole e baite sempre più vuote. Meglio una ricca carica microbica". (anche perché difficilmente si moriva di ... formaggio e i patogeni avevano più competizione)

Michele, ho letto con piacere la tua accurata analisi sulle "nostre" realtà d'alpeggio. Per la comprensione di tutti, specie il pubblico metropolitano, però, da frequentatore di montagna da sempre mi sento in dovere di aggiungere alcune cose. Tu fai riferimento alle realtà ossolane e valsesiane, che - non a caso - assomigliano "morfologicamente" e culturalmente (grazie anche e soprattutto all'innesto della gente Walser),e io aggiungerei quelle valdostane, atesine-trentine, altopiano di asiago e qualche area friulana (dove il caseificio turnario ancora esiste), come situazioni in cui deroghe o sforzi per il mantenimento della casera d'alpeggio hanno buon gioco. 
Ma il resto delle Alpi - parlo delle valli cuneesi, torinesi e biellesi, delle valli orobiche e delle valli Valtellinesi fino al limite trentino - è caratterizzato da situazioni ben diverse. la tua descrizione - fedele e corretta - degli agglomerati di piccole baite in pietra dove ciascuno faceva formaggio dal latte delle proprie bestie manca di un dettaglio fondamentale: di chi è la proprietà? di norma di un proprietario che sta in fondovalle, è avvocato, notaio, farmacista, costruttore e non ha interesse alcuno a effettuare migliorie o ad aiutare semplicemente il pastore stagionale affittuario nella sistemazione del tetto... questo fa sì che anche un compromesso tra le normative "igieniste" stile caseificio danese e una ragionevole sistemazione di minima sia quasi impossibile. Gli incentivi, se mai fossero possibili, verrebbero introitati dalla proprietà per altri scopi e al pastore non resterebbe che scegliere tra il rischio di una chiusura per ragioni sanitarie (multa?) o limitare sempre più la produzione al'autoconsumo e poco più. 
Se si parla di Bitto, di Bettelmatt o di Asiago stravecchio, il discorso interessa a molti e va sui giornali, ma se parliamo dei più comuni formaggi d'alpeggio (toma, latteria, semigrasso, scimudin, robiole ecc) non si ha la stessa visibilità. Ogni anno io, che vado a caccia in alta quota in Piemonte e nelle Orobie, incontro mandrie sempre più piccole e sempre più baite vuote. Non credo che gli svizzeri siano più bravi di noi, semplicemente hanno due cose che noi, per la maggior parte della nostra montagna, non abbiamo: agricoltura stabile d'alta quota e tutela del territorio agro-silvo-pastorale, sotto ogni profilo (caccia, pesca, allevamento) ecc. Ogni materia è affrontata singolarmente, contribuendo ad una gestione globale frammentaria, incongruente e spesso contradditoria, dove le tutele ambientali spesso diventano trappole od ostacoli per le attività tradizionali e si finisce ad avere contrapposizioni insensate tra vocazioni turistiche, agricole e salvaguardia del patrimonio naturale. Non ho la ricetta, ma ho una certezza: preferisco la ricca carica microbica di un formaggio fatto su bancaccio di legno in baita alla desolazione dei pascoli abbandonati e dei sentieri che spariscono coperti dal rododendro.

Alex Guzzi http://www.facebook.com/profile.php?id=1468272607

(10.11.2010) Quando un animale allevato per pura passione viene sbranato dai lupi 'dei Parchi' e ti viene rimborsato 70 €. Anche nelle Marche i lupi colpiscono

Buonasera Michele, ho scoperto il suo sito da qualche giorno, complimenti è veramente interessante. Sono un piccolo allevatore di capre per hobby, abito nel comune di Fabriano sull'appennino Marchigiano, il mio appezzamento di terreno confina con il Parco Regionale di Frasassi e due volte ho avuto la visita dei lupi,ne avevo 16, ne hanno uccise 6,erano nel recinto con la rete metallica da 180 cm. tutto certificato dal veterinario della ASL tanto che sono stato risarcito dalla regione con € 70 a capo. Credo sia inutile dirti cosa penso in proposito e quanto voglio bene ai miei animali, non ti dico cosa si prova il mattino a vedere quello scempio.  Ieri dopo aver passato due ore sul tuo sito, ho sentito il bisogno di inviarti questa testimonianza allegando anche le foto, forse aiuteranno a sensibilizzare qualche "ecologista di città". Grazie per quello che stai facendo. Alberto Antonella 335-1334317 alberto.antonella@farmaforce.it  (foto allegate stanno per essere caricate)

(24.10.2010) A proposito delle cose che non avrei voluto vedere al Salone del gusto (ma non era una critica spocchiosa al Salone ...)  http://www.ruralpini.it/Inforegioni23.10.2010Melinda_Salone_del_gusto.htm

Capisco il tuo dissenso, Michele. E lo condivido in larga parte. Vedo le grandi e piccole contraddizioni in cui SF è caduta, cade e cadrà ancora in futuro. Ma credo anche che senza SF oggi ci sarebbe rimasto assai meno di quel poco che è stato fatto. Milano ha già avuto il suo Expo dei Sapori, nato proprio per contrastare il SdG e chiuso miseramente in un flop dopo aver accolto a suo tempo produttori d'ogni genere. Rispetto alle due realtà presenti al SdG a cui ti riferisci, son d'accordo con te. Ma vai anche a vedere che bel ripulisti sua dando SF a molti presidi che non hanno funzionato. Cerca la Robiola di Roccaverano, vedi se c'è ancora Arbiora. Fagiolina del Trasimeno, Cipolla di Cannara. Chi ha tentato sporche manovre è saltato. A parte qualche furbetto del formaggino su cui intervisterò Piero Sardo per capire le ragioni. Stefano Mariotti  www.qualeformaggio.it

 

(19.10.10) Il problema dei lupi sull'appennino emiliano è drammatico. I numeri sono tenuti nascosti e gli allevatori insistono nell'accusare di deliberate reintroduzioni. Crescita demografica spontanea o meno (comunque agevolata da una protezione assoluta) sono diventati un problema di sostenibilità sociale perché superano le recinzioni e colpiscono presso le abitazioni

Sull'Appennino emiliano c'è un parco in provincia di Bologna che è il parco di monte Sole dove furono immessi i lupi per controllare la popolazione di cinghiali. Ora i cinghiali sono finiti, i lupi sono cresciuti e stanno passando in rassegna tutti gli allevatori o semplici estimatori di ovini. Noi abbiamo un'azienda orticola e manteniamo un piccolo gregge per tenere puliti  campi dopo i raccolti. Il gregge era sotto casa, in una zona recintata, distanza dalle abitazioni 200 metri. Hanno spostato una pesante trave di legno e sono entrati, in un altro caso hanno piegato delle reti di quelle che si usano in edilizia.  Il problema è che i lupi sono troppi e le prede sono finite, l'inverno si avvicina... e poi che succederà? Per fare delle capanne chiuse in cemento e lamiera (chiuse anche nel tetto) serve l'autorizzazione comunale perchè sono edifici, per adesso i 3 agnelli feriti sono in garage.  Il lupo è un nobile predatore, ma giustamente ha fame... c'è poco da razionalizzare. Ormai vengono avvistati ovunque, anche di giorno... ma c'è ancora un gran clima di silenzio e di non conoscenza i veterinari non si sbilanciano, ma è certo l'attacco, i cani colpiscono i glutei, mangiano l'animale ancora vivo, fanno un disastro. I lupi sono precisi, meticolosi, i canini affondati nella carotide... In emilia romagna hanno censito 460 lupi, ma è un dato che terranno ben segreto... visto che il ripopolamento è stato per mano della provincia.  Ilaria

(16.10.10) Critiche alla strada dell'Alpe Nesdale.

Ho visto il sito e leggendo vari commenti, noto un' acredine contro quelli che chiami "ambientalisti da salotto" colpevoli di ostacolare la costruzione di strade al servizio degli alpeggi,ed in particolare la pista alpe Nesdale alpe Rozzo,  beh io sono uno di quelli, ma sono un' ambientalista non di bandiera ma nella vita concreta: auto a metano, pannelli solari ecc.,  cose costano e la cui scelta comporta delle rinuncie perché il bilancio famigliare non è elastico e se tiri la coperta da una parte la devi levare dall' altra. Sono inoltre impegnato nella manutenzione e marcatura sentieri, in più come figlio di un contadino non posso essere  a prescindere contro chi vuol agevolare la vita e l'agricoltura di montagna, ma nel caso specifico bisogna prendere in considerazione alcuni fatti che ti elenco e portano molte persone anche non schieratamente ambientalisti ad aver contrastato la costruzione di qualla strada:

- il comune di Plesio non ha saputo o voluto chiarire i motivi per cui voleva costruire la strada fino all' alpe Rozzo, se era veramente interessato a recuperare l' alpe Ballarona non aveva bisogno il consenso del parco val sanagra in quanto la strada non sarebbe entrata nel terrritorio del parco stesso.

- sempre il comune di Plesio è famoso per il suo fervore nel costruire strade ovunque ma non per provvedere alla manutenzione , basta cercare di accedere al parcheggio dei monti di Breglia da dove partono i sentieri per il rifugio Menaggio per rendersene conto.

- nella zona si sono visti degli scempi e sprechi indegni, strade larghe sei metri spacciate per sistemazione mulattiere  (vedi strada dei cavargnoni)con sbancamenti enormi, strutture come il campeggio del Tecchio in val Cavargna con dei bungalow costosissimi mai finiti in quindici anni, il rifugio Croce di Campo aperto dopo più di dieci anni dalla costruzione e ristutturato da nuovo già prima dell' apertura.

Se in più si aggiunge che a promuovere queste opere sono sempre gli stessi enti (comuni di montagna e comunità montana) e che stranamente le ditte appaltatrici sono quasi sempre le stesse, mi sembra normale che ogni progetto  promosso da questi soggetti scateni allarmi ed il primo sospetto che nasce è che non si tratti di opere necessarie od utili ma semplicemente di un' appaltificio a favore dei soliti noti, rendendo così difficile una valutazione seria ed obiettiva sul progetto.

