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                        invita ad andare a vedere l'orso nelle 'oasi', riserve 
                        e parchi nazionali. Ne prendiamo spunto per riprendere 
                        alcune riflessioni sul tema 'caldo' di orsi e lupi "E' 
                        un business alle nostre spalle" dicono i pastori  Da 
                        Roma arriva un irresponsabile sostegno ministeriale 
                        alla demagogia che fa credere che il turista può avvistare 
                        gli orsi (e che cerca di controbilanciare i danni reali 
                        alla pastorizia e alla zootecnia cercando di accreditare presunti 
                        benefici turistici) testo 
                        e foto di 
                        Michele Corti Quando l'orso era solo quello Marsicano del Parco Nazionale dell'Abruzzo la campagna avrebbe avuto un ben diverso effetto. Ma ora 
                        gli orsi sono quelli sloveni ben più grandi e aggressivi 
                        di quello appenninico. E sono un problema dalla Lombardia 
                        al Friuli. Parliamo della campagna pubblicitaria' lanciata 
                        dal Ministero dell'Ambiente romano che invita a visitare oasi, riserve e Parchi nazionali. 
                        Una campagna demagogica perché non si può far credere 
                        ad uno sprovveduto cittadino che venendo nei 'Parchi' 
                        si vede l'orso.     
 Visitate 
                        oasi (WWF), riserve, parchi nazionali italiani suggerisce 
                        la campagna (Foto M. 
                        Corti)   
 Via 
                        Leoncavallo a Milano: l'orso entra nell'universo della 
                        comunicazione consumistica  (Foto M. 
                        Corti)   Quando 
                        ambientalismo fa rima con centralismo e controllo ambiental-poliziesco 
                        del territorio   Intanto notiamo che nella campagna vi sono le oasi 
                        e non i Parchi regionali (di competenza regionale). 
                        Una presenza e un'assenza comunque sintomatiche. Le 
                        oasi sono 'istituti' del WWF un'associazione privata, 
                        ma molto, molto 'vicino' alla burocrazia centralista 
                        del Ministero dell'Ambiente, alle Direzioni Generali,  
                        alla Polizia dell'ambiente: il CFS erede della Milizia 
                        Nazionale Forestale. Più vicina al cuore dell'apparato 
                        centralista delle 'nemiche' regioni di sicuro. Così si ripagano gli ambientalisti del WWF (con Legambiente 
                        le cose sono un po' diverse) per il loro antifederalismo. Notare che nell'alternanza dei governi di sinista e di 
                        destra non cambia nulla a livello di questi equilibri 
                        politici che restano sotto la superficie ma influiscono 
                        di più di quelli del teatrino della politica rappresentato 
                         sui media.    Il 
                        'padrone' è diventato 'democratico' e persino 'compagno' 
                           Chi si meraviglia del connubio tra WWF e le componenti più 
                        autoritarie della burocrazia romana, però, non ha capito 
                        nulla. La 'vernice' di 'sinistra progressista' è di 
                        comodo, come per tante altre organizzazioni, lobby, 
                        centri di potere.  La partecipazione del WWF alle marce contro i missili 
                        della NATO (non certo  contro quelli sovietici, 
                        in omaggio al 'pacifismo') è stato un prezzo da pagare 
                        alle convenzioni del potere. Un prezzo del resto  pagato 
                        anche dalla  Fiat, dalla Confindustria  e 
                        dai banchieri. Vernice politico-culturale liberal nel resto dell'occidente, rossa di varie sfumature in Italia. 
                         Ma ci vuole poco a capire che l'ideologia dei Parchi ('santuari della natura' o ASL del verde a seconda dei 
                        punti di vista) è tutto fuorché democratica. Si dice 
                        che i verdi sono come le angurie: verdi fuori e rossi 
                        dentro. In realtà sotto la 'pelle' verde e la polpa 
                        rossa c'è un nocciolone nero.  La 'tradizione' di difesa della foresta e della 'natura' risale 
                        al medioevo. I 'forestali' e i 'guardiacaccia' -  gli 
                        'operatori ambientali' dell'epoca -  sono nati 
                        come sgherri dei signorotti. Ma già allora si ricorreva 
                        ad argomenti 'naturalistici' (beninteso solo di 
                        'rinforzo'  a quelli decisivi della frusta 
                        e della corda d'impiccagione, a carico dei contadini 
                        e servi). I contadini ('bruti') lasciati fare e lasciati 
                        in possesso di armi avrebbero sterminato la fauna (ovviamente 
                        il divieto per i sottomessi campagnoli di tenere armi 
                        rappresentava anche una 'assicurazione sulla vita' per 
                        i signorotti). Nulla di nuovo sotto il sole. Anche se, 
                        da sempre, il potere fa finta di essere diverso.   
