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(02.12.2012) Continuavano a chiamarlo  NIMBY

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La dimensione oppositiva della protesta "post-ambientalista" e quella propositiva non sono affatto disgiunte nonostante sia interesse dei poteri politici ed economici (e dell'ambientalismo istituzionale) far credere il contrario mediante la stigmatizzazione delle proteste quali espressione della "sindrome NIMBY" leggi tutto

 

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(08.04.13) Nella città di Francesco per fermare le biomasse

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(26.12.14) Il movimento contro le biomasse è un movimento spontaneo che ha imparato a prendere le distanze dall'ambientalismo istituzionale e rappresenta uno spazio di partecipazione e democrazia

 

La protesta no biomasse come

forma di democrazia e

partecipazione

 

di Michele Corti

 

L'azione di protesta dei gruppi di azione locale (come i Comitati No biomasse/biogas) è espressione di democrazia non manipolata e di cittadinanza attiva. Non contesta solo una concreta minaccia alla vita locale ma anche il degrado della democrazia a lobbysmo, la manipolazione e l'inganno dei cittadini, il trionfo della speculazione contro il bene comune in nome di una green economy senza scrupoli. Pur non occupando le pagine dei quotidiuani nazionali il movimento no biomasse coinvolge decine di migliaia di persone che hanno partecipato a riunioni pubbliche e manifestazioni di proetesta di ogni tipo.

 


Istituzioni, movimenti ambientalisti istituzionalizzati (palesemente collusi con i poteri forti), lobby continuano imperterriti ad evocare la โ€œsindrome Nimbyโ€, ampiamente screditata sul piano scientifico (ma loro non ve lo diranno) mentre, al contrario, da decenni l'analisi sociologica e sociopsicologica guarda alle azioni di protesta dei gruppi locali come ad una forma di partecipazione.

La partecipazione democratica oltre alle forme di selezione del ceto politico-amministrativo si esplica in altre due forme principali: una โ€œspontaneaโ€, l'altra โ€œprovocataโ€. Quella spontanea consiste nell'aggregarsi dei cittadini in forme di affiliazione spontanea, permanenti o temporanee che nascono sul terreno della difesa/protesta o da obiettivi di miglioramento dell'ambiente delle comunità. Essere reattivi (alle minacce all'ambiente della comunità) o proattivi discende dalla stessa aspirazione a risiedere in un luogo dove poter sviluppare le proprie aspettative, sulla base degli investimenti (materiali, emotivi, affettivi). 

 


Non ci rimane che protestare
 

La partecipazione โ€œprovocataโ€ è una forma di partecipazione inferiore che spesso nasconde intenzioni manipolatorie (ovvero il contrario della partecipazione). Si tratta di forme di consultazione promosse da soggetti istituzionali finalizzate molto spesso a suscitare l'impressione che il cittadino/suddito possa incidere sulle procedure decisionali. Considerato che anche sul terreno della selezione del ceto politico-amministrativo la possibilità di reale incidenza da parte dei cittadini è fortemente limitata dal peso degli interessi costituiti la forma di partecipazione spontanea è spesso l'unica espressione di democrazia realmente accessibile appare evidente che lo spazio della protesta, dell'azione locale dal basso (bottom up) sia in crescita. Non solo perché le altre forme di partecipazione sono svuotate e manipolate ma anche perché, come è noto, la strategia del tardo capitalismo โ€“ in un contesto di costi crescenti di produzione di energia e di materie prime) tende ad uno sfruttamento integrale delle risorse territoriali (suolo, sottosuolo, soprassuolo) senza alcun riguardo per i beni comuni. 


Nel Far West del biomassismo

La globalizzazione del capitale tende a far cadere le differenze di approccio tra primo mondo e gli altri da parte di poteri sempre più globali facendo conoscere anche ai territori della Vecchia Europa i metodi spietati dai quali gli europei si ritenevano al riparo. Quest'ultima considerazione riguarda a maggior ragione l'Italia, paese a sovranità ormai più che limitata, tenuta in ostaggio in forza del debito pubblico e dell'imposizione di regole che cautelano gli interessi finanziari europei dalle conseguenze dell'inglobamento di un anello debole (sorgente di potenziale instabilità) nella gabbia dell'Euro. Di qui il ruolo di Hub europeo del gas, i gassificatori, gli stoccaggi, i nuovi metanodotti, la folle corsa alle biomasse (strettamente intrecciata alla politica internazionale dello smistamento del gas e, sul piano interno al sempre promettente business dei rifiuti a sua volta sempre più intrecciato a quello delle energie โ€œrinnovabiliโ€). C'è da meravigliarsi che in questo contesto, che assomiglia sempre più a un Far West, le comunità locali โ€“ operando sull'unico terreno, quello locale, dove i cittadini riescono ancora ad esercitare un qualche controllo โ€“ moltiplichino le loro azione di protesta. 