Vincenzo Visetti  vinvisval60@vodafone.it

Caro Vincenzo sui giornali sono state riportare le critiche di un architetto ticinese che dimostravano un'avversione preconcetta senza tenere conto delle caratteristiche del tracciato e sulla base di una visione estetizzante. Giusto criticare ma a cosa serve  citare altri interventi sia pure discutibili in altri comuni e sospettare che 'non si farà manutenzione' e che i lavori pubblici - indipendentemente da una valutazione di merito - sono solo un modo di foraggiare 'i soliti noti'. Con questi 'sospetti' allora non si realizza più nulla. Nemmeno le opere utili. E quella di collegamento del sistema alpeggi di S.Siro, Plesio e Cusino mi pare utile nella prospettiva di un rilancio dell'insieme del comprensorio di alpeggi della zona che ha grandi potenzialità in termini di un turismo non motorizzato (a piedi, a cavallo, in MTB).

(15.09.10) Laika e cani della Carelia sono cani da caccia (meglio evitare equivoci). Colpa nostra ad avere accennato a questi cani come se fossero cani utili per la difesa del gregge.

Buon giorno, le scrivo in merito ad un suo articolo apparso sul sito  http://www.ruralpini.it/Inforegioni06.06.10.htm  che tratta l'argomento dei cani da guardiania. Premetto che non sono un esperto di orsi e lupi ma vista la mia professione e per motivi di passione personale sono "esperto" di cinofilia e in particolare cani da caccia nordici (i laika per interderci) e cani da pastore sia da conduzione che guardiania. Le volevo segnalare in particolare un certo numero di inesattezze che se corretti di fatto sposterebbero gli equilibri della discussione oltre a dare qualche valore alla discussione in generale e all'articolo in particolare.

La prima considerazione che mi viene in mente è che il pastore proprietario del Cane da pastore del Caucaso è stato enormemente malconsigliato. Esistono molte razze conduttrici da pastore come ben sapete anche voi e parimenti esistono molte razze da guardiania. Ogni popolazione che ha dovuto confrontarsi con i grandi predatori ha allevato e selezionato razze di questo tipo ma che agiscono bene nelle realtà in cui sono state create. Pensare di prendre il più forte e cattivo di questi guardiani, il caucaso appunto ma anche il cirplalina ad esempio, e piazzarlo in mezzo ad un gregge è un errore grave e pericoloso come avete potuto costatare voi stessi. Questi cani sono estremamente aggressivi e non riconoscono l'uomo come "amico" ma ogni estraneo, uomo o animale, è visto come potenziale pericolo per il gruppo, il gregge. Tenga presente che queste sono tra le pochissime razze (3 o 4 su 400) cui è richiesto dallo standard di non far avvicinare il giudice durante le esposizioni!!! Esistono molte altre razze meno estreme tra cui anche il nostro maremmano e il mastino abruzzese (razza distinta ma non riconosciuta) e il pastore abruzzese (altra razza non riconosciuta di tipo lupoide e non molossoide). Sono comunque cani che vanno conosciuti, cresciuti e allevati con perizia. Vanno scelti già da cuccioli in base al carattere e scartati quelli particolarmente dominanti o aggressivi. Vanno socializzati con il gregge affinche si immedesimino e con le persone affinchè risultimo meno aggressivi. Insomma non si può prendere un cane e pensare che ci pensi lui e basta. Non è una strada facile e neppure breve ma nessuna strada onesta lo è.

Riguardo ai laika e ai careliani (cani da orso) che avete menzionato non ho potuto fare a meno di notare che probabilmente non avete la più pallida idea di cosa state parlando. Questi cani NON SONO cani da pastore sono cani da caccia. Non devono in nessun modo essere fatti avvicinare ad un gregge perchè farebbero più danno che altro (sono predatori forti e determinati e disperderebbero in un attimo gli animali oltre ad ucciderne alcuni). Non possono poi essere mai lasciati soli perchè si metterebbero subito in caccia di selvatici (cervi, caprioli, camosci, marmotte, forcelli etc) e alla ricerca del proprietario cui sono legatissimi. Non hanno nessuna attitudine alla guardia e accolgono ogni estraneo con gioia e feste (altro che aggressivi!!!!!). Alcuni di loro sono, è vero, delle belve nei confronti degli Orsi e sono gli unici cani che possono tenere loro testa (a parte i caucaso) mettendo in pratica una azione di disturbo non di attacco (a differenza dei caucaso che invece ingaggiano) non hanno inoltre molta attitudine a infastidire il lupo. Insomma sono cani da caccia grossa non da guardia di un gregge. 

Condivido infine in pieno le preoccupazioni del pastore quando paventa la pericolosità dei Caucaso e la loro inutilizzabilità durante gli spostamenti in aree abitate o strade. Aggiungo che a volte si rivela impossibile la convivenza tra cani conduttori, i vostri cani da pastore, e da guardia in quanto questi ultimi tendono ad attaccare ed uccidere i primi. Perchè? Semplice, perchè un cane conduttore nella sua attività assume un attegiamento che mima quello predatorio che viene immediatamente recepito dal cane guardiano che attacca a sua volta "l'aggressore".

La situazione è complessa, questo lo sapete già, ma quando si scrive un articolo con toni così accesi, seppur civilissimi e godibili, come ha fatto lei è necessario conoscere bene l'argomento e non solo dar libero sfogo alla pancia e al cuore. E' una questione deontologica e di onestà intellettuale.

Spero di esserle stato utile, la ringrazio per l'attenzione che vorrà dedicare a quanto le ho scritto

le auguro buona giornata e buon lavoro


Dott Franco Milani  Medico Veterinario
N° iscrizione all'albo dei Medici Veterinari PV N°517
Via Nazionale 60, Regoledo di Cosio Valtellino (Sondrio)

Studio Veterinario Associato FaunaVet, Servizi per la Fauna
Via Dosso Faiti 7, Mariano Comense (CO), Italy
milani.franco@gmail.com - www.faunavet.net
faunavet@gmail.com

 

(30.06.10) Truffe sui pascoli

Salve sono Roberto Palo residente a Peglio (CO), faccio parte del Comitato Acque Comasche e sono anche amico di Bassi.Mi sono spesso scontrato con la pochezza dei nostri amministratori locali riquardo alla gestione degli alpeggi che secondo me, in estrema sintesi, non deve puntare solo al rialzo dei canoni degli affitti (che come sappiamo possono pagare solo alcuni "agricoltori" non del posto...,) ma soprattutto agevolando l'effetivo caricamento dell'alpeggio in un'ottica di salvaguardia delle attività e dei prodotti locali. Gradirei essere informato e partecipe della vostra azione di denuncia. Grazie e e presto. robertopalo@hotmail.it

(28.06.10) C'è wilderness e wilderness 

Egregio Dottor Corti, Mi hanno segnalato il suo intervento del vostro sito sulla ruralità. Noto che, pur contenendo molte cose ed analisi condivisibili sull'ambientalismo nostrano, ve ne sono altre che mi permetto di considerare come scaturite da sue non corrette informazioni sulla filosofia Wilderness ed il suo concetto di conservazione, forse tratte da posizioni più riferite all'ambientalismo cosiddetto DOC italiano (wwf ecc.) che non da una sua conoscenza della filosofia Wilderness, dalle sue basi storiche americane e, soprattutto, dalla sua applicazione in Italia (che proprio la scrivente associazione cura di diffondere), affatto contraria agli aspetti della ruralità che le stanno a cuore.

Non mi dilungo in merito, nè voglio analizzare criticamente il suo intervento, che capisco essere dettato da ragioni comprensibili per chi ancora pratica e vive l'ambiente naturale come risorsa di vita. Mi permetto solo di inviarle due miei recenti comunicati stampa dai quali potrà evincere come almeno la nostra posizione non sia, in fondo, molto distante dalla sua (non per nulla siamo una delle poche associazioni ambientaliste ad aver dato adesione al coordinamento sulla ruralità che altri stanno coordinando). Con cordiali saluti

Franco Zunino - Segretario Generale AIW - wilderness_italia@alice.it

 

allegati: Parchi e politici  -   Orsi, lupi e pastori

 

(25.06.10) Sulle pecore che fanno 'pascolo di servizio' sulle colline bresciane

 

complimenti vivissimi! e' il miglior articolo che abbia mai letto su questi argomenti. Io non sono un tecnico ma un semplice attento osservatore dell'ambiente e da anni sono giunto alle stesse conclusioni, fin nei particolari. Ho piu' di 50 anni ed ho visto scomparire sotto i miei occhi un buon 30% dei prati del biellese, non più pascolati ne' dai bovini nè dagli ovini. Il paesaggio e' cambiato decisamente in peggio.

Boschi incolti in collina e media montagna hanno cancellato i prati ed in pianura le colture estensive hanno fatto lo stesso con gli habitat di moltissini animali che sono di fatto scomparsi. Le risaie si sono estese fino al basso biellese (sono molto redditizie) e l'ambiente di risaia rispetto ai coltivi di prati e cereali ed altro e' un vero DESERTO, non ci sono che pochissimi arbusti lungo le rogge! Persino le rane stentano a viverci, non se ne pescano più e quelle poche sono piccole piccole.  Complimenti ancora.

Gianni Colombo - Ponderano (bi) - commensale@email.it

 

(06.04.10) Difesa dei quad. Riceviamo e pubblichiamo una lunga lettera in cui si difendono le ragioni dei 'quaddisti'. Discutere va sempre bene ma partiamo dal presupposto che tutti i mezzi a motore non possono circolare salvo autorizzazioni motivate sulla viabilità montana classificata agro-silvo-pastorale e che a fronte di questi transiti illeciti il costo per la manutenzione dei tracciati resta a carico degli enti locali (e la mancata manutenzione di chi deve usare questa viabilità per lavoro).