   I 
                        'parchi' sono gli eredi delle riserve signorili, dei 
                        contadini europei impiccati dai 'forestali' e del 
                        genocidio delle popolazioni amerinde negli Usa   Ci vuole poco a capire che i Parchi 
                        sono gli eredi delle riserve signorili, uno strumento 
                        per affermare un potere di controllo sul territorio 
                        da parte dei poteri 'esterni'. Il Parco del Gran Paradiso era la riserva di caccia (o meglio 
                        sterminio) dei Savoia, il Parco dell'Abruzzo è stato voluto dagli stessi Savoia 
                        e quello dell'Adamello Brenta (che avrebbe dovuto nascere insieme 
                        all'Abruzzo ma ha atteso 60 anni) era proposto dalla 
                        famiglia patrizia milanese dei Gallarati Scotti come 'Parco dell'orso'. Quanto al connubbio tra 'forestalismo' 
                        e ideologie autoritarie, anche senza andare indietro 
                        nei secoli, basti pensare con quanto impegno il regime 
                        fascista sosteneva la Milizia Nazionale Forestale, la giornata dell'albero e simili 
                        iniziative che vedevano protagonista Arnaldo Mussolini, fratello del Duce. Quanto alla 'paterna sollecitudine' 
                        dei verdi per i 'poveri operai urbani' che avrebbero 
                        bisogno di 'ricrearsi' nei Parchi e ai quali gli 'egoisti' 
                        montanari, pastori e contadinio vorrebero negare questo 
                        diritto ricorda molto da vicino il dopolavorismo fascista 
                        e le analoghe istituzioni comuniste. In realtà i verdi 
                        non pensano agli 'operai' ma a quella middle class 
                        dove pescano i loro consensi e che già intercetta una 
                        parte proporzionalmente elevata della spesa pubblica 
                        'sociale' e 'culturale' (alla faccia dei poveri e di 
                        chi ha veramente bisogno).    
   Chi 
                        è 'democratico' e chi fascista?   E qualcosa è sopravvissuto se 
                        è vero che nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970  gruppi di estrema destra 
                        legati al principe romano Junio Valerio Borghese, tentarono un colpo di stato con l’appoggio di una colonna armata del 
                        Corpo Forestale dello Stato. Del resto l'ideologia 
                        dei Parchi e della wilderness nasce negli Usa gabellando 
                        per 'natura incontaminata' territori già largamente 
                        interessati alle attività antropiche dei nativi amerindi 
                        (che subirono una deportazione non propriamente 'democratica'). 
                        In Francia una diversa vicenda storica ha in qualche 
                        modo reso il contadino meno subalterno al potere urbano. 
                        In Italia la città è riuscita a inculcare nel contadino 
                        il disprezzo di sè stesso e quindi si 'autocensura' 
                        e si 'autocastra'. Laddove, come appunto in Francia, 
                        ma anche in paesi germanici il contadino è più consapevole 
                        della propria identità e del proprio interesse, invece, 
                         la musica cambia. La Confédération paysanne in Francia non ha alcun complesso 
                        'italiano' di sudditanza alle ideologie urbane. Pur 
                        essendo di estrema sinistra giustifica il bracconaggio 
                        contro il lupo con la 'resistenza sociale' e parla di 
                        eco-fascismo a proposito dell'imposizione della 
                        presenza di lupi e orsi da parte delle tecnoburocrazie 
                        'verdi'.    "E' 
                        un business alle nostre spalle"   Orsi e lupi rappresentano strumenti ideali per conseguire diversi obiettivi 
                        politici: rendere la montagna meno vivibile e favorire 
                        la desertificazione umana, aumentare il controllo sul 
                        territorio in nome del controllo del bracconaggio, del 
                        monitoraggio ecc., intervenire sulla gestione delle 
                        attività tradizionali (pascola qui e non la, pascola 
                        così e non cosà). E' il ritorno del medioevo con il recupero del terreno perduto da parte 
                        dei signori feudali a vantagggio delle comunità. Un 
                        salto di qualità ulteriore dopo l'intrusione dei poteri 
                        statali e delle burocrazie nella regolazione della vita 
                        dei montanari. Il consenso dell'opinione pubblica urbana 
                        è un utile supporto a queste lucide strategie dei centri 
                        di potere. Ed ecco il senso di una campagna diseducativa 
                        che chiunque ha a cuore una educazione ambientale che 
                        non sia solo ideologia dovrebbe rifiutare.  Una campagna che da fiato a quelle componenti subalterne e miopi all'interno 
                        delle comunità di montagna che vorrebbero cavalcare 
                        il 'business' dell'orso sperando, (che accattoni!), 
                        di vendere qualche chilo di formaggio, di miele, di 
                        'salsa dell'orso' in più o di avere qualche ospite in 
                        più in albergo. Facendo finta di ignorare che, consentendo 
                        di danneggiare ulteriormente le attività tardizionali 
                        pastorali e di zootecnia estensiva cui si deve la manutenzione 
                        del paesaggio e la produzione delle eccellenze gastronomiche, 
                        il turismo montano taglia il ramo dove è seduto. Miopia, 
                        egoismo e ignoranza. Chi ci vede bene sono i pastori. 
                        Lo scorso anno quando l'orso JJ5 imperversava nella 
                        bergamasca l'amico Tino Ziliani, presidente dell'associazione 
                        pastori lombardi sentenziava: 'E' un business alle nostre 
                        spalle'. Io ho speso qualche parola di più per farlo 
                        capire ma il succo è proprio questo.   |   |