Egoista chi?

Quanto alla distinzione tra forme โ€œproattiveโ€ (virtuose) e โ€œreattiveโ€ (egoistiche) va da sé che si tratta di una distinzione surrettizia strumentale ad una quasi scontata strategia di stigmatizzazione da parte della coalizione degli interessi impegnati nelle aggressioni ed espropri dei territori. Come abbiamo visto chi protesta difende uno spazio personale e collettivo, uno spazio che spesso è già stato โ€“ a prezzo di notevoli sacrifici โ€“ difeso da precedenti minacce. E' francamente paradossale che l'azione locale per tutelare le comunità, i luoghi, i territori (realtà ampiamente sovrapponibili) venga qualificata come โ€œegoisticaโ€ mentre viene definita di โ€œpubblica utilitàโ€ quella di interessi speculativi che distruggono interi sistemi locali snaturandoli e degradandoli per perseguire i loro fini di super profitti e di malaffare (non c'è bisogno di dimostrare gli intrecci tra grandi opere, discariche e criminalità organizzata). Di pubblica utilità sono i tracciati della TAV (preferenzialemnte in galleria per far lievitare i costi), le centrali a biomasse per produrre energia elettrica a prezzo di un insopportabile incremento del costo dell'energia e di un parallelo aumento di emissioni inquinanti. La ragione โ€œscientificaโ€ per cui le istituzioni e i media qualificano โ€œnimbyโ€ (ma a volte anche โ€œterroristiโ€ pur in assenza di qualunque azione violenta) i gruppi di azione locale e โ€œimprenditori illuminati e eco responsabiliโ€ i pescecane della speculazione sulle grande opere e le energie pseudo rinnovabili va ricercata nella crescita di giro di affari, di concentrazione di potere e di influenza delle lobby rispetto alle quali la politica diventa una specie di ombra (nemmeno più il caro vecchio โ€œcomitato d'affariโ€). La regione va ricercata nella proprietà dei media e nelle fonti della raccolta pubblicitaria.


Le motivazioni della protesta

Per protestare, però, non è sufficiente sentirsi minacciati, essere consapevoli delle minacce che incombono sulla realtà locale. Alla sfiducia nella politica (spesso percepita come schierata dall'altra parte della barricata ovvero dalla parte di chi vuole danneggiare gli interessi della comunità locale) deve corrispondere una speculare fiducia nell'efficacia della protesta che dipende dalla disponibilità di risorse e di opportunità politiche e da una fiducia diffusa nell'azione di gruppo. Queste condizioni, come è facile constatare, non sono presenti ovunque nella stessa misura. Un aspetto che la ricerca sociologica e psicosociologica ha messo in evidenza (ad ulteriore smentita della โ€œsindrome Nimbyโ€) riguarda l'importanza di una lacerante indignazione che rappresenta l'elemento su cui maturano le motivazioni della protesta e il passaggio all'azione. L'indignazione è tanto più forte quanto più l'ingiustizia che si vuole evitare e combattere viene percepita non solo come danno materiale (alla proprietà, alla sicurezza, alla salute, alla socialità) ma come violazione di principi (equità, giustizia, correttezza di procedure, trasparenza).
Appare evidente che gli aspetti strumentali (ottenere una utilità attraverso l'azione collettiva, scongiurare una minaccia) non sono sufficienti per determinare l'innesco di una protesta organizzata, un fatto di cui i promotori di una protesta devono essere consapevoli.
Le persone tendono a valutare inizialmente in modo sommario le conseguenze delle minacce che incombono sulle loro comunità e non sono sempre consapevoli di quanto le alterazioni provocate nella realtà ambientale della comunità possano influenzare il benessere loro, delle loro famiglie, dei loro vicini. Da una sommaria e โ€œautomaticaโ€ valutazione si passa ad una valutazione più meditata. Quanto influisce questo evento sulla realizzazione dei miei scopi. Che cosa ha provocato l'evento? Posso controllarlo? Come si pone rispetto ai miei valori, alle norme sociali? La risposta a queste domande richiede la disponibilità di informazioni nel contesto di un processo che non è rapido e che richiede già in questa fase l'interazione con chi si trova esposto alla stessa minaccia. C'è insomma bisogno di attivare una dimensione collettiva e per farlo sono necessari โ€“ stante anche i tempi ristretti โ€“ ottimi lubrificanti sociali. E' necessaria una mobilitazione che faccia leva su senso di appartenenza (il legame anche affettivo al luogo), sull'identità collettiva (il โ€œnoiโ€ e il โ€œloroโ€), le emozioni. Una valutazione puramente individuale ed utilitaristica porterebbe ad un tipo di risposta in tempi troppo lunghi e con un grado si โ€œcollanteโ€ troppo debole (l'interesse personale supposto uguale). Per funzionare la protesta deve fare leva su ben altri elementi.