Ai lunghi e reiterati interventi di Michele Corti CONTRO la motorizzazione  della montagna (moto a 2 e 4 ruote, motoslitte) vorrei replicare con qualche  ragionamento. Parlo da agronomo, cioè una persona che ha lavorato per lunghi  anni coi contadini e gli allevatori in montagna e poi nella pianura padana.  Parlo da quaddista dotato di uno di quegli “orribili” sport-utility che Corti  denuncia. In Lombardia sono stati venduti negli ultimi venti anni non più di  8000 quad, compresi quelli eminentemente sportivi che sono circa il 40% dell’ insieme (e che in montagna non ci vanno per nulla: non ci riescono). Non saprei  dire quanti ne siano sopravissuti, ma immagino che oggi  ce ne siano non più di  700-1000. Ci sono quindi circa 400-600 quad sport utility in circolazione “a  far danni” in montagna. Nel medesimo periodo lo scarto tra moto fuoristrada vendute SENZA targa e moto targate è di venti volte superiore: anche qui non  saprei dire quante siano le “sopravissute”. Facciamo un 40%?  Quanti sono i veicoli fuoristrada e i SUV in circolazione nella regione?
Lascio a Corti la risposta. Corti, come tutti i pedoni e i ciclisti e i cavalieri , rivendica un diritto  particolare a circolare liberamente in montagna senza subire l’aggressività dei  motori. Corti rivendica anche il godimento di un paesaggio che non si sfregiato  dai percorsi di quei mezzi (moto e quad). Corti fa finta di non vedere come su  certi percorsi ci siano dei cartelli particolari che… vietano ai cavalieri il  passaggio. Vuol dire che la lobby dei pedoni e dei ciclisti ce l’ha anche coi  cavalieri: difficile immaginare che anche gli zoccoli dei cavalli rovinino la  montagna a meno di pensare che sia in atto –lo si evince perfettamente dalle  decine di interventi del tipo quello di Corti-  una sorta di volontà di  “privatizzare” dei beni pubblici e privati a vantaggio di qualche particolare categoria di cittadini (che NON sono ne i proprietari di gran parte di quei  posti e nemmeno colà residenti). A Corti non viene in mente che la montagna che lui rivendica a se in esclusiva  come pedone, è si un bene pubblico, ma appartiene ai cittadini di quel Comune e  non ai cittadini di Bergamo città o di Milano città. A Corti non viene in mente  che la grande massa di quel turismo pedestre-ciclista che affluisce  nelle alte  valli lombarde, percorre con l’auto in A-R non meno di 200 km e lascio a Corti  fare il conto delle tonnellate di carburante consumate ogni fine settimana da  quei bravi ecologisti a piedi o in bici che partono da Milano o da Bergamo e  vanno a Castione per camminare o pedalare. Non metto in dubbio che 600 quad sport utiliy “sfregino” la “sua” montagna,  ma abbia ammetta almeno che anche il suo modo di andare in montagna “sfregia”  se non la montagna  tutta una valle. Fatti i conti dei consumi di carburante  del turismo normale  rispetto a quello dei quaddisti, siamo a 10.000:1 quanto a  danni. Perciò prima di scagliare la pietra, si faccia un esame di coscienza. I bravi pedoni e ciclisti in montagna sono in buona parte anche degli sciatori  e non mi pare proprio che i demani sciistici lombardi siano un buon esempio di  utilizzo ecologico della montagna, ma di sacrilega rapina sotto ogni punto di  vista. Che tutto lo scempio della montagna sia ad opera di quei 600 quad e  tutto il resto sia invece un monumento all’ecologia ed alla sostenibilità. Mi  pare  un bell’azzardo affermarlo. Quando vedo il fiume di vetture che quattro  volte l’anno invadono la ValleSeriana per portare le migliaia di turisti per le  cascate del Serio vorrei leggere un intervento di Corti contro questo scempio  ecolgico che dall’alta valle si spande per mezza pianura lombarda. Invece no. Invece accade che i pedoni (col cane che circola abusivamente libero…) vadano  in  municipio protestare contro i ciclisti e i cavalieri. Invece accade che i ciclisti vadano in municipio a protestare contro  cavalieri e motociclisti e quaddisti. Invece accade che i cavalieri vadano in municipio a protestare contro pedoni  ciclisti motociclisti e quaddisti. Motociclisti e quaddisti non protestano: se ne fregano maleducatamente di  tutti e i più sfegatati vanno in giro senza targa. Non ultimo c’è il problema della professionalità prossima a zero della maggioranza di chi coltiva il bosco. Coltivare il bosco significa fare il  taglio razionale degli alberi, ripulire il sottobosco e così via. Quel che vedo  in gior mi fa spavento: motosega selvaggia senza che CFS o polizia locale  abbiano il buonsenso di mazzolare che massacra i boschi senza nessuna  professionalità (un esempio: il Monte Canto o le  colline della Valle san  Martino…). In Italia ci sono quindi alcune categorie di cittadini che possono  privatizzarsi beni pubblici o privati e rivendicarne l’uso in esclusiva senza che nessuno faccia presente a lorsignori che non sono padroni nemmeno di un  filo d’erba del posto. Dopo tanti anni di frequentazioni  e di quaddismo penso che la montagna sia di  TUTTI ma con una gran dose di buonsenso e reciproca sopportazione. La montagna  per sua natura non sopporta più di tante persone: che vadano a piedi o in moto  o ci arrivino per arrampicare o sciare. La sua capacità di rimarginazione è ridotta ed ha i suoi tempi che non sono quelli del turismo di massa attuale. La  montagna non è un bene gratuitamente e universalmente disponibile: così come  cittadini paghiamo le tasse per mantenere pulite e manutenzionate le città dove viviamo ogni giorno, anche quando andiamo in montagna dobbiamo “pagare” per il  suo mantenimento o manutenzione. Ci sono alcuni mezzi molto semplici per raggiungere lo scopo. Primo: non permettere la vendita di veicoli fuoristrada  senza targa . Secondo:  fissare ogni anno quei due giorni alla settimana in cui si può fare fuoristrada; in questo modo chiunque  si organizza sia come pedone,  come ciclista, come motociclista e quaddista. Terzo: chi ha un mezzo fuoristrada paga una tassa annua di tot euro che (250 euro) vanno alle comunità  montane per la manutenzione riparazione dei danni e la riscossione viene fatta dai comuni di residenza. Quarto: i troppi divieti inducono alla violazione.
Leone Zanchi mail: brembo @ iol.it

 

(30.03.10) L'autore di 'Tristi montagne' commenta l'articolo su Ruralpini in cui si paragonava le analisi sulla 'tristezza' della montagna ai vecchi stereotipi 'coloniali'.

 

Gentile prof. Corti,

 

Ho letto con molta attenzione il “commento” sulle “nuove e vecchie forme di colonialismo culturale” che ha pubblicato sul suo sito. Non avendo la possibilità di rispondere in quello stesso spazio le invio questa mail.

In primo luogo vorrei ringraziarla per aver letto il mio libro e soprattutto per aver voluto scrivere un commento così articolato. Considero un onore ricevere una critica tanto elaborata e strutturata anche se certamente non favorevole.

Detto questo mi permetto di esprimere alcune considerazioni a partire dal suo testo.

La prima riguarda lo stile, il tono, la forza e la forma della sua modalità comunicativa. Non ho potuto fare a meno di notare (così come avranno fatto anche i suoi lettori) la triangolazione (mi auguro ironica) tra la copertina del mio libro, l’illustrazione di un colonialista inglese seguito dalle sua armata Brancaleone e il termine “colonialismo culturale”, che a questo punto emerge dal titolo del pezzo. Il messaggio è fin troppo chiaro: Arnoldi è un colonialista culturale. Questa modalità di illustrazione del testo, insieme ad alcuni giudizi sull’autore sparsi qua e là, tradiscono una certa irruenza e forse anche un certo livore che onestamente trovo un tantino eccessivi e immotivati.

Ad ogni modo direi che da un’accusa del genere potrei anche essere assolto per insufficienza di prove.

La seconda considerazione riguarda alcuni contenuti del commento. Leggendo la sua critica sembra quasi che il mio intento sia quello di idealizzare la vita cittadina a scapito di quella montana. A parte il fatto che oramai la continua contrapposizione tra realtà urbana e realtà rurale è del tutto superata, visto che il dispositivo metropolitano ha normalizzato tutti gli spazi di vita, in ogni caso non è certo questo il mio intento. Inoltre se io dico che in montagna mi pare di intravedere qualche disagio e lei ribatte che anche in città ci sono dei problemi, stiamo facendo due discorsi diversi…

E qui arrivo al terzo punto. Il suo testo è caratterizzato da un continuo cambio di ordine del discorso e da ripetuti spostamenti del punto di riferimento spaziale e temporale dal quale osserva e spiega il mondo. Ne sono esempio una serie di considerazioni e di riferimenti di cui non si capisce bene il senso: per esempio quando ricorda che il gap tra il reddito medio della montagna e quello della pianura sì è colmato; quando scrive che in passato la gente di montagna era più istruita di quella di pianura; poi il riferimento al caso dei poveri vecchietti che muoiono abbandonati negli alveari di cemento cittadini. E ancora quando dice che in epoche passate le montagne erano “solcate da vie di transito mentre le pianure erano segregate” e “divise da paludi impraticabili”; quando riporta l’idea che l’uomo di città “spostato dal suo habitat” non si accorgerebbe “di cose che non rientrano […] nel suo mondo artificiale”… Di cosa stiamo parlando?

Le mie ricerche, sono state condotte prevalentemente tra il 2004 e il 2007, e hanno preso in considerazione taluni aspetti della vita quotidiana di alcuni paesi delle valli di Non, di Sole, di Fiemme e di Fassa. Certe letture addirittura, come quella dell’intermittenza esistenziale, sono circoscritte alla sola Valle di Sole e le considerazioni riportate nel libro, evidentemente, valgono per quel periodo.  

Concludendo le faccio notare che paradossalmente mi pare proprio lei a dare corpo e struttura a un paradigma della montagna triste, e contemporaneamente anche a un presunto complesso di inferiorità dei montanari rispetto alla città e alla pianura.

Per quanto mi riguarda, da abitante della montagna a tempo pieno, un’idea del genere non ha nemmeno sfiorato l’anticamera del mio cervello. Inutile dirle che, nonostante le divergenze, le sono grato dell’attenzione che ha voluto dedicare alla mia fatica. Spero proprio che questa nostra discussione possa continuare in futuro… mi sarà di grande aiuto. Ringraziandola invio  i miei più cordiali saluti Christian Arnoldi  christian.arnoldi@yahoo.it

 

Ovvio che il riferimento al 'colonialismo culturale' rappresentava una provocazione. Ci spiace che, forse per una eccessiva irruenza argomentativa da parte mia, si possa aver dato l'impressione di classificare Arnoldi come 'colonialista'. Interessava aprire un dibattito. Le montagna non è solo 'triste', 'arretrata', 'chiusa'. Spesso non si vuol vedere il lato 'allegro', come la gente utilizzi la tradizione per divenire soggetto, attore. La 'permanenza culturale' non è solo condanna ad un vissuto schizofrenico o a una condizione di 'deprivazione'. Anzi, può essere una 'scorciatoia' verso dimensioni post-moderne. Arnoldi studia il disagio della montagna, che non neghiamo ci sia. Ma trarre conclusioni generali avalla visioni stereotipate. Che respingiamo (forse con troppa foga, ok).

