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(01.10.13) Giù le mani biogassiste dalla Valsassina

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(25.03.14) Nell'appennino lucano, in una realtà ancora profondamente rurale (ruralappenninica), la minaccia del biogas ha fatto da catalizzatore per un incontro di varie espressioni del movimento per la salute e la difesa del territorio

 

Un messaggio di speranza e importanti lezioni da un convegno no biogas in Basilicata 


 


di Michele Corti


Dalla Basilicata un impulso a costruire una rete di movimenti sui temi dell'energia, dei rifiuti, dell'agricoltura (ovvero della tutela del territorio e delle comunità)

 

(24.03.14)  A Picerno, per sostenere il locale comitato No biogas a Boscotrecase, si sono incontrati sabato scorso 22 marzo comitati e coordinamenti lucani, campani, ma anche del Nord Italia. E' un caso fortuito, una stranezza, se l'incontro tra realtà importanti nel panorama dei movimenti di base nel campo dell'ecologia sociale sia avvenuto in una località lucana ben "oltre Eboli"? No. Per nulla. La Basilicata e i territori rurali sono oggetto di un'aggressione senza precedenti, di un conflitto sociale che non era così aspro e profondo dai tempi delle lotte contadine, dai tempi - per restare in Lucania - di Rocco Scotellaro.



Sfruttando la scarsità di popolazione, la facilità di controllo sociale in forza di meccanismi ancora efficaci di dipendenza personale di un'egemonia politica che è ancora più totalizzante rispetto ai casi delle regioni rosse del centro-nord (proprio a Picerno c'è l'unico sindaco lucano non di sinistra) in Lucania le trivellazioni impazzano, come impazza più in generale lo sfruttamento delle fonti energiche che appare particolarmente spregiudicato e assume le forme di un violento esproprio di territorio. Dietro la facciata di una regione-isola felice in un Mezzogiorno tormentato la realtà è ben diversa. Come nel Trentino felix, anche nella Lucania felix emergono storie di rifiuti pericolosi provenienti dalle industrie del Nord "smaltiti" nel peggiore dei modi. La Regione vanta di avere un piano energetico, ma dietro questa "virtù" si celano delle "licenze di uccidere" (il territorio).

 

Arriva il biogas

 

In questo contesto poteva mancare la forma tipica dello sfruttamento delle aree agricole, il biogas? No, non poteva mancare, anche se il biogas è figlio di sistemi agroalimentari fortemente industrializzati, di sistemi dove si concentrano allevamenti e industrie di trasformazione e si viene a creare un tale surplus di elementi nutritivi da far credere che tutti quegli "scarti" siano ottime "matrici" per la biodigestione anaerobica. 



Calare a viva forza il biogas in uno splendido territorio rurale, in un'area dell'appennino lucano dove, peraltro, non mancano  le pale ed altri impatti, rappresenta uno stupro vero e proprio. Solo per realizzare lo spazio (su due differenti "terrazzoni") della centrale di Boscotrecase sono stati eseguiti enormi lavori di sbancamento.


 

Ma il potenziale di produzione per il biogas dagli "scarti" in Basilicata è molto modesto. La mappa sopra  riportata (della Fiper, Federazione italiana energie rinnovabili) indica che a Brescia e a Cuneo esiste la massima "vocazione" per il biogas da reflui suini, in secondo luogo a Bergamo, Cremona, Pavia, Mantova, Parma, Reggio Emilia e Modena. In quelle aree sono concentrati allevamenti, industrie alimentari e macelli. In Basilicata l'approvvigionamento delle biomasse è legato strettamente all'azienda. O ci sono queste biomasse in azienda o non è possibile integrare con reflui e scarti di altra provenienza. E i biogassisti di Boscotrecase di suini non ne hanno certo a sufficienza per alimentare con reflui e scarti di macellazione la centrale in costruzione.

 


Il biogas a Picerno si inserisce in un contesto di produzioni rurali, di allevamenti estensivi di bovini di razza autoctona Podolica (vedi a fianco) che producono eccellenti caciocavalli dai pascoli di montagna. Nel raggio di poche centinaia di metri dalla centrale in costruzione si trovano piccole aziende di allevamento ovino. Il paesaggio è straordinariamente e amorevolmente curato. Presenta i caratteri dell'alternanza tra superfici boscate, pascoli, campi coltivati, cortine arboree che cingono i campi e i prati, cerri secolari. 



Le attività di autoproduzione sono diffuse (piccoli frutteti, piccoli oliveti). La chiara vocazione del territorio è per il turismo rurale, per l'agriturismo. Pale e centrali a biogas non vanno in questa direzione, rappresentano una sottrazione di valore, un meccanismo di demoltiplicatore economico. 

A Boscotrecase, contrada rurale sparsa del comune di Picerno, gli abitanti hanno potuto già constatare a loro spese cosa significhi la realtà delle biomasse. Si tratta di imporre l'interesse privato di chi specula sugli incentivi elettrici agli abitanti, a delle comunità, a dei cittadini che diventano sudditi. Le biomasse ,in forza di norme che offendono i principi del diritto (e con la compiacenza degli apparati politico-amministrativi e burocratici), impongono vere e proprie servitù alle malcapitate comunità dove sono impiantate. A Boscotrecase da oltre un anno l'unica strada che serve la contrada è diventata una strada di cantiere, percorsa dai mezzi pesanti in barba ai divieti (ai mezzi di peso superiore a 5 t).