 

Identità come propulsore di azione collettiva

Dagli anni '80 la sociologia (ma anche la sociopsicologia) è arrivata alla conclusione che un movimento di protesta fa sempre leva su elementi identitari. La dimensione identitaria della mobilitazione riguarda il mettere a fuoco chi siamo noi (uniti dal condividere non solo uno spazio residenziale ma anche delle idee, dei progetti, un comune sentire nato sulla base di abitare, nel senso pieno del termine, un luogo) ma anche da chi sono gli altri (i politici a braccetto degli speculatori, un sistema finanziario rapace, una burocrazia tutt'altro che neutrale). Non a caso la politica e l'ideologia dominanti esprimono una vera e propria allergia per ogni rifermento all'identità (a destra strumentalizzata, a sinistra demonizzata come anticamera di un nuovo nazionalsocialismo).

Richiamando l'importanza dell'identità della comunità locale non si vuole certo negare che l'identità sociale delle persone è oggi sempre più un'identità multipla. Resta il fatto che in Italia, a differenza di altri paesi, rimane una sostanziale stabilità residenziale, il senso di comunità è rimasto forte mentre la crisi delle forme istituzionali di partecipazione politica ha rilanciato le comunità territoriali quale ambito di partecipazione e cittadinanza attiva tanto più quanto le persone sentono che nella complessità e nello spaesamento dell'organizzazione sociale della tarda modernità esse hanno ben scarsa possibilità di incidere così da trasferire le loro energie di controllo dei processi di trasformazione da ambiti più generali ad aspetti della vita quotidiana e della dimensione locale. 


Politicizzare (in senso buono) l'identità locale
 
Resta da considerare quanto, però, nell'ambito di singole realtà contino l'identità sociale e collettiva rispetto a quella personale. La grande diffusione delle forme di associazionismo e volontariato tende a ribaltare l'immagine di una scarsa diffusione (specie in alcune aree del paese) di una dimensione civica che sarebbe ancora ampiamente compressa dalla realtà del familismo e del particolarismo.

L'identità locale come ogni identità collettiva diventa un presupposto ed un fattore per il passaggio all'azione di protesta quando essa si politicizza quando le situazione di ingiustizia, di aggressione subita viene consapevolmente considerata come una condizione che riguarda la comunità locale. Non sempre questo meccanismo scatta perché per vari motivi la minaccia viene a volte percepita come tale solo con riferimento ad un gruppo limitato, non rispetto a tutta la comunità. All'interno delle nostre comunità permangono vecchi particolarismi che ostacolano la formazione di un'identità comune. Le aggressioni al territorio tengono conto con grande cura di questi elementi. Una discarica, una centrale a biomasse sarà di preferenza realizzata nei pressi di una frazione, possibilmente di piccole dimensione, possibilmente con scarso peso demografico ed elettorale, spesso appartenente ad un comune diverso rispetto a quello sul quale si progetta la realizzazione dell'intervento. Tanto più l'appello alla partecipazione all'azione di protesta fa leva su elementi di una più ampia identità locale (identità rurale, identità di un territorio che abbraccia più comuni), quanto più fa leva su elementi morali, su richiami etici e si inserisce in uno schema (framing) ideologico (nel senso buono del termine), tanto più i limiti dell'appello ai soli interessi direttamente colpiti (per quanto sacrosanti) non giocano più da unici elementi di mobilitazione.


Indignez vous

L'elemento dell'identità da questo punto di vista diventa fattore di stimolo dell'azione collettiva di protesta se associato all'indignazione, intesa come emozione di gruppo. Se la comunità locale indignata per l'ingiustizia che le si vuole far subire si percepisce forte, reattiva, l'indignazione rappresenta una potente molla per la protesta che induce anche a lanciare la sfida nei confronti delle istituzioni (qualora queste sono schierate dall'altra parte della barricata). L'indignazione accompagnata dalla percezione dell'efficacia e competenza del gruppo (oggi anche nelle piccole comunita ex-rurali in relazione alla diaspora dalle aree metropolitane non mancano persone con esperienza nelle associazioni, con elevate competenza professionali e organizzative) spinge a forme organizzate di protesta (petizioni, manifestazioni, azioni legali). Se invece il gruppo è convinto della propria debolezza, se non si sente unito, deraglia verso l'atteggiamento di rassegnazione.