 

(15.03.10) Dalla Valgivezzo


Mi chiamo Niccolò Brambilla, era un po' di tempo che pensavo di contattarla semplicemente per scriverle che mi piace tutta la passione che mette nel suo lavoro...ecco l'occasione: che curioso trovare foto vigezzine su ruralpini!  io sono di Arona ma in valle Vigezzo, per una serie di combinazioni strambe, ho trascorso due estati faticose e magnifiche in alpeggio, e proprio oggi ho iniziato a lavorare come casaro presso la latteria cooperativa. in una pausa caffè al bar del Fondo ho incrociato proprio Roberto, quella delle capre che ritrovo qui immortalato,che mondo piccolo! Se posso permettermi un appunto, il
gerlo del monumento è una "civéra" mentre quello della foto è un "rasùn", per le mie montagne convivono tutti e due, ma la prima serve per il trasporto di qualsiasi cosa ci possa stare dentro (e sopra!) mentre l'altro si usa per lo più per il fieno o i materiali da strame... tra le attezzature da soma "umana" ci sarebbe anche la "càula"che sarebbe quella razza di portantina in legno con cui ho visto trasportare fino all'alpe perfino una pesantisssima lavatrice ...ma adesso sto divagando...
Aggiungo ancora una cosa, tra i giovani resistenti della monagna ho un caro amico, si chiama Livio ed è di Civiasco(Vc), produce Macagn del presidio Slowfood e alleva vacche brune e capre vallesane su un alpetto
che si chiama "Lincée"; ha fatto (e continua a fare) un lavoro di recupero dei pascoli davvero encomiabile (naturalmente a seconda del punto di vista...!). è un ragazzo intelligente, con tanta iniziativa, credo che meriterebbe una visita, se mai dovesse tornare da queste parti!

Cordiali saluti, Niccolò Brambilla brambilli@tiscali.it

 

(09.03.10) Capre (di mare)


Patrizia Casiraghi mi ha mandato la foto di queste capre mediterranee (si vede proprio il mare) commentandola: 'Beate loro'. Ma no è è più bella la montagna

 

 

 

 

(05.03.10) Dalla Valseriana 

 

Ho bisogno del vostro aiuto. Potete dare massima diffusione su facebook e attraverso tutti i vostri  contatti di questa notizia?

 

 Presumibilmente tra le 17 di ieri 3/03/2010 e le 14 di oggi, sono stati rubati 6 asini da una stalla in località Britì nel comune di Gandino (BG). Gli asini erano tenuti con amore e affetto e avrebbero  collaborato alla realizzazione di un progetto con i diversamente  abili.  Gli asini faranno senz'altro una brutta fine. Aiutateci. Massima diffusione. Chiunque abbia visto qualcosa contatti via e.mail  lancin@tiscali.it

 

N.B. gli asini appartenevano a mio fratello e mia cognata che li  hanno acquistati e li stavano abituando agli esseri umani per impiegarli  nel trekking con l'asino e su un progetto con i disabili. Sono disperati perchè erano parte della famiglia. Grazie Cinzia

 

(03.03.10) Una canzone decidata al Bitto, formaggio di libertà (nota per i non lombardi: malga = mandria di vacche o capre da latte al pascolo).

 

Credo proprio che il periodico “Coumboscuro” che leggo estratto da Ruralpina n.21: titola “Bitto storico un formaggio di libertà per le Alpi”. Evento importante che tutti noi dobbiamo sostenere con forza, proprio per mantenere la proprietà del territorio alpino, che ne ha scritto la storia millenaria.
Condivido quindi, la battaglia del Bitto storico, che si identifica con la battaglia della libertà alpina. Nel mio mestiere, in tempi non sospetti da cause e polemiche sul nostro celebre formaggio, l’amore della montagna, mi ha ispirato ad scrivere una canzone sulla Regina delle alpi, con merito da pubblicarne il testo.

LA REGINA DEL PELO BRUNO
Lassù dove muore il pino/con il cielo a portata di mano
Il suo muggito si sente chiaro/per tutta la valle fino al piano.
Tutto è colore dun sol fiato/il verde del pascolo
e l’azzurro del cielo/che fa sfondo alla malga dal bruno pelo.

Ritornello:
Son la Regina/son di razza bruno alpina
con il sale e l’èrba fina/seguo sempre il mio pastor.
Son la Regina, son la Regina/son di razza bruno alpina
Con un poco del mio latte/fo contenta la cascina.

Dopo ‘l di el vegn la sira/’l rumur dei cioch e i trugn
I se smorza pian pianino/ finche si munge al mattino.

Finalino:
Son la Regina son la Regina/son di razza bruno alpina
Con un pascolo di fieno/in casèra faccio il pieno
Son la regina son la Regina/son di razza bruno alpina
Dal mio sterco profumato/ nascon fiori sul bel prato.

Serafino Vaninetti       vanseraf@alice.it

 

(22.02.10) More Maiorum e gli oliveti valtellienesi

 

Caro Michele, un sincero grazie per averci intensivamente menzionati. Una realtà come la nostra è una realtà che ha bisogno di essere sostenuta con azioni simili a queste. In contrapposizione allo scempio industriale che nella Valtellina sta avvenendo, abbiamo pensato di associarci e dare il nostro contributo per costruire qualcosa che permettesse di qualificare diversamente quanto facciamo. More Maiorum è a tutti gli effetti una impresa agricola, siamo in conversione Bio e in conversione Demeter. Viviamo lo spirito associativo proprio per edificare e tessere un nuovo modelo sociale di aiuto reciproco che favorisca principalmente la filiera corta (intesa verso gli associati) e il rapporto uomo e ambiente che lo circonda.Se un giorno hai l'occasione di passare qui, siamo ben orgogliosi di mostrarti il nostro lavoro e di ospitarti. Grazie di cuore Francesco francesco.mondora@moremaiorum.org

 

(18.02.10) Ma quei finanziamenti agli impianti da sci non potrebbero essere spesi per il turismo sostenibile e l'agricoltura? Non possiamo che esser d'accordo con Lega ambiente di Lecco

 

Caro Corti, ti invio il comunicato di Legambiente Lecco sui pericoli che corrono le ultime terre alte a seguito dell’esasperazione di finanziamenti per i comprensori sciistici in Lombardia, in particolare nelle valli bresciane, bergamasche e lecchesi. Vorrei raccontarti un episodio: già a fine 1900 e precisamente nel 1997 la Regione finanziò lavori per le piste ai Piani di Bobbio e Artavaggio ( circa 17 mld vecchie lire) per progetti in massima parte non realizzati ed oggi riproposti. Prima dei lavori ai piani di Bobbio, lì  si caricava un alpeggio e si produceva un buon grasso. Uno dei principali allevatori era l’Osio di Colico, al quale si rivolse un negoziante di Lecco che si convinse della bontà del formaggio d’alpe di Bobbio e acquistò un certo quantitativo di forme.  Nel 1997/8 le ruspe lavorarono a Bobbio e spianarono l’altipiano eliminando tutti i sassi, i rododendri, la fauna e così tutto il manto erboso alpestre venne asportato e sostituito con semine di orzo, segale e avena  (vedi opuscolo Martino Gargenti “Maria Rosa 10 Luglio 1874”). Dopo i lavori caricarono ancora quel alpeggio a Bobbio, il negoziante acquistò una certa partita di formaggio, ma questa volta il prodotto era pessimo e così dovette rendere le forme. Da allora non ne volle più sapere. Ora dopo 10 anni si ritorna alla carica con operazioni più invasive e anche Artavaggio corre rischi: pensare che lì un alpigiano di Vedeseta carica ancora l’alpe e produce ottimo taleggio e “strachitund”. Gli “intelligenti” amministratori che spingono per queste opere di trasformazione montana sono gli stessi che parlano di prodotti tipici, di tradizioni, di salvaguardia delle radici, di biodiversità. Cosa ne pensi? Cosa si può fare? Cordialità  Pierfranco Mastalli – presidente di Legambiente Lecco onlus   pierfrancomastalli@libero.it

 

 

(14.02.10) Ha paura del motocross selvaggio, ovvero di essere travolto lui e il cavallo dagli scatenati motociclisti

 

Ciao, Complimenti per quello che hai scritto http://www.ruralpini.it/Fotoracconto_2.htm

Io sono un giovane della val Cavallina; da sempre ho la passione dei cavalli con cui faccio passeggiate. Ormai strade per passeggiare a cavallo ce ne sono poche perchè la cementeificazione avanza a gambe levate e poi ci sono le motocross. Ogni anno mi vedo chiudere sentieri e percorsi perchè le moto fanno danni.

Dei pochi che sono rimasti alcuni sono stati ridotti a percorsi pericolosissimi da fare anche a piedi per via dei solchi e dei sassi che ora ci sono (la scorsa primavera scendendo da un monte lungo un sentiero che avevo fatto un anno prima ed era perfetto, ho rischiato di far rompere le gambe al cavallo ma non potevo fare inversione e tornare indietro perchè il sentiero era stretto); sugli altri il sabato e la domenica HO PAURA ad andarci perchè rischierei di farmi travolgere ... me e il cavallo.

Nella mia zona le moto da cross sono veramente tante ... passano a piena velocità nei centri dei paesi, nei sentieri, dappertuttooooo ...vanno come folli e se ne fregano dei segnali di divieto che ci sono.

Sul tuo articolo ho letto"Sui sentieri, mulattiere, strade agrosilvopastorali vige il divieto di mezzi motorizzati se non per servizio o comunque autorizzati, però in zone come le valli bergamasche dove la pratica del motocross è molto diffusa qusti divieti non sono rispettati. Le conseguenze non sono da poco. " ... Questa è una legge? Dove è scritta? Come si chiama? Chi dovrebbe vigilare su queste cose? comuni, forestale??? Io sto pensando di andare in comune a lamentarmi, ma la vedo dura ... penso proprio che non cambierà proprio nulla vorrei anche scrivere a l'eco di bergamo, ma prima di farlo vorrei sapere se appunto quello che ti chiedo sulla legge è vero. A presto.