Nessuna rassegnazione

 

I "non più cittadini" (come si definiscono gli abitanti di Boscotrecase amareggiati ma tutt'altro che rassegnati a dispetto dei clichè) hanno segnalato al Sindaco e ai Vigili urbani la situazione, ma hanno ottenuto solo risposte evasive. Le curve sono a raggio stretto e non vi sono banchine. Ma passano pesanti mezzi da cantiere che hanno distrutto la strada in diversi punti. Il comandante dei vigili ha risposto che il divieto c'è ma è privo di ordinanza. Il Sindaco non ha fatto nulla. Silenzio anche sulla frana che il 21 gennaio ha ristretto la carreggiata. E questo è solo l'inizio del presumibile calvario (odori, traffico, sversamenti) che rappresenta il corollario molto frequente della presenza ingombrante e indesiderata di una centrale.

 


Va  detto che il Comitato locale non ha sinora lasciato nulla di intentato, procedendo con ricorsi al TAR ed esposti. L'attività del Comitato non è stata molto "apprezzata" e sono fioccate querele. Il giorno stesso in cui si è tenuto l'incontro pubblico (sabato 22 marzo) alcuni membri del Comitato sono stati raggiunti da comunicazioni che li invitavano a presentarsi ai Carabinieri il giorno successivo (domenica). Probabilmente da fastidio (non solo ai biogassisti, ma anche alle istituzioni e ai poteri locali) che un gruppo spontaneo di cittadini di ogni estrazione politica, scevro da qualsiasi strumentalizzazione  riesca a coagularsi, a farsi sentire, a mettersi in rete con altri comitati in regione e fuori regione. La forza del Comitato non è fatta solo di amore per la propria contrada, per la terra, sacrosanta reazione difensiva di vede, al posto della verde vallata che cntemplava dalla propria finestra di casa, spuntare un impianto industriale gabellato come "complementare all'attività agricola". C'è anche palpabile passione civile.

L'idea della Basilicata come facile preda, terra di conquista, va a farsi benedire... Ecco perché il Comitato è così combattuto.

 

Da Napoli, Caserta, Salerno, Genova, Milano...

 

All'incontro pubblico presso l'auditorium delle scuole medie la solidarietà al comitato locale di un movimento di ecologia sociale fatto di tante componenti tematiche e territoriali, ma vivo e fortemente concorde su obiettivi, metodi, analisi, è stata palpabile.  


Oltre all'avv. Debora Chiaviello del "Movimento Serre per la vita" (Salerno), aderente al Coordinamento campano rifiuti c'erano relatori venuti da più lontano. C'era Anna Stramigioli, genovese, personaggio storico di un ambientalismo sociale, che coniuga natura e salute e che da tempo è entrato in conflitto con le organizzazioni "storiche" adeguatesi in un ambientalismo istituzionale, da "aggiustamento" tecnologico (su cui si innescano business spesso pericolosi) o da "riparazione simbolica" (le "oasi"). C'era chi scrive a rappresentare il Coordinamento nazionale Terre Nostre dei comitati no biogas e biomasse. Tutti uniti dall'idea che se non si punta all'obiettivo del "riciclare tutto, bruciare niente" si continuerà a dare spazio alla speculazione, alla filiera lucrativa del rifiuto che produce energia "rinnovabile" incentivata. Una filiera che presuppone impianti costosi (dove si innesca una prima forma di business) che durano in esercizio decenni, che creano rendite, che addensano gruppi di potere, che destrutturalo il tessuto socioterritoriale e lo preparano a nuove aggressioni, a nuovi espropri.. 


Sopra percolazioni dal cantiere della biogas


In questi meccanismi si inseriscono anche le aziende agricole, quelle grosse ovviamente, quelle accreditate nella rete politico-corporativa locale e sovralocale Vittime o complici? Protagonisti o valvassori di un sistema più grande di loro che li "pilota" verso scelte che rafforzano industria e finanza e che, nel favorire (almeno in apparenza) il singolo imprenditore agricolo, indeboliscono l'agricoltura come realtà sociale con un barlume di autonomia?

Antonio Curcio, in rappresentanza dell'azienda proponente ha sostenuto che il progetto non rispecchia quanto l'azienda intendeva realizzare. Loro, ha rivendicato il giovane, sono allevatori e non vogliono speculare coltivando biomasse dedicate. Peccato, però, che il progetto, autorizzato nel 2011, è stato oggetto di successive varianti in cui il contributo dell'insilato di sorgo e di triticale continuava a crescere. Da 18 ha di solo triticale a 60 ha di doppio raccolto con le rese che da una variante all'altra salivano da 20 e 30 t per ha rispettivamente a 30 e 45 (rese da pianura padana irrigua!). Il ruolo del refluo zootecnico si riduceva a poca cosa mentre cresceva quello degli scarti di macellazione. Contraddizioni profonde tanto che ci si chiede su che basi il progetto è stato autorizzato. Era tanto coerente che è stato successivamente corretto e ricorretto. Ora lo stesso biogassista proponente dice: "siamo stati ingannati dal progettista". Affermazioni gravi, specie se provengono da imprenditori influenti, che hanno occupato cariche politiche e nelle organizzazioni di rappresentanza della categoria, non da ex "cafoni".