L'aspetto della capacità e competenza (empowerment) del gruppo di azione locale dipende da fattori che riguardano la densità delle relazioni che legano i membri della comunità locale. La decisione di partecipare alla protesta (in realtà anche la fase di assunzione di informazioni e di valutazione) è assunta all'interno di reti di relazioni, non in modo isolato. Sono le reti di partecipazione al volontariato, il capitale sociale rappresentano una risorsa strategica del gruppo/comunità perché crea le condizioni dell'efficacia dell'azione. 


Il ruolo del capitale sociale

Il capitale sociale, la presenza di reti (aspetto strutturale) incoraggia i comportamenti cooperativi favorendo la mobilitazione e la partecipazione (meccanismi oliati). Non s deve pensare solo all'associazionismo culturale, al volontariato. Spesso una pro loco attiva, un gruppo informale che organizza la Sagra del paese rappresentano formidabili reti locali. 4L'aspetto relazione implica reti di conoscenza personale e amicali e di fiducia che mette a disposizione supporti di informazioni, materiali, emotivi. Fattori chiave, lo ripetiamo, per agire rapidamente ed efficacemente dal momento che chi intende perpetrare l'aggressione alla comunità (specie se gode come in molti casi dell'aperta collusione degli amministratori locali) conta sul โ€œfattore sorpresaโ€ sul blitz procedurale, sapendo benissimo che la popolazione, quando ha il tempo di reagire, passa al contrattacco. L'aspetto cognitivo del capitale sociale riveste un ruolo fondamentale nelle azioni di protesta. All'interno delle reti di relazioni sentimenti comuni di indignazione, di senso di efficacia dell'azione collettiva, l'emozione di gruppo vengono tutte convogliate in un insieme di motivazioni che spingono all'azione.

Comunità e gruppi scarsamente coinvolti all'interno di reti di relazioni a volte, però, reagiscono meglio (โ€œinventandosiโ€ nuove reti) rispetto a quelle comunità in cui le reti dell'associazionismo rappresentano ramificazioni di organizzazioni nazionali. In questo caso queste reti svolgono un ruolo di controllo sociale, repressione e pompieraggio โ€“ più o meno scoperto - dell'azione di protesta (vedasi Legambiente).


L'importanza di una visione strategica

La partecipazione alla protesta è un complesso processo di mobilitazione. Partecipare ad una protesta implica che chi partecipa sia in accordo sul perché ma anche sul come e questo implica che le motivazioni, il senso di ingiustizia percepito, le emozioni siano in qualche modo unificate sul piano sociale da interpretazioni e significati comuni (il framing ideologico). Questoframing è un risultato di un'azione cooperativa che vede lo scambio โ€“ sia pure in una dimensione orizzontali โ€“ tra diversi gruppi di azione locale i quali siano in grado di elaborare un'interpretazione politica di significato generale sulle strategie e gli obiettivi di una determinata categoria di aggressioni territoriali e del loro contrasto e in generale, della politica di brutale e diretta โ€œamministrazioneโ€ del territorio (con la mediazione politico-istituzionale ridotta a pura finzione formale) da parte del turbobiocapitalismo.


Non lasciare nulla al caso 

Chi potenzialmente simpatizza per una causa deve essere informato sugli eventi e le iniziative, deve essere motivato a partecipare e messo nelle condizioni di partecipare. L'efficacia con la quale la parte delle comunità locale diventa simpatizzante della causa viene attivata in azioni concrete dipende dalla capillarità ed efficacia della comunicazione (che determina la quota di โ€œmotivatiโ€ sui generici simpatizzanti) e messo nelle condizione di partecipare attraverso l'allestimento di azioni articolate in grado di facilitare le varie categorie della popolazione.

Protestare non è solo un costo ma può anche arricchire (psicologicamente)

Perché le persone continuano ad essere impegnare nelle proteste? Perché vi sono anche vantaggi indipendenti dal raggiungimento dei risultati vi sono dei risultati in termini di identificazione e di implementazione della capacità collettiva empowerment. Ma anche perché il singolo si sente gratificato dal sentirsi utile, dal socializzare, dall'imparare qualcosa di nuovo. Qualcuno può veder raggiunti obiettivi personali, altri sono gratificati dal rafforzando l'autostima personale mediato dall'appartenenza al gruppo. Affinché, anche nelle difficoltà che inevitabilmente incontra l'azione collettiva, ci sia sempre spazio per la produzione di uno spirito di gruppo e per la gratificazione personale lo stile di lavoro dei gruppi dovrebbe restare scevro da formalismi e riconoscimenti d'autorità valorizzando l'entusiasmo, la capacità di condividere obiettivi, valori. Questo almeno nella fase della protesta che mira a coinvolgere quante più forze collettive. Una successiva fase di โ€œguerra di posizioneโ€ al fine di garantire la continuità del gruppo di azione può prevedere una maggiore strutturazione.

 

 

 

 

 

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