Sulle strade agro-silvo-pastorali è vietato il transito di mezzi motorizzati, ai sensi dell’art. 21 comma 3 della L.R. 27/04. La circolazione è condizionata al rilascio di apposite autorizzazioni (per i proprietari, gli agricoltori, boscaioli e per motivi di servizio)

 

(13.02.10) Sul latte crudo e Ruralpini che torna alla carica

 

Ciao Michele,  Il latte crudo è sicuro ma come tu ben sai non avendo subito nessun trattamento termico (pastorizzazione/ sterilizzazione) è piu suscettibile a contenere una elevata carica batterica. E' rischioso per lo Staphillococcus presente come ben sai sulla cute e sulla mammella e se l'operatore che preleva il latte non esegue le opportune prassi igieniche sanitarie c'è un'alta probabilità di incontrarlo nel latte. Ciò si può ovviare applicando le opportune prassi igieniche sanitarie ed effettuando un autocontrollo (HACCP). Io consiglio di bere latte crudo alle persone che a volte mi domandano su tale argomento, spero anche, che gli allelavatori abbiano piu fiducia ai veterinari aziendali e i colleghi delle ASL. Mi auguro che tutti lavoriamo per il bene comune.

 Ti saluto, Matteo Vincenti - medico veterio - meat hygene ispector dott.matteovincenti@googlemail.com

 

L'influenza A che sembrava una catastrofe ed è servita a vendere un vaccino che viene ora gettato ecc.

Il motivo del giro di vite è stato E.Coli O157 . Sullo Stafilococco aureus a sentire vet e allevatori le buone prassi possono prevenire e non salta fuori da un giorno all'altro essendo legato alla gestione della stalla.

le cariche batteriche sono quelle che dicono le analisi, cioè basse e con le modalità di trasporto, consevazione, erogazione non hanno possibilità di elevarsi. se un allevatore non è in grado di controllare Stafilococco aureus coag+ e di avere cariche totali bassi meglio lasciar perdere il latte crudo. Invece E.coli è uno spauracchio secondo me strumentale e strumentalizzato. Se poi il consumatore arriva con la bottiglia sporca o tratta malòe il latte crudo incorre in rischi analoghi alla manipolazione inappropriata di altri alimenti e non se ne può imputare il latte crudo in sè


Concordo nelle tue affermazioni Michele ed è vero quello che dici su E.Coli e sulle modalità di conservazioni in stalla, sul trasporto ed erogazione dei distributori automatici. Il Coli va temuto non bisogna sottovalutarlo visto che non determina una banale diarrea. Io da un pò di mesi vivo in Inghilterra, un giorno leggevo la notizia di due fratellini ricoverati in ospedali perché avendo visitato un allevamento di bovini con la scuola avevano sottratto l'infenzione da Coli. Ricoverati di urgenza in ospedale le condizioni di uno dei due bimbi si erano aggravate per una insufficenza renale data appunto dal Coli.  Si c'è un pò di strumentalizzazione sul Coli ma non si prende l 'infezione solo con il latte crudo, contatto con animali, carni crude o non cotte bene, latticini. Dalle mie ultime informazioni universitarie la fonte piu probabile di E.Coli sarebbero gli amburgher di cui vanno tanto pazzi i ragazzi. Poi nd ne vogliamo parlare della Campilobatteiriosi data dal consumo di carne avicola o le larve di Trichinella pseudospiralis trovata in un cinghiale il 7 gennaio 2010 nella carne o il rischio elevato di salmonella per la detenzioni di rettili a acquari o il possibile ruolo dei 52 cani positivi ad H1N1 per la trasmisisione dell influenza all'uomo a tal proposito ci saranno agigornamenti sul ruolo del cane nella trasmissione all 'uomo.

Esempi scientifici c'e ne sono una marea ma dobbiamo essere a conoscenza che la biologia è in continuo movimento; dipende come li viviamo questi cambiamenti se con timore come i mass media c'e li trasmettono o come un normale evolversi del fattore vita.

Credo fermamente che si puo sempre miglirare con la trasparenza e penso chi lavora in questo settore può sempre far meglio per istruire a volte consumatori ignoranti affinchè non si facciano influenzare dai media che piu delle volte anzi nel 99% non ne sanno un tubo di scienza basta vedere la BSE che crisi economica sul consumo di carne bovina ha avuto pero poi sulla TSE che è la sorella minore della BSE neanche se ne parlava...poi come anche è avvenuto per l'influenza. A me i media non mi fottono quando posso il latteo crudo lo compro. Saluti

dott.matteovincenti@googlemail.com

 

(13.02.10) Sul latte crudo e Ruralpini che torna alla carica

 

Splendido, grazie! L'ho già inoltrata ad amici con bambini e non solo.
Laura - la.scarani@tiscali.it

 

(12.02.10) Su ciamaa l erba

 

Buongiorno, mi chiamo Stefano Pontiggia e sono iscritto al corso di dottorato in antropologia presso l'Università di Milano-Bicocca. Le scrivo per una informazione. Ho letto con vivo interesse il vostro articolo sui rituali del chiamare l'erba e scrivo per alcune informazioni. Ho intenzione di compiere alcuni studi e possibilmente una piccola ricerca sull'argomento e per questo ho preso il testo 'Chiamare l'erba. Rituali di propiziazione primaverile nel comasco e nel Nord Italia' di Roberto Valota (ed. Cattaneo). Vorrei osservare un rituale dal vivo; i miei interessi sono verso quei momenti collettivi in cui maggiormente possano emergere elementi di critica ai capannoni e all'industrializzazioni segnalate nell'articolo. Quello che chiedo è di indicarmi dove tale rituale sia ancora praticato nelle zone dell'alto lago di Como (so di Aprica, in provincia di Sondrio, ma non di altri luoghi). Esistono rituali interessanti nell'altro Lario? Io abito a Cantù (CO), e vorrei comprendere principalmente i fenomeni ruralpini più vicini ai miei luoghi. Nella speranza di una risposta, ringrazio per l'attenzione e le porgo i miei più  cordiali saluti
Stefano Pontiggia -  repont@email.it

 

Caro Stefano. Il 'rituale' di Aprica mi dicono essere un po' turistico. Quello di Morbegno mi pare più frutto di un ripensamento per finalità di riflessione sul legame comunitario e territoriale e di critica sociale. Per l'alto Lario scrivi all'indirizzo cc (Anna) che può darti info aggiornate. Senti anche Giovanni Mocchi etnomusicologo molto interessato ai tipi di riti in discorso.A risentirci

 

(11.02.10) Latte crudo. Sfuso è obbligatorio bollirlo, in bottiglia si può non bollirlo !?

Prof. Corti , la Sua segnalazione e’ sicuramente interessante , oltretutto noto dall’ etichetta da Lei pubblicata che la scadenza e’ di 5 gg mentre per legge e’ di 3 gg. Sono pochi i casi di LC imbottigliato , sapevo di  Baronchelli ma non di altri . Posso sapere a quale prodotto si riferisce ? Grazie e complimenti per il suo sito. info@biola.it

(08.02.10) Sul lupo un dibattito 'laico' è possibile

Salve, leggo con interesse l'esauriente approfondimento sulla vicenda Piemonte-Lupi.

Condivido buona parte delle affermazioni contenute nel sito e premetto che la mia posizione personale è molto "laica" e che non sono contrario a soluzioni quali abbattimenti, sempre che siano fatti "non all'italiana" ma secondo una procedura definita, in modo da andare nella direzione della risoluzione del conflitto e non nella direzione di aggiungere un trofeo ambito a cacciatori abbienti.

Credo però che il problema non sia abbattimenti si/abbattimenti no, di fatto sappiamo tutti che gli abbattimenti illegali sono continui e sicuramente superano i numeri dei francesi e svizzeri. Tecnicamente però sono scettico nei confronti degli abbattimenti, sia in termini di costo (risorse umane) per abbattare un lupo (con tutto l'iter conoscitivo/decisionale/autorizzativo), sia in termini di risultati sul fenomeno predatorio. Sappiamo inoltre che andremo nella direzione delle sanzioni comunitarie, come succede per la Francia, con altre risorse che se ne vanno. Forse l'unica soluzione sarebbe quindi all'italiana" con una autorizzazione alle squadre di caccia al cinghiale di effettuare (quindi per questa fase gratuitamente) abbattimenti di lupo durante le battute, visto che i selettori non hanno questa frequenza di avvistamento? O autorizzare i pastori ad abbattere il lupo nelle proprie aree di pascolo, come succede in Francia? (da allevatore trovo questa soluzione più equa, anche se di utilità probabilmente marginale).

Credo quindi che in un contesto di vocazionalità della specie, intervenire con sporadiche rimozioni di animali, possa portare al risultato della trappola per i topi nella fogna di New York, con un forte inasprimento sociale, che di questi tempi potrebbe essere risparmiato.

Chiaro che invece da un punto di vista politico il risultato sarebbe demagogicamente valido, per le categorie colpite, e a caduta per i politici che le rappresentano.

Da 5 anni stiamo portando avanti con l'associazione allevatori di Firenze e Pistoia, due progetti di mitigazione dei danni, e credo che nel nostro piccolo abbiamo ottenuto dei risultati molto interessanti. Credo quindi che questa strada possa costituire la strada principale per la gestione del problema, cercando di far ottenere agli allevatori risorse e soluzione procedurali per la realizzazione e la gestione delle opere di prevenzione.

A sua disposizione per qualunque informazione.