Cosa dirà la Regione Basilicata di questo progetto rinnegato dai proponenti? Non sarà il caso di vederci chiaro? Intanto, per fortuna, c'è un TAR che deve pronunciarsi e che farà bene a tenere conto di tutto ciò. Ci sarebbe anche da capire la strana coincidenza della presenza nella società che sta realizzando la costruzione dell'impianto di una società di Nola che tra le sue attività contempla il trasporto di rifiuti. Una "scoperta" il cui merito va all'avv. Chiaviello del CoReRi.

Curcio è caduto dalle nuvole (o così ha lasciato intendere) quando ha preso la parola e ha dovuto commentare lo scoop della grintosa avvocatessa salernitana. Va considerato che il giovane ha frequentato corsi di teatro e tiene corsi di comunicazione per il PD regionale. Una specie di "colpo di teatro" (ma che si è ritorto contro lo stesso Curcio) c'è stato poi quando, cercando il nome nello smart phone (o facendo finta di cercarlo) ha proferito quale lasciapassare il nome di Federico Valerio tirato fuori dal cilindro quale "ambientalista a favore del biogas". Curcio sperava di mettere in difficoltà i presenti ma la risata collettiva che è partita all'unisono dal "tavolo della presidenza" e dalle prime file della platea, dove sedevano i rappresentanti dei comitati, ha dato non solo la sensazione di una profonda sintonia tra i comitati presenti ma ha amche disinnescato quello che sembrava un asso della manica. 



Quando poi Curcio ha riferito che gli "ambientalisti" (addomesticati) del precedente convegno, portati a vedere l'azienda, si erano straconvinti della bontà del progetto della biogas, ormai non c'era più nulla da fare.  Meno interessante l'intervento della sindaca che ha ribadito le solite cose dei sindaci Ponzio Pilato: "sono le leggi che sono sbagliate, il sindaco non può farci nulla". Ha anche teorizzato che un'amministrazione deve difendere i cittadini ma non può mettersi contro un'impresa privata. 

Per fortuna tanti sindaci non la pensano come la sindaca di Picerno  e hanno ritenuto che l'interesse speculativo privato non possa ledere i diritti alla salute, alla tranquillità, alla sicurezza, alla proprietà degli altri cittadini. Va osservato che sia la sindaca che il biogassista dopo i loro interventi se ne sono elegantemente andati senza ascoltare le repliche. Tutti densi, partecipati ma anche ricchi di esperienze maturate e sofferte gli interventi dei comitati Coordinamento regionale rifiuti Campania, COMER Caserta,  Movimento Serre per la vita,  Postiglione per l'ambiente, No inceneritori Salerno, No Triv della Basilicata. E' molto cambiato il mondo da quando Cristo si fermava ad Eboli. 

A Boscotrecase, contrada rurale di Picerno, di quello che una volta si chiamava "profondo Sud" oggi i termini del conflitto sociale sono quelli avanzati di una nuova ecologia sociale che trae linfa dalla presenza di realtà che ancora oggi - per fortuna - non hanno disperso i valori e i saperi della civiltà rurale. Non è "nonostante" il carattere rurale delle tante Picerno italiane che si sviluppano i movimenti ecosociali ma "grazie" ad esso, grazie alla saldatura tra questa ruralità che non ha interrotto le radice con le esperienze di chi sceglie di tornare a vivere in campagna di chi ha studiato e lavorato altrove (ma che non rinnega più, come in passato la ruralità).

Nel momento in cui i territori rurali sono sotto attacco queste risorse (rurali e neo-rurali) diventano preziose , aiutano a comprendere i termini dei processi che minano le risorse fondamentali della salute della terra e dell'uomo, consentono di mettersi in risonanza con realtà distanti che in contesti diversi, in lontane città e campagne (o ex campagne) hanno maturato, attraverso percorsi complessi, le stesse conclusioni. Ne nasce una condivisione , una solidarietà che attraversa ideologie, territori, categorie sociali tradizionali, che fa piazza pulita delle tante divisioni e segmentazioni  che hanno per tutta una fase storica costretto all'impotenza decisive componenti sociali, quello che oggi si torna a chiamare senza più vergognarsi "il popolo", la comunità. 

Se l'attacco ai territori, alle comunità, alle libertà fondamentali (quali quella di non essere sconvolti nella propria vita per il guadagno altrui con pregiudizio alla salute), all'autonomia delle persone e delle comunità al diritto al cibo, all'aria, all'acqua puliti è pesante è anche una grande forza potenziale quella che è possibile mettere in campo per contrastarla.


 

 

 

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