 

Un cordiale saluto, Duccio Berzi dr. Duccio Berzi - CSDL - Centro per lo studio e la documentazione sul lupo Ente non lucrativo - C/o Museo del Paesaggio storico dell'Appennino - Loc. Moscheta, 50031 Firenzuola, Firenze info@canislupus.it

(06.02.10) Andrea Angelini ci manda la foto della sua manza Grigia alpina

(05.02.10) Licia ci ha mandate parecchie belle foto con le quali abbiamo fatto due gallery: capre a Trasquera e vita ruralpina a: Trasquera

Caro Michele,
ecco alcune foto, sono tutte mie tranne una di  Luisella Guzzetti. Le foto di Manna Norma sono relative al lavoro in Alpe Vallescia a 2063, ed i  formaggi sono trasportati a spalla nella sciuéra ai 1400m a Cima Campi, dove ha  la stalla intermedia (la ragazza di 40 anni pesa 45 kg....) Trasquera e Bugliaga sono  dei posti incantati dove il lavoro è davvero ancora  quello degli avi....è un museo vivente ed ancora attivo con tutte le attivitàbosco-legna-pascoli-animali-latte-formaggio ancora tutti ben concatenati tra  loro, ma vengono a mancare le nuove leve,  i vecchi stanno sparendo ed il  degrado è imminente. Noi siamo a Bugliaga Dentro e da "villeggianti" cerchiamo di fare del nostro meglio per sostenere ed incentivare la loro cultura, ma spesso anche loro non  ci credono ed appena possono... si costruiscono la villa stile Holliwood e vanno  a lavorare o sposarsi altrove. Per ogni necessità o visita in loco sarei felice di poterti aiutare. Il tuo lavoro è importante e credo profondamente in quello che stai cercando di portare avanti. Se non si salva adesso questo mondo rurale, si rischia di far saltare un  anello della catena di trasmissione delle conoscenze che andranno perse per sempre. Buon lavoro

Licia - licia.rotondi@libero.it

(03.02.10) Ha bisogno di consigli ... ma la voglia di lavore in montagna c'è ... sulle orme dei padri

 Avevo compilato il modulo su Ruralpini l'anno scorso mi pare..solo che allora ero impegnato lavorativamente..e non potevo mollare il lavoro.. Ho conosciuto i proprietari di una piccola azienda agricola a conduzione familiare della Val d'Intelvi (CO)..a S.Fedele Intelvi con alpeggio a Blessagno. La famiglia Ruju. Bravissime persone, sono stato da loro due giorni, una volta per conoscerli..mi hanno fatto vedere l'alpe..un'altra volta in paese li ho aiutati a fare dei mestieri. Ora ho lasciato il mio lavoro per motivi personali da un mesetto circa. Li ho ricontattati, mi hanno detto di tornare a trovarli per parlare un po'. Loro la scorsa estate hanno avuto un ragazzo che li ha aiutati come volontario..conosciuto credo attraverso Ruralpini.Il punto è che io lo vorrei fare come lavoro, non come volontario..non ho assolutamente pretese di guadagnare chissachè. Come funzionano i contratti in questo ambito? A me piacerebbe in futuro tornare in Valchiavenna dove i miei genitori hanno una baita in alpeggio..ristrutturata come seconda casa, ma ci sono tanti altri ruderi in giro..lì in alpe ormai nessuno porta più animali.. Mi piacerebbe prendere delle capre e fare formaggio..e vivere di quello.. Ma non ho esperienza con gli animali..lavoro il legno, mi piace lavorare all'aperto, nel bosco, sui prati..ma con gli animali non ho mai provato.. La famiglia Ruju alleva capre verzaschesi e produce formaggi..mi piacerebbe fare un'esperienza da loro..ma c'è qualcosa che mi frena..forse il fatto che i miei genitori, soprattutto mio padre (coi quali vivo, faccio 24 anni tra un mese), hanno una mentalità diversa..mio padre è cresciuto in montagna, ma poi l'ha lasciata..ha trovato lavoro in paese e è stato per 35 anni impiegato in banca..puoi immaginare che il suo modo di vedere il lavoro è diverso..Un'altra cosa che mi piacerebbe fare sarebbe aprire anche un piccolo rifugio su nella 'mia valle' dove non ve ne sono attualmente..la Val Bodengo..è da lì che viene mio padre, è lì che abbiamo la baita.  Ale alessandro.capelli@email.it

Simpatiche capre 'frise'

(27.01.10) Le invio il ritratto di una delle mie care amiche che vive in Engadina.

Laura Scarani  la.scarani@tiscali.it

Almeno i maiali sono ingrassati bene ... e la vacca non ha preso la mastite

(27.01.10) ...come  le  dicevo  le  invio  la  foto.  Le  posso   dire   che  questo   è  successo   nel   1995  all'Alpe   Corte  chiuso  (Valle Strona, VCO) caricato   nr  14   vacche   da  latte  e  sei   maiali.   In   questa  maniera   sono   state    salvate   le   vacche   i  maiali   sono   cresciuti   belli   come   dalla  foto.  Chi   a  fatto  la  foto  giorni   prima   non  ha fatto  in  tempo  a  estrarre  la  macchina   fotografica  dallo   zaino   in  quanto  la  vacca  si  e   mossa:  aveva  quattro  maiali ,  uno  ogni  mamell.   Con   questo   voglio   sperare   che    non   mi   capiti   mai   piu   caricatori   del   genere   le  vacche  e   maiali   all'alpe   il  caricatore   all'osteria  in   paese.  Distinti   saluti  

Lavarini  Francesco  cheflavarini@gmail.com

 

Appello a Zaia

(25.01.10) Egregio ministro dell'agricoltura Onorevole  Zaia,
Le scrivo per evidenziare, a mio modesto parere, un'ingiustizia.
Le spiego innanzitutto la nostra situazione dall'inizio. Il mio fidanzato, nato, cresciuto ed attualmente residente a Puos d'Alpago (BL) ha aperto nel 2008 un'azienda agricola per l'allevamento di pecore, la nostra passione, lui ha 23 anni e come sottolinea spesso Lei è propenso all'aiuto ai giovani nuovi insediati nel settore agricolo che hanno gran passione per l'allevamento e l'agricoltura. Bene, noi siamo proprio fra quelli!
Abbiamo iniziato quest'avventura con un allevamento di pecore da carne con tipologia di allevamento a pascolo vagante, questa scelta non è stata delle migliori, visto che sta diventando sempre più difficoltoso, per via delle chiusure di vari comuni in pianura e ora alla proibizione dell'utilizzo dei cani, indispensabili, a causa del diffondersi della malattia rabbia. Messi alle strette dalle molteplici disavventure e data la giovane età e la voglia di rendere sicura e continuativa la nostra azienda agricola, abbiamo pensato di orientare la nostra tipologia di allevamento puntando alla realizzazione di una stalla per pecore da latte, dedita alla trasformazione del latte in prodotti caseari. L'ente addetto ovvero l'associazione Coldiretti ci ha suggerito la partecipazione ad un bando proprio appena uscito per ottenere degli incentivi, legato proprio alla realizzazione di stalle con annesse zone di trasformazione latte, caseificio e punto vendita, esattamente quello che avremmo voluto far noi. Da qui, l'amara sorpresa: le pecore, in tale bando, vengono considerate solo ed esclusivamente da carne e quindi valgono pochissimo punteggio al fine di poter concorrere con gli altri allevatori per ottenere gli incentivi . Sono privilegiati esclusivamente gli allevatori di bovini da latte. A questo punto mi chiedo: perché? Infondo, la trasformazione del latte di pecora avviene nello stesso modo di quello di vacca o no?
Ora come ora noi non possiamo assolutamente permetterci di realizzare a nostre spese una stalla che possa fornirci un adeguato reddito per poter vivere così dovremo chiudere l'azienda, perché purtroppo non abbiamo alcun aiuto . tutto ciò non è giusto, perché abbiamo fatto grandi sacrifici per poter aprire l'azienda e resistere fino ad ora con grandissimi sforzi economici e fatica anche fisica. Per una volta che ci sono dei ragazzi giovani italiani che si impegnano in qualsiasi modo per creare qualcosa, perché non è data alcuna possibilità di poter emergere?
So bene che Lei non ha alcuna colpa delle clausole di questo bando e che questa lettera non verrà considerata, ma vorrei solo capire se può consigliarci a trovare un altro bando più idoneo, che permetta di poter partecipare anche a noi, allevatori di pecore, ed essere messi in condizione tale di poter competere a pari opportunità con gli altri allevatori.
In attesa di un Suo gentile riscontro in merito, Le porgiamo i nostri Distinti saluti.

Daniela e Davide dany.turbo@libero.it

'Svelata la truffa ambientalista': non gli piace il titolo e ci accusa di populismo rural-demagogico

(25.01.10) Mi sono fermato dopo aver letto il titolo, visto la superficialità ed il populismo rural-demagogico con la quale anche lei affronta l'argomento. I verdi chi? quelli che lanciano i lupi col paracadute o quelli che gettano le vipere nei sacchetti dagli elicotteri? Probabilmente l'articolo dice anche cose interessanti e sacrosante, ma dopo un titolo del genere ho desistito dal proseguire la lettura.  Cordialità. p.s. non ho mai votato per i verdi e li considerò dannosi per la nostra politica, ma ciò non basta a farne il capro espiatorio per per tutti i nostri guai quotidiani  (un gruppo politico con una percentuale da prefisso telefonico poi...) Francesco Pastorelli  CIPRA Italia, Via Pastrengo 13, 10128 Torino, Tel. +39-011-548626 Fax +39-011-503155, E-mail: italia@cipra.org www.cipra.org

Caro Pastorelli, Ruralpini non ha mai parlato di lupi paracadutati. E poi un pò di demagogia pro-pastori (ammettiamo anche che ci sia un po' scappata la mano) che cos'è in confronto della campagne (con ben altri mezzi) di WWF e soci sul 'povero bambi' o sui lupacchiotti? Se ci fermassimo ai titoli come fa lei l'informazione, la comunicazione, lo scambio di idee sarebbero morti e sepolti. Ci legga ancora non parliamo solo di lupo ma di tante altre cose che minacciano le Alpi (colate di cemento, maxi-eolico, pesticidi, captazioni idriche) e che in teoria dovrebbero stare a cuore a CIPRA. Dal Trentino

(17.01.10) Salve, cerco un cane pastore. Che abbia almeno un anno, la razza non importa. Non faccio parte della vostra associazione, ma faccio il pastore. Grazie. ogre@tiscali.it

 

Liquami ovunque, anche in alta val di Non

 

(16.01.10) Due anni fa provai a fare una passeggiata nei prati di Cavareno, dove sono nato e dove vivo tuttora, fin verso Sarnonico. Ad un certo punto mi trovai impantanato in un intrico di fiumiciattoli di liquami che colavano dappertutto. A fatica guadagnai la stradina che costeggia il golf Dolomiti, lo benedissi quel giorno!

Giuro su Dio che mai più andrò a fare altre passeggiate analoghe.

E' uno scandalo vergognoso che venga permesso impunemente agli agricoltori di spargere sul territorio l'enorme quantità di liquame prodotto da stalle superdimensionate ed alimentate da camionate di foraggio importato dalla pianura Padana. Trentingrana, agricoltura di montagna, produzioni locali? Mi vien da ridere, avete mai osservato IL FIENO moderno? Io me lo ricordo com'era 40 anni fa, pieno di varietà di erbe e di colori che ora sono scomparsi.

E' rimasto solo il colore verde, uniforme, apparentemente identico a com'era prima, in realtà l'erba è solo PAGLIA VERDE, altro che fieno di montagna, mi vien da ridere a crepapelle quando vedo certe cose in televisione. Tempo fa vidi un servizio in cui veniva mostrata la produzione del Trentingrana. Ci mostrarono la fienagione in località Regole di Malosco, fatta ancora con metodi tradizionali, spacciandola naturalmente come quella universalmente usata per la produzione del Trentingrana. Bugia, non è quello l'ingrediente principale, è quello che ho descritto io, la paglia verde che troverete nelle praterie (???) dell'alta valle, prodotta a suon di liquami tossici.

Qualcuno dovrebbe almeno avere il pudore di tapparsi la bocca invece che spargere notizie infette e false.

Io vado per funghi da 35 anni negli stessi posti, in alta val di non. Sono testimone del progressivo degrado delle praterie, un tempo coltivate con metodi tradizionali. Funghi a volontà, fino a una decina d'anni fa, moltissime varietà. Ora stanno scomparendo, bisogna usare la lente e tutta l'esperienza acquisita in tanti anni per portarsi a casa qualcosa, da quei posti. Se qualcuno di voi non ci crede vi posso portare con me e vi farò toccare con mano il cambiamento, impressionante, che è avvenuto negli ultimi 10-15 anni.

Adesso è la volta delle mele, che sembra ormai inevitabile che sostituiranno la zootecnia anche in alta valle.

Liquami contro pesticidi? Di male in peggio, a suon di milioni. E solo quello che conta ormai, i soldi, tutto il resto chissenefrega. Buona fortuna a tutti i nonesi in procinto di bersi la parte di cervello che è loro rimasta, con la Melinda.

 

E. Pellegrini  edoapel@gmail.com

 

(15.01.10) Troppi cervi in Cansiglio? Il Presidente della provincia pensa agli orsi magna-cervi

Prof. Corti, la ringrazio per il contributo che ci ha dato, anche negli spunti e riflessioni sue.

Ci terremo in contatto, grazie ancora a nome degli allevatori del cansiglio.

Paolo Casagrande Anpa Veneto  anpaveneto@anpanazionale.it

Cattaneo, il federalismo, e i rapporti transfrontalieri

(28.12.09) Grandioso articolo , grazie per il lavoro che fate              
sac Gabriele Romagnoli  presidente della FONDAZIONE ROSMINI  Domodossola

rom.lele@libero.it

 

Ringrazia per le foto

(26.12.09) salve! ho copiato una delle sue belle foto.ha chiesto di avvisarla se l'avessi fatto...e cosi' ho fatto!

complimenti...bellissime!!!! grazie.clara

clarabarcell@yahoo.it

 

I problemi degli alpeggi

(22.12.09) Salve grazie al sito dei Ruralpini sono venuto a conoscenza della vostra associazione, state facendo veramente  tanto e la cosa più importante è che date un aiuto concreto a chi ha sempre più difficoltà a praticare l’ alpeggio (penso che oltre all’aiuto sul lavoro avere una compagnia in alpeggio sia una cosa veramente importante) . Io lavoro in coldiretti come tecnico caa ma essendo allevatori da generazioni  vado anch’io in alpeggio purtroppo però solo quando il lavoro me lo permette (ferie e festività). Ho letto attentamente il Codice dell’Alpeggio e potrei scrivere non sò quante righe…. Spero di non annoiarvi perché saranno argomenti che vi escono dalle orecchie. Per prima cosa vorrei chiedervi di prestare attenzione all’ problema dell’aggiudicazione degli alpeggi pubblici, bandi troppo semplici potrebbero favorire sotterfugi ma bandi troppo complicati (vedi Regione Piemonte ) per di più applicati per l’aggiudicazione di alpeggi fatiscenti e abbandonati da anni hanno avuto esiti negativi. è capitato che un giovane allevatore che essendo in attesa di insediarsi (psr) non aveva ancora i requisiti partita Iva ,inps ecc.. nonostante fosse l’unico partecipante all’ asta , disposto a ripristinare l’alpeggio e presentare entro l’anno tutta la documentazione richiesta si è visto annullare l’offerta per mancanza di requisiti. I risultati di questa spiacevole situazione sono stati rinuncia d’insediamento in agricoltura per insufficienza di terreni e abbandono totale dell’ alpeggio comunale.. sembra impossibile  ma purtroppo è realtà comune di Armeno (NO) alpe Apule. Un altro problema che ci tengo a segnalarvi l’ho notato nel terzo paragrafo del Codice… STRUTTURE ADEGUATE E RISPETTO  NORME IGIENICO-SANITARIE vi segnalo che in questa zona diciamo del cusio è una situazione veramente insostenibile. Le asl competenti sul territorio stanno facendo una sorta di terrorismo nei confronti di allevatori che purtroppo non hanno tutti i requisiti per la vendita di formaggio. Forse loro per tutelarsi mettono a conoscenza gli allevatori di quello che devono avere per essere in regola il problema è che qualcuno è quasi a posto (con poche modifiche se la cava ) ma altri sono in situazioni difficili, non stò a elencarvele però ad es. persone che si spostano in tre alpeggi (dovrebbero rifare 3 caseifici?) ci sono anche persone con 65-70 anni ,allevatori e casari da una vita che non hanno figli ,vengono e mi chiedono, possiamo andare avanti o dobbiamo chiudere? Sono richieste anche ridicole tipo piastrellare e mettere a norma un locale a 1600 m dove si arriva dopo 2 ore di cammino e si alpeggiano 60 capre per tre mesi. poi manca sempre qualcosa… Io penso che il formaggio d’alpe si fa all’alpe e all’alpe NON CI DEVONO essere ne piastrelle ne disinfettanti o detergenti chimici ma DEVE ESSERCI un casaro esperto con  tanta ambizione,ordine, pulizia, animali sani e tanta buona volontàVorrei scrivere ancora ma riconosco di non essere bravo a esprimermi, preferirei magari un giorno poter partecipare a un vostro incontro..  Vi ringrazio ancora tanto da parte mia e di tutti i miei amici alpigiani per quello che fate e continuerete a fare  auguro un felice natale e un buon 2010.

MatteoCeresa  ceresa@coldiretti.it                                                                                                                                                                                     

Alpeggi alto comasco

(08.12.09) Caro Corti, ringrazio per le notizie sulla Priula ed il resto. Sono un estimatore e ricercatore del culto di S.Lucio protettore degli alpigiani,dei casari e dei formaggiai e mi piacerebbe fare qualcosa che lo facesse conoscere meglio: credo che tu potresti darmi qualche idea. Sono preoccupato come in alcune zone che conosco e percorro (Alto Lario Occ. Val Cavargna gli alpeggi stiano chiudendo anche per la concorrenza dei proprietari di grandi gregi di pecore, che all'asta dei comuni battono i piccoli alpigiani. Cosa mi dici al proposito?. Ciao Pierfranco Mastalli pierfrancomastalli@libero.it

Caro Pierfranco, delle pecore con la brucellosi della Cavargna ci siamo occupati la scorsa estate con l'articolo Inforegioni15.09.09.htm  Non ci sono, però, pecorai cattivi e vaccari buoni. Le speculazioni le fanno anche grandi allevatori di bovini della pianura che affittano gli alpeggi per mandare su quattro bestie da carne e incassare contributi e diritti di spandimento liquami. Ci sono anche pastori ovini seri che gestiscono bene i greggi ed alcuni pascoli sono adatti per le pecore. Il principio dovrebbe essere: priorità a chi carica con adeguato numero di bovini e caprini da latte e caseifica in alpeggio; se questo non è possibile  piuttosto che bovini da carne o altre bestie non custodite (o un numero assolutamente insufficiente di bovini da latet) meglio un gregge ovino di adeguate dimensioni (nè troppo grande nè troppo piccolo) sorvegliato e ben gestito.

Yak sulle Dolomiti?

(30.11.12) Nessun pregiudizio sullo yak, ma possibile che le care razze locali siano già superate? Con chi è stato fatto il confronto per cui gli yak sarebbero meglio di bovini ovini e caprini? con le frisone? mi sembra inoltre un po' superficiale dire che la re-introduzione dello yak aumenta la biodiversità.

www.agricolturaitalianaonline.gov.it/contenuti/attivita_ministro/italia/gli_spazzini_del_bosco_sulle_dolomiti_bellunesi
saluti Andrea Pasqualotto
endriupasq@hotmail.com

 

Brisaula e grano saraceno

(30.11.09) Grazie signor Corti e ruralpini, l'informazione sulla "brisaula" ci voleva! Chissà che i Valtellna possa cambiare qualcosa. Anch'io al museo Molino del Dosso, mi batto a ragione con visitatori che si entusiasmano del grano Saraceno: rispondo che il prodotto è importato totalmente dall'estero, fanno fatica a crederlo, quasi fossi geloso di quella delizia che arriva da 3.000 km. Spiego che in Valtellina a differenza abbiamo ancora varietà di granoturco da polenta assai più importante e di grande resa. che si sta disperdendo per la non seminagione,
Chissà che  anche su questo prodotto arrivi il momento di fare il punto, non per denigrarlo ma far capire che il Saraceno è di tutti noi, da poterlo mangiare con ricette che ognuno gode senza essere catechizzati che quella vera e originale si mangia solo a Teglio. Sfatare quete certezze, farebbero bene al prodotto anche se la semente di Varietà "grano saraceno Valtellina" ben acclimatato si è disperso per sempre, proprio per la non seminagione. Serafino Vaninetti (via facebook)

Basta pesticidi sulle Alpi

(30.11.09) Caro Michele, i Medici dell'ambiente (ISDE) vi sono vicini...ti allego questo articolo  recente che è stato pubblicato sul giornalino che accompagna la stella  di Natale dell'AIL ( Associazione contro Leucemie e Linfomi) di cui sono vice presidente per la provincia di Forlì-Cesena. Ti suggerisco di coinvolgere in questa vostra battaglia anche l' AIL (se non altro per metterla alla prova....) Diffondi anche gli altri comunicati che ti allego: è ora di smettere di  correre dietro alle malattie senza fare nulla per combatterne le cause! Cari Saluti. Patrizia Gentilini patrizia.gentilini@villapacinotti.it

(29.11.09) (Sig. Corti grazie per l'ottimo sito e le informazioni di qualità. Per facilitare la diffusione delle sue pagine potrebbe mettere alla fine di ogni articolo la possibilità di condividerle nei più importanti social network ( facebook ad esempio). Grazie Buon lavoro. Luca Vitali Delebio (SO) lucavitali1@aliceposta.it

Riceviamo con particolare piacere la lettera di una coppia di giovani 'alpeggiatori tutto l'anno' nel Verbano (Parco Val Grande), spacciato come la più grande area wilderness italiana

 

(26.11.09) Buongiorno sig. Corti, ho letto l'articolo sulla recensione del libro Alpi, Alpigiani e formaggi del VCO, noi siamo citati come Azienda Agricola Corte Merina, siamo proprio in un alpeggio dentro al Parco Nazionale Valgrande, unica azienda agricola con l'intera sede all'interno di esso! Facciamo pascolo 360 giorni all'anno, la nostra famiglia vive e lavora tutto l'anno a Cicogna, nell'alpeggio dove stanno anche i nostri animali. Devo proprio dire che tutti i commenti al libro e le considerazioni che ha fatto sulla situazione degli alpeggi in Valgrande e nel VCO e sul rapporto che il Parco ha nei nostri confronti sono proprio azzeccate! Ci siamo veramente ritrovati visto che noi, io e mio marito, viviamo queste situazioni di persona e affrontiamo tutte queste problematiche quotidianamente! Comunicare con internet e trovare persone che condividono e capiscono queste esperienze è veramente un conforto che ci rafforza ad andare avanti nel nostro piccolo mondo in mezzo alle montagne! Dopo dieci anni di mancanza di collegamento internet siamo riusciti tramite il sistema Eolo ad avere questa possibilità (riusciamo a farci pubblicità, creare e mantenere rapporti di lavoro) ma qui manca ancora il collegamento stabile con il cellulare e non c'é rete fissa...tutti i problemi che lei affronta nel suo sito sono proprio i nostri, sacrosante parole!! Che dire, potrei andare avanti ancora per molto ma sono tutte cose che lei già sà. Saremmo lieti se un giorno ci possa venire a trovare, complimenti per il suo lavoro, un saluto.

Rosanna e Rolando info@cortemerina.it

 

 

Sintetico

Salve! Volevo sapere come è gestito l'alpeggio estivo; a me piacerebbe andare ad aiutare ed imparare in alpeggio nell'estate 2010.se mi pu dare delle informazioni o se mi puo dire a chi mi posso rivolgere.Grazie!! marcobellu1992@libero.it

Caro Marco. Non è sempre uguale. Ci sono quelli più organizzati con più persone che lavorano e quelli più piccoli con 2 persone (una lavora il latte, l'altro segue il bestiame, entrambi mungono). Dove c'è parecchia gente e magari una  famiglia intera i compiti sono più ripartiti e magari ti fanno fare dei lavoretti leggeri. Dove sono in pochi se vai a dare una mano devi fare un po' di tutto (se non sai mungere o cagiare il latte ovviamente non puoi  farlo). Ci sono quelli dove si arriva in auto, in fuoristrada, col mulo. Ci sono quelli con doccia e servizi confortevoli e quelli ancora un po' primitivi. Ci sono quelli con l'agriturismo dove passa un sacco di gente e quelli a casa del diavolo. Noi chiediamo a voi di dirci che tipo di 'aspettative' avete per evitare delusioni. Se non te la senti di andare in un po' posto 'duro' meglio ripiegare su situazioni più tranquille e confortevoli (dove comunque ci si alza presto e si deve lavorare). Comunque le possibilità sono molto varie e cerchiamo di far combaciare 'domanda' e 'offerta'

 

 

Ricevuta via Facebook da un ragazzo che nel comasco viene espropriato della sua terra. Di capannoni ce n'è tanti, di ragazzi che vogliono fare gli allevatori pochi.

 

(19.11.09) buona sera prof, ho letto con piacere i suoi post sui ribelli del bitto e devo dire che condivido in pieno i motivi che hanno spinto queste persone a manifestare poichè viene negata loro un identita singola, storica senza pari. queste persone che hanno saputo gestire alpi nell'epoca dove non esisteva il filo elettrico, che sanno cosa significa vivere sul ripido sono, secondo me, la risposta a quella sorta di ammodernamento agricolo spinto verso il produrre sempre più che oramai sta colonizzando, o meglio ha colonizzato ed ha mietuto vittime, le nostre care ed amate alpi. ora le parlo di un fatto recentemente successo a me... nel mio paese una giunta senza coscenza di cosa é presente a livello agro ambientale, ha pensato bene di approvare strade inutili, aree industriali su torbiere ed il sottoscritto visto che gli portan via la terra, visto che non può permettersi il lusso di comprere un terreno industriale va incontro a non poter più allevare mezza vacca.  ho appena avviato l'allevamento di fattrici piemontesi ma se sparisce la terra con cosa le sfamo e dove le mando al pascolo ma posso in caso occupare il comune alla don camillo? la saluto sperando di incontrarla in università.

 

 

Cercasi socio per l'alpeggio in Valstrona (VB)

 

(10.11.09) Sono un figlio  d'arte essendo stati i  miei  genitori degli  alpigiani  e  di  conseguenza sono  il  proprietario ereditario  di  due   alpeggi   in   Valstona alle pendici del  Monte  Massone  denominati   Alpe  Corte  chiuso e  Alpe   Nuove,  in  cartina  altezza  1811,  sito  nel  comune  di  Valstrona  (VB) con  pascolo sino  alla  croce  del  Monte   Massone   e  l'altro è poco  piu  a  valle chiamato   Alpe  Bagnone altezza   1290   sito  nel   comune  di  Loreglia   sempre in  Valstrona.  Distano  uno dall'altro  circa  un'ora  e  sono  stati  usati  come  cambio  uno dall'altro;  si  puo  fare  circa 110-120  giorni  di  alpeggio  riattivandoli  bene.   Io non  faccio  questo   mestiere,  ma  lo  fatto  in gioventù,  e  nutro  una  grande  passione,   tanto è  vero  che  li  sto  riattivando  entrambi  a  nuovo  proprio  per  fare  zootecnia.  Sarei  interessato  di  trovare  un  giovane  socio  per  un  lavoro  in  società.  So  che  non  e  cosa  facile  ma con la  crisi  non  si  sa  mai.   Gli  alpeggi  per  la  prossima  stagione  sono  ben  attrezzati come  sistemazione  di  aloggi e  anche per la  lavorazione  del  latte  e  ricovero   animali. E'  possibile  caricare    circa  40 \45 bovini per  i   primi  anni   e  capre   e  pecore in  quanto  bisogna  riattivare  il  pascolo.  Lavarini  Francesco     tel  347 005271   cheflavarini@gmail.com

 

... il ringraziamento per le inserzioni

 

(26.11.09) tante  grazie  signor  michele   corti  grazie   ai  vostri  blog  e  grazie  a  lei  e alla  signora  marzia  verona  sono  molto  fiducioso  di  trovare  qualcuno  x  caricare  e  riattivare   gli   alpeggi  mi  sono   messo   in   ccntatto  con  un   vosto  insersionista   e  vedo  che  lui  e  molto  interressato  ma soprattutto   mi  pare  molto   realista   che  voglia  fare  le  cose  con  il  giusto  impegno   e   vedo  che  ce   molta  gente  che  non  sono  del  settore   che  ti   danno  un  giusto  supporto   morale   per   avere  quel   po   di   entusiasmo    tanti   saluti  e  un   grande   grazie.  lavarini  francesco cheflavarini@gmail.com

 

 

Un ragazzo con la passione per le capre (così, con l'aiuto di  appassionati si salvano le razze in via di estinzione) 

 

(10.11.09) Salve mi chiamo Andrea Angelini...sono di Talamona (SO) e ho 21 anni... Vi ho inviato le foto delle mie capre vai a vedere ho iniziato tre anni fa ad allevare capre orobiche...le mie sono quelle  all'aperto mentre le marine nella stalla sono di Galletti Massimo un  pensionato di Morbegno sono le capre più belle e ben custodite che io abbia mai visto... io cerco di fare il possibile per le mie capre ma galletti è inarrivabile riesce a tenerle pulite in una maniera incredibile, splendono dal bianco candido che sono poi sono sempre piene e grasse....forse anche troppo grasse perchè delle volte hanno problemi nel parto ....però per un appassionato di capre Orobiche quella stalla è il massimo ....ho letto il suo libro sul Bitto lo trovato davvero interessante .....speriamo che i produttori veri del Bitto storico riescano ad avere la meglio e  a far valere le loro ragioni...l'allevamento è la mia passione starei ttt il giorno nella stalla con le bestie ..peccato che per il momento lo devo solo fare come hobby le invio ancora una mia foto con le mie capre- P.S. domenica a Casargo c'è la mostra regionale della capra orobica...probabilmente lo saprà già. angelinindrea@gmail.com

 

 

Un ragazzo che si candida per l'alpeggio 

 

(14.11.09)  Gentili Amamont, mi Chiamo Molteni Matteo e vi scrivo per confermare la mia candidatura per il lavoro in alpeggio per il 2010. Vi allego il vostro questionario con le mie informazioni aggiornate a quest'anno. Colgo l'occasione per ringraziarvi in quanto per merito del vostro sito nel 2009 ho avuto una positiva esperienza in alpeggio con un'azienda agricola della Val d'Intelvi (CO). Grazie e cordiali saluti.   Matteo Molteni molteoluca@alice.it

 

 

Un ragazzo che ringrazia per l'esperienza in alpeggio

 

(10.11.09) Mi chiamo Marco Tacconi e ho lavorato per tutto il periodo estivo da Matteo Chindemi, il proprietario di un' azienda agricola di montagna ad un'ora di cammino sopra l'abitato di Cannobbio (VB). Esperienza unica e sicuramente di grande interesse tanto che, essendo studente dell'università di agraria a Edolo, mi ha dato lo spunto per un'idea di tesi, pur avendo appena cominciato il secondo anno.

Ottimo anche il sito e l'organizzazione anche se, parlando con il mio nuovo amico e datore di lavoro estivo, è trasparito che molte persone sono convinte di andare a fare una scampagnata. Sto lavorando ad una presentazione scritta e sintetica della mia esperienza.Se siete interessati potrei in futuro inviarvela. Grazie e a risentirci. supertacco@gmail.com

 

 

 

 

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